c Gestione dell’acqua? Only through community - 03/09/2009 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 03/09/2009]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: Unimondo]
[Autore: Elena Trentini]
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Gestione dell’acqua? Only through community

“Chiedi a tuo nonno come si procurava l’acqua da bere quand’era bambino”. Con questa provocazione il prof. Jan Visscher ha aperto il corso Internazionale Gestione dell’acqua a livello comunitario: sfide e soluzioni possibili organizzato dal neonato Centro per la Formazione alla Solidarietà Internazionale (CFSI) di Trento. Il percorso ha avuto il via in occasione della Giornata per la salvaguardia del creato all’insegna del dialogo e collaborazione multilivello. Sono 17 i partecipanti alla proposta formativa provenienti da Europa, Africa, Asia e America Latina con background molto differenti tra loro; sono presenti ricercatori e dottorandi di diverse università, attivisti, operatori, medici e tecnici di progetti che operano a livello di gestione idrica e servizi sanitari.

Tema centrale del corso è la gestione dell’acqua, bene universale, ma anche risorsa scarsa e strategica la cui gestione è causa di numerosi conflitti. L’approccio didattico si basa sul confronto e sullo scambio delle esperienze e del know-how collegando dimensione internazionale con dimensione locale.

Il percorso avrà due incontri aperti al pubblico. Il primo che si svolgerà il 9 settembre presso la facoltà di Ingegneria di Mesiano (TN) alle ore 16.00 è pensato principalmente per un pubblico accademico (lingua inglese). Il secondo prenderà luogo nella stessa giornata, alle ore 20.30, presso la sede del Centro ed avrà il titolo provocatorio di Facciamo acqua da tutte le parti. Questo secondo momento è stato organizzato per un pubblico più ampio, sarà in italiano e vuole essere un momento di confronto con la comunità che abita il territorio.

Marco Tubino, Preside della facoltà di Ingegneria e coordinatore scientifico del centro, ha sottolineato come la sfida principale del CFSI sia quella di promuovere uno sviluppo a 360 gradi con la partecipazione di un ampio target di figure: decisori, istituzioni, ricercatori, operatori e le stesse comunità locali.

“Aspetto centrale del corso è conciliare la dimensione tecnica, con quella sociale, quella relazionale e quella culturale” afferma Guido Zolezzi, coordinatore scientifico. Aggiunge: “se non si riesce a fare questo spesso anche dei buoni progetti rischiano di fallire. Per questo oltre alle nozioni specifiche il percorso punta sulla dimensione del conflitto per la gestione dell’acqua, sulla gestione delle informazione tra la comunità scientifica e la pubblica opinione e sulla condivisione del know-how”.

Infine il prof. Jan Visscher, tutor del corso plaude alla “presenza dell’università tra gli organizzatori, consente ad un progetto di mantenere un livello di autonomia ed indipendenza quando si ha a che fare con temi che vedono dei conflitti tra le parti in corso”. Aggiunge che l’Italia avrà bisogno della sua collaborazione in quanto avrà presto un conflitto in casa a causa della privatizzazione come denunciato da Nigrizia. L’Italia dovrebbe studiare di più ciò che è successo in Bolivia ed in Perù riguardo i conflitti per l’acqua.

Il professore olandese vuole dimostrare come le soluzioni devono essere pensate sempre in un’ottica storica e non devono essere basate solamente sulla nozionistica e sulla percezione personale di chi ha analizzato il problema. Il tipo di soluzioni di cui si ha invece bisogno si deve basare sulla percezione di chi vive in prima persona, di chi subisce il problema. Secondo il prof. Visscher “un modo per testare se un progetto è funzionante è vedere se la comunità spende i soldi destinati, investendoli realmente in quel progetto. Se lo farà il progetto è adatto al contesto, se non lo farà significa che la risposta non tiene conto della percezione e delle necessità della comunità. La dimensione tecnica non è che la punta dell’iceberg, la base è costituita dall’organizzazione sociale, dall’ambiente culturale e dalla base legale; la tecnica non è una legge universale, se vogliamo creare dei progetti funzionanti e delle risposte concrete dobbiamo continuamente confrontarci con gli altri, considerare la dimensione umana, interfacciarci con sociologi, antropologi coinvolgendo continuamente la comunità locale“.

La direttrice Capuano conclude l’incontro di presentazione presentando un altro corso di formazione organizzato anche questa volta dal CFSI dal titolo “Africa e cooperazione internazionale: dal dopoguerra ad oggi” che si svolgerà presso il centro dal 21 al 24 settembre e che avrà come relatrice principale la prof.ssa Anna Maria Gentili.

Gli enti che hanno lavorato affinché questo progetto potesse diventare una realtà sono, oltre al Centro stesso, la Provincia Autonoma di Trento, la Fondazione Opera Campana dei Caduti, l’Università degli Studi di Trento, l’OECD Leed (Centre for local development) e la Cooperazione Trentina.

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