c 6 milioni di Ecoprofughi a causa dei cambiamenti climatici - 02/06/2009 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 02/06/2009]
[Categorie: Pace ]
[Fonte: L’Ufficio stampa Legambiente]
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6 milioni di Ecoprofughi a causa dei cambiamenti climatici
Dossier di Legambiente sui nuovi profughi ambientali

6 milioni di persone l’anno costrette a lasciare il proprio territorio a causa dei cambiamenti climatici. Un dato che per il 2050, secondo le stime UNHCR, potrebbe riguardare 200/250 milioni di persone. E’ questo il profilo dell’emergenza umanitaria degli eco-profughi, i nuovi migranti costretti a fuggire da desertificazione, inondazioni e effetti del riscaldamento globale, oggi lanciata da Legambiente nel dossier “Profughi ambientali”. A presentarlo questa mattina a Terra Futura, alla Fortezza da Basso di Firenze erano presenti Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente e Sergio Marelli, direttore generale di Volontari nel mondo FOCSIV.

Secondo le stime di Legambiente il fenomeno dei profughi ambientali riguarda ben 6 milioni di persone all’anno costrette dai cambiamenti climatici a lasciare le proprie case per cercare ospitalità in altri luoghi. La metà dell’onda migratoria sarà causata da catastrofi naturali, inondazioni e tempeste, mentre gli altri 3 milioni di sfollati dovranno emigrare in seguito ai progressivi cambiamenti ambientali come l’innalzamento del livello del mare e la desertificazione.

“Se fino ad ora – ha dichiarato Maurizio Gubbiotti, coordinatore della segreteria nazionale di Legambiente - sono state le guerre la principale causa delle emigrazioni di massa, oggi il riscaldamento globale rappresenta un fattore determinante. Sono circa due anni, infatti, che il numero dei profughi ambientali ha superato quello dei profughi di guerra, eppure non si riesce a dare loro assistenza in modo adeguato, perché giuridicamente non esistono, non sono riconosciuti come “rifugiati” dalla Convenzione di Ginevra del 1951, né dal suo Protocollo supplementare del 1967. Oltre all’immediata necessità di uno status giuridico per i profughi ambientali, la vera urgenza consiste, quindi, nel capire che molte questioni legate all’ospitalità e all’accoglienza nei nostri Paesi devono in primo luogo essere affrontate attraverso un serio impegno collettivo nella lotta ai cambiamenti climatici”.

Misure ancor più necessarie se si pensa che al di là delle prospettive future, gli effetti del riscaldamento globale e dei cambiamenti climatici sono già una drammatica realtà in molti paesi, che hanno pagato un prezzo alto per vittime e sfollati. In 350 mila sono stati colpiti in Namibia dalla recente inondazione dovuta alle piogge torrenziali iniziate dal mese di gennaio scorso. Il 50% delle strade e il 63% dei raccolti è a rischio, con anche gravi danni all’economia e per la sussistenza: secondo l’Onu 544 mila persone potrebbero confrontarsi con un’insufficienza di cibo tra il 2009 e il 2010. Dati poco confortanti anche in Angola dove 160 mila persone hanno subito inondazioni, ma è un numero destinato a crescere. E ancora, in Myanmar (ex Birmania) il ciclone Nargis nel maggio 2008 ha fatto 140 mila vittime, colpendo anche altri 2-3 milioni di persone e costringendo 800 mila persone a sfollare.

Anche l’Italia ha già iniziato a scontare gli effetti del riscaldamento globale in quanto area mondiale “a più alta vulnerabilità in termini di perdita di zone umide e in particolare degli ecosistemi e della biodiveristà marino-costiera”. Lo studio di Legambiente stima che saranno sommersi circa 4.500 chilometri quadrati del territorio nazionale, distribuiti in prevalenza al Sud, dove si concentreranno la maggior parte delle aree che andranno incontro a una progressiva desertificazione. Per le Agenzie umanitarie si prospetta l’adozione di provvedimenti senza precedenti, dovendo moltiplicare per 10 o 20 le loro riserve di emergenza.

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