c Piante e animali e global warming: migrazione verso il fresco tre volte più veloce di quanto si credeva - 30/08/2011 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 30/08/2011]
[Categorie: Ecologia ]
[Fonte: Greenreport.it]
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Piante e animali e global warming: migrazione verso il fresco tre volte più veloce di quanto si credeva

Science pubblica lo studio "Animals and plants were increasingly moving farther north and up hills"  che dimostra come flora e fauna stiano "scappando" e rispondendo fino a tre volte più velocemente di quanto si pensasse finora ai cambiamenti climatici. La fauna e la flora selvatica si spostano rapidamente verso latitudini e altitudini più fresche.

Diverse ricerche avevano già evidenziato che nel decennio 2000-2009, il più caldo mai registrato dall'uomo, le singole specie si erano spostate verso i poli o avevano risalito colline e montagne, abbandonando i loro habitat tradizionali per sfuggire al global warming, ma lo studio pubblicato su Science analizza i dati di oltre 2000 specie e fornisce il quadro completo del mutamento in corso nell'Antropocene. Secondo Science «un'ondata di calore sta investendo il pianeta, e gli animali e le piante stanno facendo una pausa nei climi più fresco. O almeno così gli scienziati hanno sempre pensato. E' difficile legare la migrazione di una specie direttamente ai cambiamenti climatici, in particolare alle attività umane che stanno distruggendo gli ecosistemi ogni anno di più. Ma i ricercatori hanno raccolto ulteriori prove per questo link attraverso  la compilazione dei dati da 54 lavori scientifici che collettivamente mappano gli areali degli habitat di oltre 2000 specie negli ultimi 4 decenni. In media, il team ha trovato che le creature si spostano sia più in alto nelle montagne sia più lontano dall'equatore ad una velocità che mantiene il passo con il ritmo dei cambiamenti climatici e ad un ritmo che è ben più veloce di quanto precedentemente previsto».

Per esempio. in media, la fauna selvatica si è trasferita a quote più elevate al ritmo di circa 40 piedi  ogni dieci anni e si muove verso i poli ad un ritmo medio di 10,31 miglia in un decennio. E' una migrazione alla ricerca del fresco che è ad un livello doppio di quanto ipotizzato 2003.

Chris Thomas, dell'università britannica di York che ha guidato il team di ricercatori, partendo dai dati già conosciuti e dalle previsioni del 2003, ha sviluppato quello che chiama "back-of-the-envelope calculation" ed ha scoperto che il  tasso di migrazione potrebbe in realtà essere molto più veloce di quanto i precedenti studi avevano previsto. Thomas riconosce che la meta-analisi sviluppata dal suo team ha alcuni limiti, per esempio la scarsità di documenti ha fatto si che la maggior parte riguardi l'Europa e il Nord America, mentre i dati sull'emisfero australe sono ancora pochi e le specie marine non sono state inclusi. «Siamo prigionieri dei dati», dice Thomas a Science, ma analizzando i 54 studi ed i loro criteri, i ricercatori hanno scoperto che, in media, gli organismi si spostano verso l'alto di 12,2 metri al decennio, il doppio del tasso precedentemente descritte in letteratura, e si allontanano dall'equatore alla velocità di 17,6 chilometri per decennio, che è tre volte il tasso descritto in precedenza.

Science spiega che «i ricercatori hanno anche calcolato quanto una specie avrebbe dovuto muoversi in una determinata regione del mondo per rimanere. «Gli attuali tassi di migrazione,  in media, seguono da vicino il tasso di riscaldamento anno per anno in una determinata regione. C'è una forte evidenza - dicono i ricercatori - del legame diretto col cambiamento climatico».

Thomas ed i suoi colleghi sono rimasti sorpresi dal fatto che la specie si stanno trasferendo così in fretta sulla terra, dove devono percorrere in media 50-60 chilometri per trovare un habitat più fresco di 0,5 gradi centigradi. «Questa è una distanza abbastanza lunga attraverso territori dominati dall'uomo. Inoltre, pensavo che il tasso di risalita sarebbe stato più veloce, dove le specie  hanno bisogno di muoversi meno di 100 metri per raggiungere gli 0,5° C in meno, ma il tasso di migrazione in salita è più lento». Una scoperta che i ricercatori non riescono a piegare.

Alcune specie sono ormai bloccate sulle cime di montagne, Thomas ipotizza che quelle dell'emisfero settentrionale potrebbe muoversi lateralmente sulle montagne verso i versanti nord più freschi.

Analizzando i dati i ricercatori britannici hanno anche scoperto che non ci sono differenze tra i vari gruppi tassonomici: le piante si spostano allo stesso ritmo e anche gli insetti e gli uccelli non sono più veloci dei mammiferi. Ma guardando le singole specie, hanno scoperto che all'interno dei singoli  gruppi tassonomici alcune specie si muovono molto più velocemente di altre , come la vanessa c-bianco, che si è spostata verso nord per 220 chilometri in 20 anni, mentre il 22% delle specie, incluso lo zigolo nero, si muovono in direzione opposta verso le temperature più calde. «Suggerendo che sono più flessibili al cambiamento climatico o rispetto ad altri» sottolinea Thomas.

Intanto si stanno studiando anche le specie che sembrano più tolleranti ai cambiamenti climatici e che non abbandonano il loro areale nonostante l'aumento delle temperature.

Wendy Foden, una biologa dell'Iucn, e convita che questi risultati siano una speranza «perché dimostrano che le creature, in media, sanno tenere traccia degli stessi cambiamenti climatici e sono in grado di adattarsi. Quel che preoccupa è che non sappiamo quanto le specie possano risalire se il pianeta continuasse a riscaldarsi ad velocità più elevata».

Thomas evidenzia che la scoperta centrale dello studio «è la diversità enorme di risposte osservata nelle diverse piante e nei diversi luoghi. Poiché ogni specie è influenzata da cose diverse... quando il clima cambia, avranno disponibilità di nuovi habitat diversi, dove potrebbero essere in grado di muoversi».

Ma non tutti gli animali o le piante riescono a spostarsi in un luogo più fresco quando il loro habitat si riscalda, soprattutto a causa delle pressioni di altri fattori come le precipitazioni, lo sviluppo umano e la perdita di habitat.

«A causa delle diverse specie e delle diverse reazioni - ha detto Thomas - è molto difficile prevedere quello che una singola specie sta per fare... e questo significa che se si vuole gestire il mondo in qualche modo, salvare le specie o qualsiasi altra cosa, purtroppo, sembra che saranno necessarie un sacco di altre informazioni dettagliate, per poter prendere azioni concrete».

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