c La fame del mondo - 07/05/2008 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 07/05/2008]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: Carta � 2/8 maggio 2008 n. 16]
[Autore: Ong Crocevia]
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Crisi alimentare

La fame del mondo

Se volessimo provocare potremmo riempire un paio di pagine di �ve l'avevamo detto� da quando, agli inizi degli anni 90, movimenti e organizzazione sociali del Nord come del Sud del mondo hanno cominciato a criticare i programmi di aggiustamento strutturale promossi da banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale e poi il tentativo, non riuscito, di imporre all'agricoltura mondiale un processo sfrenato di liberalizzazione. Le regole dell'Organizzazione mondiale del commercio avrebbero obbligato i a piegare le proprie politiche agricole alle regole del mercato mondiale.
Gi� il Forum di Roma della societ� civile, parallelo al vertice mondiale dell'alimentazione del 1996, aveva preannunciato l'insicurezza alimentare crescente, se non vi fossero adottate politiche di sovranit� alimentare basate su �un'agricoltura corta nel tempo e nello spazio�.
Le cifre ufficiali che ci vengono fornite dalla FAO, dall'Ifad, dal Ministero dell'Agricoltura USA e dall'Unione Europea sono chiare. Non c'� un crollo della produzione agricola mondiale, n� di quella alimentare o di quella dei cereali; non c'� stata un'esplosione della domanda di alimenti, n� di quella del grano, con buona pace di quelli che parlano del boom dei consumi alimentari in Cina e India (solo nell'ex unione Sovietica c'� una crescita importante nel consumo di derivati di carne e latte).
La crescita di domanda c'� stata per il mais, il sorgo e semi proteici dell'Ue a causa di un modello di zootecnia assolutamente dipendente dalle forniture estere, proprio perch� intensivo e industrializzato (che dire del fatto che la met� degli maiali allevati in Italia stanno in Lombardia?) e quindi estremamente fragile.
ne si pu� pensare che ci sia una diminuzione delle terre coltivate: tra il 1990 e il 2005 solo la russia, Kazakistan e Ucraina hanno perso il 23% della superficie agricola in ettari, accompagnato dagli USA che hanno perso il 9%, ma a livello del pianeta � aumentata l'estensione delle terre messe a coltura di oltre il 14% in ettari. E ne c'� stato neanche un crollo della resa per ettaro delle produzioni cerealicole: passate da 27,4 quintali per ettaro nel 1992 a 33 quintali per ettaro nel 2006, a livello medio globale.
Il mercato internazionale dei prodotti agricoli vale intorno al 10% della produzione mondiale e quello dei cereali � che tra il 2006 e il 2007/08 � diminuito del 1,5% - rappresenta solo il 12% del raccolto globale. E ancora, per il grano se consideriamo le variazioni tra l'annata 2006/ e quella del 2007/08. abbiamo la produzione totale aumentata dell'1,1%,m il commercio diminuito del 5,4%, l'uso alimentare, cresciuto di un modestissimo 1%, mentre le riserve si sono annientate con una ulteriore riduzione del 10,4%.
Si pu� affermare che non � il mercato mondiale con il suo peso nel settore che influisce sull'andamento dei prezzi secondo le teorie classiche, ma � la sua struttura e il carattere estremamente concentrato e coordinato che il mercato dei prodotti agricoli fondamentale � andato acquisendo in modo accelerato negli ultimissimi anni. Giusto per dire: il 60% dei terminali per il trasporto di granaglie negli USA � di propriet� di quattro societ�: Cargill, Cenex Arvest, Adm e General Mills. Mentre Cargill e Continental controllano pi� della met� degli scambi cerealicoli di cereali.
E' l'esito delle politiche ultra liberiste, dell'abbandono di politiche d'intervento da parte degli stati nel governo dell'offerta e di una forte iniezione di denaro pubblico o di politiche di supporto all'esportazione delle grandi potenze agricole del pianeta (USA, UE, Brasile e Argentina).
In questa partita arrivano anche altri giocatori che con la produzione agricola hanno poco a che vedere. Anzi niente. Sono i contratti con cui si commercia quella parte limitata della produzione agricola a livello mondiale e che hanno � per natura stessa degli approvvigionamenti � scadenze �future� (fino a diciotto mesi e oltre). Come recita la loro definizione, i futures sono contratti a termine standardizzati per poter essere negoziati facilmente in Borsa�. Questo significa che chi ha la disponibilit� di capitali li pu� acquistare. Infatti sempre nelle definizioni, ci viene detto che �la peculiarit� di essere standardizzati rende questi contratti interscambiabili tra di loro. Ci� rende possibile annullare gli impegni di acquisto o di vendita tramite compensazione, stipulando 4un contratto di segno opposto all'originale. in questo modo verr� evitata la consegna dell'attivit� sottostante il contratto. L'acquisto di futures corrisponde ad un'aspettativa di rialzo dell'attivit� sottostante�.
