c Quando il bucato inquina - 28/03/2012 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 28/03/2012]
[Categorie: Ecologia; ]
[Fonte: Greenpeace]
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Quando il bucato inquina

Dietro i capi firmati, le pubblicità accattivanti e il fascino delle passerelle c’è un mondo che l’industria dell’abbigliamento ti vuole nascondere. È un mondo sporco, pieno di sostanze pericolose, che sta lentamente contaminando i nostri fiumi. Oggi, nella Giornata mondiale dell’Acqua, ti riveliamo il loro segreto. Vogliamo costringerli ad affrontare il problema.

Se hai fatto il bucato in lavatrice con vestiti Kappa, Ralph Lauren o Calvin Klein, sappi che sei complice inconsapevole dell’inquinamento delle risorse idriche. Sì perché il nostro rapporto “Panni Sporchi 3” rivela come alcune sostanze pericolose usate per la produzione di abiti di grandi marche vengono rilasciate nell’ambiente dopo il lavaggio degli articoli in lavatrice. Una volta disperse in acqua, queste sostanze non sono trattenute dai sistemi di depurazione e si trasformano in nonilfenolo, un composto tossico e in grado di alterare, anche a livelli molto bassi, il sistema ormonale dell’uomo.

L’indagine - condotta su quattordici prodotti tessili dei marchi Abercrombie & Fitch, Adidas, Calvin Klein, Converse, G-Star RAW, H&M, Kappa, Lacoste, Li Ning, Nike, Puma, Ralph Lauren, Uniqlo e Youngor - misura per la prima volta la variazione delle quantità di nonilfenoli etossilati presenti nel tessuto prima e dopo il lavaggio domestico. In quasi la metà dei campioni, oltre l’80 per cento di nonilfenoli etossilati presenti nell’articolo appena comprato sono fuoriusciti dopo un solo lavaggio.
Questo significa che l’impatto dell’industria dell’abbigliamento non si ferma al Paese di produzione ma arriva ai Paesi consumatori. È in atto un ciclo globale dell’inquinamento tossico. Le aziende tessili devono affrontare il problema e impegnarsi per l’eliminazione delle sostanze pericolose nell’intera filiera. Anche se l’uso di nonilfenoli etossilati nell’industria tessile è bandito nell’Unione europea, queste sostanze pericolose, infatti, continuano ad arrivare tramite canali di mercato.

Si stima che ogni anno nelle acque europee vengono sversate da ignari consumatori tonnellate di prodotti nocivi: è il momento per il settore tessile di fare passi concreti verso l’adozione di alternative più sicure ai composti chimici inquinanti.  Devono accogliere la sfida “Detox”.

In Italia, nonostante le ripetute sollecitazioni di Greenpeace, rimane ferma Kappa, del gruppo BasicNet, proprietaria anche dei marchi Superga e K-way. Nei suoi prodotti sono stati ritrovati nonilfenoli etossilati. Ancora per quanto tempo Kappa si rifiuterà di ripulire dai veleni la sua filiera produttiva?

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