c Ogm, via libera in Italia alla sperimentazione in campo aperto - 24/11/2008 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 24/11/2008]
[Categorie: Alimentazione ]
[Fonte: Greenreport]
[Autore: Lucia Venturi]
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Ogm, via libera in Italia alla sperimentazione in campo aperto
La preoccupazione di Legambiente, la soddisfazione della Fondazione dei Diritti genetici

Gli ultimi freni alla sperimentazione in campo degli organismi geneticamente modificati sembrano ormai allentati. La Conferenza Stato Regioni ha infatti dato parere positivo al decreto e ai protocolli tecnici presentati dal ministro delle Politiche agricole e forestali Luca Zaia che permettono di sperimentare in campo aperto specie vegetali provenienti da sementi che hanno subito modificazioni genetiche rispetto a varietà di kiwi, agrumi, ciliegie, fragole, mais, melanzana, pomodoro, olivo e vite.
I protocolli oltre all’elenco delle varietà fissa anche le distanze da mantenere rispetto alle altre coltivazioni, le preacauzioni richieste e i monitoraggi che dovranno essere condotti per verificarne l’impatto.

Adesso spetterà alle regioni individuare i siti idonei alle sperimentazioni e poi i ricercatori che da tempo attendevano questa possibilità potranno iniziare le sperimentazioni degli Ogm in campo aperto. Naturalmente positive le reazioni da parte dei sostenitori degli Ogm sia tra i ricercatori che delle aziende produttrici di sementi modificate, che hanno visto in questa apertura un passo avanti verso norme europee e verso la libertà di fare ricerca nel settore.

Rimane invece la preoccupazione tra coloro che si sono sempre battuti per proteggere le specie autoctone di fronte al rischio di contaminazioni ogm e verso l’uso di varietà modificate che minacciano fortemente la biodiversità naturale.

«La preoccupazione è tanta, perché se come credo i protocolli sono rimasti uguali a quelli presentati alla Conferenza Stato regioni, vi sono delle misure che tutto fanno tranne che tranquillizzare» ha detto Francesco Ferrante, responsabile agricoltura di Legambiente, che per conto dell’associazione aveva rivolto un appello all’organismo delle Regioni perché non dessero parere favorevole.

Ad esempio?
«Ne cito due che mi sembrano particolarmente esplicative, ma le altre non sono da meno. Sulle fragole ad esempio si dice che il polline grazie al vento o alle api ha la possibilità di spaziare nell’arco di almeno 5 chilometri. Poi però come distanza di sicurezza si indicano 1000 metri. Poi il monitoraggio è affidato allo stesso soggetto che fa le sperimentazioni, che è come chiedere all’oste se buono il suo vino».

Ma le regioni che si sono dichiarate Ogm free potranno impedire che sul proprio territorio si facciano sperimentazioni in campo?
«No, non lo potranno fare. E previsto che possano adottare norme più stringenti e che possano mettere ulteriori paletti di sicurezza. Ma dovranno anche loro individuare le aree idonee alla sperimentazione».

Molto meno preoccupati sono invece alla Fondazione dei Diritti genetici che hanno accolto positivamente l’approvazione dei protocolli, perché dicono «si è finalmente posto fine ad una giungla normativa».

«Le sperimentazioni di Ogm realizzate fino ad ora nel nostro Paese sono state condotte infatti nella insufficienza di prescrizioni normative e si sono concentrate esclusivamente su una tecnologia che non risponde alle richieste del mercato, trascurando la valutazione – socialmente richiesta – degli impatti sull’ambiente, sul suolo e sul sistema agrario nel suo complesso» si legge nella lettera scritta alla Conferenza Stato Regioni in occasione della riunione del 20 novembre che ha approvato i protocolli. Tanto che la Fondazione aveva chiesto esplicitamente alle regioni «di non applicare deroghe sull´obbligo di effettuare le sperimentazioni presso siti di enti pubblici di ricerca». Convinti che le misure contenute nei protocolli siano sufficientemente «stringenti» ai fini di tutelare l’ambiente e che questa sperimentare possa servire una volta per tutte a chiudere il dibattito tra i sostenitori e i detrattori degli organismi modificati geneticamente, per i quali però la Fondazione si dice strenuamente contraria alla vendita e alla coltivazione.

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