c La casa della concordia - 08/03/2007 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 08/03/2007]
[Categorie: Pace ]
[Fonte: Peace Reporter]
[Autore: Luca Galassi]
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Reportage: Irlanda del Nord - Belfast - 08.3.2007

La casa della concordia
L'impegno di una donna per far convivere cattolici e protestanti

I muri di Belfast (foto di Marco Pavan)Pacifica convivenza. L'Housing Executive, l'ente per la casa nord-irlandese, ha speso 2 milioni di sterline per creare un quartiere dove le due comunità potessero deliberatamente scegliere, alla stipula del contratto, di vivere in simbiosi. Lontano dai simboli della divisione e del settarismo. Lontano dal passato di feroce opposizione che ha contraddistinto gli anni bui dei Troubles, quando l'odio nutriva le giovani generazioni, dall'una e dall'altra parte, e la violenza ne armava il braccio. Uno dei fautori del progetto di Enniskillen è una donna. Si chiama Elma Newberry ed è responsabile dell'Unità per la coesione tra le comunità dell'Housing Executive. L'organismo, istituito due anni fa, si occupa di incoraggiare la convivenza tra le comunità nell'ambito del processo di pace. "Abbiamo trasferito numerose famiglie proprio a causa dei Troubles - ha raccontato Elma a PeaceReporter -. Oggi che la violenza, ma non la diffidenza, è terminata, dobbiamo costruire le basi per una pacifica convivenza".

 
Da dove partire per costruire il futuro?
Dai simboli della divisione: i murali paramilitari, le bandiere. Sono stati per decenni l'iconografia dell'appartenenza, il marchio del territorio di comunità profondamente polarizzate e segregate. Noi operiamo con le comunità affinché tali rappresentazioni vengano rimosse.
 
Quali problemi avete trovato?
Specialmente nel campo lealista, molti temevano che cancellare tali emblemi di separazione equivalesse a erodere la loro cultura e la loro storia. Noi cerchiamo di convincerli a rappresentare la loro idendità in modo meno aggressivo, tramite negoziati a livello locale. Lavoriamo inoltre in stretto accordo con altre organizzazioni, come l'Arts Council, in progetti di ri-decorazione comunitaria, ovvero di realizzazione di forme espressive che celebrino il presente, anziché il passato. Abbiamo investito tre milioni di euro per un progetto di questo tipo, che si è rivelato un successo.
 
Elma NewberryCosa è successo a Enniskillen?
Enniskillen, o meglio, un suo quartiere che si chiama Carran Crescent, fa parte di un progetto pilota di cui andiamo molto orgogliosi. Vede, la segregazione comunitaria si esplica specialmente in aree di edilizia popolare. Al contrario, nel settore privato si verifica una maggiore integrazione. Le faccio un esempio: negli anni '70, durante i Troubles, sono state sfollate circa 60 mila, un enorme flusso di persone trasferite per motivi di sicurezza. Ballymurphy e Springmartin erano due quartieri misti. Oggi il primo è interamente cattolico, il secondo protestante. Il 94 per cento delle case popolari in Irlanda del Nord sono caratterizzate dalla segregazione, una percentuale che raggiunge il 97 per cento nell'area metropolitana di Belfast. Il Good Friday Agreement, l'accordo di pace del '98, stabiliva che la popolazione aveva il diritto di scegliere dove vivere, e di poterlo fare in una maniera pacifica. Lo Housing Executive ha il compito di coordinare e agevolare tale politica di 'vicinato condiviso' tra le comunità, fornendo la possibilità alla gente di scegliere.
 
Quale approccio avete seguito?
Abbiamo commissionato una ricerca alla Queen's University di Belfast per stabilire gli indicatori che fornissero una fotografia dell'area prescelta, che vi fosse già una storia di buone relazioni tra i residenti, che vi fossero scarse o nulle manifestazioni di settarismo, come le bandiere, che il quartiere fosse relativamente piccolo, quindi gestibile. Abbiamo cercato il sostegno dei consiglieri di zona e appurato che vi fossero scuole miste nelle vicinanze. Enniskillen si è rivelata la zona ideale. Avevamo bisogno di un'area pilota per l'intera comunità dell'Irlanda del Nord.
 
