c Copenaghen e i dilemmi d’autunno - 24/09/2009 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 24/09/2009]
[Categorie: Decrescita ]
[Fonte: energiaspiegata.it]
[Autore: Emilia Blanchetti]
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Copenaghen e i dilemmi d’autunno

Il tema autunnale del settore energetico a livello globale è tutto centrato sul vertice delle Nazioni Unite sul clima, che riunirà a Copenhagen tutti i paesi del mondo per trovare un accordo globale contro l’emergenza climatica.
Da qui, innumerevoli sono gli spunti di confronto e le occasioni di dibattito, nelle prossime settimane, sul piano delle sfide per la produzione di energia pulita e per la riduzione delle emissioni, uniti alla valutazione delle opportunità della green economy come volano per la ripresa economica e industriale, e al ruolo che in questo scenario occupano gli investimenti, gli incentivi, la ricerca scientifica e tecnologica per il potenziamento delle fonti rinnovabili e il miglioramento dell’efficienza energetica a tutti i livelli.


Come dire, argomenti che non hanno più a che vedere con il dibattito sulle fonti energetiche o sulle tecnologie in quanto tali, ma che investono in maniera profonda e irreversibile un processo già in atto di cambiamento dei modelli di consumo, e dei modelli approvvigionamento, di produzione e distribuzione dei beni, dei servizi e delle risorse.
Temi resi ancor più centrali nell’agenda politica ed economica di ogni paese dai due fattori chiave che negli ultimi due anni hanno segnato l’andamento dell’economia globale: le emergenze ambientali e la crisi finanziaria.

Siamo agli albori di uno scenario di trasformazione epocale. Paragonabile alle grandi trasformazioni tecnologiche, industriali e culturali che hanno cambiato il volto della società e impresso un nuovo corso alla storia.
Gli studi previsionali di settore in realtà ci dicono che il panorama energetico mondiale non cambierà più di tanto nei prossimi vent’anni: le fonti fossili continueranno ad avere un ruolo dominante, le rinnovabili cresceranno, ma non in misura tale da sconvolgere gli assetti attuali, il nucleare avrà più o meno lo stesso peso di oggi, la fusione e l’idrogeno saranno ancora un orizzonte lontano. Meno chiare le previsioni sui modelli di produzione, di distribuzione e di consumo: sembra più difficile dire che cosa cambierà, e dove, dal punto di vista della microgenerazione distribuita, delle reti intelligenti, del risparmio e dell’efficienza energetica.

Così come alcuni acuti osservatori affermano che Copenhagen sarà “just another meeting” e che il tavolo negoziale si chiuderà con molti proclami e pochi fatti: dichiarazioni d’intenti, peraltro sempre più penalizzanti per l’Europa e del tutto aleatorie per USA, India e Cina.
Ma se anche fosse vero che tra vent’anni ci ritroveremo un panorama energetico non dissimile da quello di oggi, e che da Copenhagen non si uscirà con un piano vincolante di meccanismi condivisi per contrastare il cambiamento climatico, è altrettanto vero che i cambiamenti che saremo in grado di impostare oggi, tra vent’anni inizieranno a far sentire i propri effetti. Per quanto inafferrabile, l’energia è fatta di atomi, non di bit, non possiamo pensare che le trasformazioni che riguardano questo settore si realizzino al tempo del web: con la velocità con cui i fenomeni legati alle telecomunicazioni e alla rete si impongono, esplodono e poi scompaiono o mutano.
Con buona pace degli scettici, la velocità della luce non riguarda i tempi con cui l’energia e i modelli economici si trasformano.

Tuttavia, il vertice di Copenhagen è tra due mesi. E questi mesi d’autunno saranno decisivi anche per imprimere all’economia un corso che potrà andare, lentamente, in due direzioni: iniziare a riassorbire gradualmente le performance devastanti degli ultimi mesi, assestando la recessione a una percentuale compatibile con una lenta ripresa, o aprire la falla e trasformare i cassaintegrati in disoccupati e di conseguenza aprire la strada a una “decrescita infelice”.
Più che scettici, converrebbe essere pragmatici.

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