c Prezzi agricoli, un trend che può solo continuare - 19/01/2011 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 19/01/2011]
[Categorie: Alimentazione ]
[Fonte: Terra]
[Autore: Betta Salandra]
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Prezzi agricoli, un trend che può solo continuare
Sono raddoppiati negli ultimi dieci anni. Dietro l’impennata, cause tecniche, demografiche e finanziarie. Ma ora irrompono i disastri climatici a generare nuova incertezza.

Negli ultimi 10 anni i prezzi dei beni alimentari sono quasi raddoppiati. La grande crisi del 2007-2008 poi, con l’impennata dei prezzi di petrolio e materie prime, e la diffusione mondiale di scenari manzoniani da “assalto ai forni” aveva prodotto una letteratura catastrofica piuttosto ampia. Si parlò di guerre del pane, accaparramento delle terre, conflitti legati all’acqua. La recessione che si è poi abbattuta sul pianeta, per il collasso del sistema finanziario occidentale, ha “raffreddato” temporaneamente le cose. Ma l’estate scorsa tutto è cambiato.

La straordinaria siccità in Russia, grande esportatore mondiale di cereali, in Kazakhistan e le piogge intense in Europa hanno dato il via ad una corsa dei prezzi perlopiù ignorata dai media fino alla “guerra della baguette” algerina di questi giorni. E dall’estate del 2010 tutto sembra congiurare contro la stabilità dei prezzi alimentari. La produzione e i prezzi dei beni alimentari nel mondo dipendono in realtà da una molteplicità di fattori ambientali, politici e persino valutari. Quando a novembre uscì il rapporto della Fao sui prezzi alimentari il responsabile del rapporto Abdolreza Abbassian, espresse moderata preoccupazione: «Viviamo una situazione scomoda per la quale tanti paesi, specie quelli più poveri, devono importare il cibo a prezzi crescenti. Dipenderà dalle politiche nazionali l’esplosione o meno di disordini. I prezzi quest’anno (nel 2010 ndr) salgono per fattori climatici: da questi dipende il declino del 2% della produzione. I prezzi sono oltre il 50% più alti dell’anno scorso - prosegue l’economista - La situazione è critica. Ora i prezzi salgono ma non c’è scarsita dei beni perche nei 2-3 anni precedenti c’era stato un aumento di scorte. Quest’anno le scorte sono diminuite. Ma non si può continuare così nel 2011, altrimenti ci troveremo con carenza di beni in un contesto di prezzi alti. Una pessima combinazione».

Complessivamente però, fino a pochi giorni fa, la stampa finanziaria, Financial times in testa, tendeva ad evitare gli allarmismi. La cronaca delle ultime settimane offre una serie di input che spingono in direzione opposta. Sul fronte dello zucchero l’India, grande esportatore insieme al Brasile, ha annunciato che ritarderà le proprie esportazioni per destinare più produzione al mercato interno, nel tentativo di calmierarlo visti i recenti rincari. Questo ha spinto al rialzo il prezzo dello zucchero sui mercati, che negli ultimi 6 mesi è raddoppiato, influenzando l’indice complessivo dei prezzi agricoli.

Per quanto riguarda il grano invece (che insieme al riso è la principale fonte di alimentazione, specie nei paesi poveri) i prezzi sono saliti “solo” del 50% da giugno. Qui le notizie più recenti sono miste. Paradossalmente positive le eccezionali nevicate negli Usa, principale produttore ed esportare mondiale. La neve infatti, raccontano gli esperti riferendosi per esempo ai raccolti del Kansas, isolerà il raccolto dalle temperature rigidissime e promette una aumento dell’umidità dopo, un fattore positivo per la resa dei campi. Negli Usa il 12 gennaio sarà pubblicato il rapporto sull’estensione dei terreni coltivati a grano. Che potrebbero rimbalzare dopo aver raggiunto il minimo dal 1913. Il grano è il quarto prodotto per importanza dopo granturco, soia, e fieno. Il problema è che la crescita dei prezzi del petrolio incentiva la produzione di biocarburanti, che competono per terre coltivate con il grano per uso alimentare.

Negative invece le bizze climatiche nel sud del mondo. In Australia, che come la Russia rappresenta l’11% dell’export mondiale di grano, le alluvioni nel Queensland stanno compromettendo la logistica per l’export di grano. Ma oltre alla natura e alle politiche agricole mondiali e alle dinamiche demografiche ci sono anche fattori valutari. Le materie prime sono quotate e commerciate in dollari Usa. Le autorità monetarie statunitensi stanno inondando il sistema finanziario mondiale da due anni. Washington si è trasformata in una vera e propria “stamperia di banconote”. L’aumento vorticoso di dollari in circolazione non poteva non avere un impatto sui prezzi in dollari. L’inflazione delle materie prime è in parte anche solo l’effetto monetario della riduzione graduale e inesorabile del valore della moneta di Obama. Assai più preoccupato di risollevar la propria economia che di garantire la stabilità mondiale dei prezzi.

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