Quartiere protestante (foto di Marco Pavan)A Belfast non era possibile farlo?
A Belfast il 97 per cento delle case sono segregate. Quindi no, non era possibile. Enniskillen aveva tutte le caratteristiche necessarie per funzionare. I richiedenti hanno firmato una carta, un documento d'intenti, in cui si dichiara loro volontà - e ribadisco che è una scelta volontaria, non imposta - ad accettare la differenza. E accettare la differenza è il principio guida per vivere con la fazione storicamente avversa. Adesso però bisogna aspettare che tale principio trovi la sua applicazione nella realtà. Il quartiere è stato 'creato' a novembre. Tra 18 mesi, grazie a un funzionario del progetto di 'shared future' (futuro condiviso, ndr) che si occupa di accompagnare i residenti attraverso il processo di costruzione della convivenza, sapremo se l'iniziativa è andata a buon fine. Ma io sono ottimista. Ho incontrato tutte le 20 famiglie che vivono lì, e in tutti ho trovato buona volontà e partecipazione. Non vi sono solo cattolici e protestanti, ma anche lituani, rumeni o coppie miste.
 
Un'idea trasferibile anche ad altre aree della città?
E' quello che speriamo. Carran Crescent è circondata da 150 case di proprietà dell'Housing Executive. Vogliamo estendere il progetto. Parallelamente a Carran Crescent stiamo portando avanti una serie di consultazioni con i residenti di queste case contigue all'area per includerli nel progetto di vicinato condiviso.
 
Perché i prezzi delle case nell'Irlanda del Nord sono aumentati del 40 per cento dal 2005 al 2006?
Perché il processo di pace offre nuove prospettive e una nuova stabilità. Un esempio molto calzante è quello di Ballynafeigh, unica comunità mista di Belfast che ha resistito ai Troubles. Ciò è dovuto alle robuste infrastrutture comunitarie di cui ha potuto disporre nel corso del tempo. Proprio a causa di questa ricchezza, in quest'area i prezzi delle case sono saliti enormemente, ceti affluenti sono subentrati e hanno costretto la classe popolare ad abbandonarla, obbligandola a cercare altrove, anche nelle aree polarizzate, nuovi alloggi. Anche questo sta diventando un problema, a Belfast.
 
Oltre alla discriminazione razziale...
Esatto. La comunità di stranieri, cinesi in primis, ma anche provenienti dall'Est Europa e dall'Africa, conta ormai cinquemila membri. Nell'area a sud di Belfast c'è stato un enorme aumento di crimini a sfondo razziale. La reazione automatica delle comunità locali, nutrite da anni di violenze, è quella di chiudersi, di difendersi dall'arrivo degli stranieri. Il nostro ruolo non è quindi solo quello di sviluppare nuovi progetti e fornire nuove scelte, ma anche garantire sicurezza e pace a chi sceglie di abitare nelle nostre case. A sud di Belfast abbiamo due funzionari il cui compito è quello di migliorare le relazioni inter-razziali, ma soprattutto di insegnare alla gente ad accettare i nuovi venuti.
 
Murales di Bobby Sands (foto di Marco Pavan)Operate anche nelle aree-cuscinetto, quelle in cui il quartiere protestante e quello cattolico si intersecano e sono divise da muri e zone franche?
Si chiama interfaccia, ed è un patchwork di case disseminate lungo tutta la città, un mosaico attraversato da ben 17 muri, specialmente nel nord di Belfast, dove spesso si trovano proprietà immobiliari vuote, perché nessuno vuole vivere lì. Noi pensiamo a rigenerare queste aree, altimenti destinate a un rapido declino, specialmente nella comunità protestante, colpita da un calo della popolazione non riscontrabile in quella cattolica. Così assistiamo a questo paradosso: quartieri al nord sovrappopolati da cattolici che hanno fame di case e quartieri al sud che i protestanti abbandonano perché nelle aree dell'interfaccia, ma dove i cattolici non possono andare perché sono border-line. Un enorme investimento è destinato dallo Stato alla riprogettazione di queste aree. Noi abbiamo un ruolo nel programma di sviluppo lanciato dal Comune di Belfast per l'interfaccia. 750 mila euro per creare due consorzi: uno per la comunità, uno per le varie agenzie come la nostra, e per lavorare insieme, smussando le asperità e attenuando le diffidenze. Anche noi, nel nostro piccolo, dobbiamo gestire un conflitto in una zona costellata di muri.
 
Quando cadranno questi muri?
Se fossi in grado di risponderle forse farei un altro mestiere. Noi cerchiamo solo di far dialogare e convivere le persone, ma c'è bisogno del sostegno della politica. E ancor prima, bisogna che i politici ascoltino i leader delle comunità. Sono loro i veri ispiratori del cambiamento.

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