detto in altre parole, si possono negoziare contratti che danno diritti senza spostare un chicco di grano ma che contemporaneamente ne fanno variare il valore solo e soltanto grazie alla capacit� di acquistare, scommettendo sul rialzo e quindi provocando il rialzo stesso.
Sono valori che non hanno nessun legame con la domanda o con l'offerta, ma solo e soltanto con il capitale finanziario disponibile (petrodollari, fondi d'investimento, fondi pensione eccetera) per cui le speranze di un aumento della produzione di cereali prevista dalla FAO per il 2008 di quasi il 3% non avr� nessun efficace impatto per ridurre i prezzi.
Questo potrebbe essere solo l'inizio, visto che questi strumenti finanziari si stanno spostando anche sulle terre agricole o sui diritti di coltivazione, negoziati al rialzo sui mercati mondiali. Avviene cos� un trasferimento della decisione su dove, quando e cosa coltivare dal proprietario terriero al detentore dei contratti di coltivazione che dispone solo dei capitali necessari ad affittare terre e mezzi tecnici, ma che non ha dipendenti o propriet� agricole.
I valori alti si trasferiscono sui Paesi importatori netti di derrate alimentari e sui Paesi in cui le �lite locali possono facilmente avvantaggiarsi della speculazione al rialzo dei prezzi interni. Come in Indonesia, che cinque anni fa era un grande Paese produttore ed esportatore di riso e oggi � diventato importatore netto, grazie a una politica di demolizione del mercato interno. O come in Egitto, dove kle rivolte contro il caro-vita sono un esempio di quello che succeder� nei prossimi mesi in maniera pi� estesa.
La povert� � e quindi l'insicurezza alimentare � � stata fino all'anno scorso essenzialmente e soprattutto un fenomeno rurale e contadino. Ora sempre pi� diventer� anche un fenomeno urbano, rivelando cos� definitivamente che l'insicurezza alimentare non � il risultato della mancanza di cibo ma della mancanza di risorse finanziarie per tener dietro ai prezzi alti, creati artificialmente dalla speculazione finanziaria.
Chi pensa che la prima potenza agroalimentare della Terra, l'UE, possa essere al riparo dall'impatto dei prezzi alti dei cereali (in particolare mais, sorgo), della soia, delle componenti del latte rischia di fare un errore che potrebbe essere drammatico. La dipendenza delle industrie agroalimentari dal mercato mondiale � forte e alcuni comparti, come quello zootecnico, hanno scarso margini di manovra.
L'incrocio di alti prezzi dei cereali e delle proteine vegetali con gli alti prezzi del petrolio e dei suoi derivati, i contratti di integrazione verticale con la grande distribuzione alimentare (che non fa sconti a nessuno e incamera gli incrementi di valore che risultano dall'andamento attuale dei prezzi al rialzo), la perdita di una quota crescente del mercato interno a favore di prodotti di origine globale, rischiano di generare sui prezzi al dettaglio del cibo lo stesso fenomeno che conosciamo alla pompa di benzina: ogni variazione speculativa si ripercuote in poche ore sui prezzi praticati. e sull'inflazione.
Non andr� meglio nel nostro Paese. L'Italia ha un deficit nella bilancia agroalimentare. La catena del valore dei prodotti alimentari � in mano alla grande distribuzione; il processo di espulsione delle aziende agricole � drammatico, con oltre il 20% di aziende sparite negli ultimi 5 anni; la concentrazione produttiva di alcuni comparti, come quello zootecnico, � dissennata; la politica punta ancora a rafforzare l'agricoltura industriale, orientata alle esportazioni. Sono tutti fattori che possono amplificare l'impatto della crisi mondiale dei prezzi.
la struttura produttiva agricola trova le sue fondamenta nel mercato interno, nell'agricoltura di piccolissima, piccola e media, decentrata e intensiva in lavoro, poco propensa agli investimenti. La paura delle rivolte del pane, forse, sar� uno shock salutare.

Vedi anche:
www.alimentazionesostenibile.org
www.iofacciolamiaparte.org

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