c Il costo di non ascoltare la natura - 27/01/2011 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 27/01/2011]
[Categorie: Ecologia ]
[Fonte: A sud]
[Autore: Leonardo Boffi]
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Il costo di non ascoltare la natura

Una catastrofe ambientale, sociale e umana si è abbattuta nella seconda settimana di gennaio sulle tre città di montagna dello Stato di Rio de Janeiro, Petropolis, Teresopolis e Nueva Friburgo, causando centinaia di morti, distruzione di intere regioni e l’incommensurabile sofferenza di chi ha perso familiari, case e beni. Le sue cause immediate sono state le di piogge estive tipiche dell’estate e la configurazione geofisica delle montagne, caratterizzate da un sottile strato di terra su cui cresce una rigogliosa foresta subtropicale, posta su enormi pietre piatte che, a causa delle infiltrazioni d’acqua e il peso della vegetazione, provocano spesso frane mortali.


Le persone che hanno occupato le zone a rischio vengono incolpate, sono messi sotto accusa i politici corrotti che hanno distribuito terre pericolose ai poveri, si critica il potere pubblico che si è mostrato negligente e non ha fatto nessuna opera di prevenzione per non essere giudicato responsabile e perdere voti. In quanto appena detto c’è molta verità, ma la causa principale di questa tragedia sconvolgente non è riconducibile a tutto questo.


Il motivo principale deriva dal modo in cui trattiamo la natura. Lei è generosa con noi, ci offre tutto il necessario per vivere, ma in cambio noi la consideriamo solo come un oggetto di cui possiamo disporre capricciosamente, senza alcun senso di responsabilità per la sua conservazione. Al contrario: la trattiamo con violenza, la deprediamo, sfruttandone tutto il possibile per il nostro tornaconto. Per di più trasformandola in un’enorme discarica per i nostri rifiuti.


E, cosa ancora più grave, non conosciamo la natura, né tantomeno la sua storia. Siamo analfabeti e all’oscuro di ciò che ha avuto luogo nelle nostre terre migliaia e migliaia di anni prima. Non ci importa di conoscere la flora e la fauna, le montagne, i fiumi, i paesaggi, le persone significative che vi hanno vissuto, artisti, poeti, politici, studiosi e costruttori.


Siamo ancora in gran parte debitori dello spirito scientifico moderno, che identifica la realtà con il suo aspetto puramente materiale e meccanicistico, che esclude la vita, la coscienza e la comunione intima con le cose che poeti, musicisti e artisti evocano nelle loro magnifiche opere. L’universo e la natura hanno una storia che si racconta per mezzo delle stelle, la Terra, dell’affioramento e l’elevazione delle montagne, degli animali, di foreste, giungle e fiumi. Il nostro compito è ascoltare e interpretare i messaggi che ci mandano. I popoli nativi sapevano catturare ogni movimento delle nuvole, la direzione dei venti, e sapevano se e quando sarebbero arrivate trombe marine. Chico Mendes, con cui ho percorso la foresta amazzonica di Acre, sapeva interpretare ogni suono della giungla, leggere i segni del passaggio di un felino sull’erba e con l’orecchio a terra conoscere la direzione che aveva seguito un branco di cinghiali pericolosi. Abbiamo dimenticato tutto questo. Con il ricorso alla scienza leggiamo la storia registrata negli strati di ogni essere vivente, ma questa conoscenza non è entrata nei programmi scolastici e non è diventata cultura generale. Al contrario, è diventata uno strumento per dominare la natura e arricchirsi.


Nel caso delle nostre città montane, è normale che vi siano piogge torrenziali in estate. È molto frequente in questi casi che vi siano frane. Sappiamo che il riscaldamento globale ha reso questi eventi più frequenti e più intensi. Conosciamo le profonde vallate e i torrenti che li attraversano. Ma non ascoltiamo il messaggio che ci mandano, che è quello di non costruire case sulle pendici, non vivere vicino al fiume, e proteggere gelosamente la vegetazione sulle rive. Il fiume ha due letti: uno normale, minore, attraverso il quale fluisce l’acqua corrente, e un altro più grande, dove va a finire l’acqua delle piogge torrenziali. In questa parte non si può costruire o vivere.


Stiamo pagando un prezzo alto per la nostra negligenza e per la distruzione della Foresta Atlantica, che equilibra il sistema delle piogge. Quello che serve ora è ascoltare la natura e costruire opere preventive che rispettino il modo di essere di ogni collina, ogni valle e ogni fiume.


Possiamo controllare la natura solo se obbediamo a essa, se ne ascoltiamo i messaggi e ne leggiamo i segnali. In caso contrario, dovremo fare i conti con fatali tragedie che avremmo potuto evitare.

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