c Bangladesh, ancora vittime per il tessile a buon mercato - 15/12/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 15/12/2010]
[Categorie: Equità ]
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Bangladesh, ancora vittime per il tessile a buon mercato

Ancora morti in una fabbrica tessile del Bangladesh. Ventotto, per la precisione, e centinaia di feriti. Questa volta è successo alla That's It Sportswear Ltd, un’azienda tessile vicino a Dhaka, capitale del Bangladesh. Un grosso incendio si è sviluppato tra il nono e il decimo piano di un edificio, di proprietà di un gruppo industriale locale, situato ad Ashulia, quartiere alle porte della capitale. La That's It Sportswear Ltd appartiene al gruppo Ha-Meem (conosciuta anche come Hamim), uno dei principali operatori del settore, che annovera tra i suoi clienti brand globali quali H&M, Wrangler, Gap, Etam e Carrefour.
Secondo la polizia locale la causa del rogo potrebbe essere stata l’ennesimo corto circuito avvenuto in un vecchio e fatiscente edificio, in cui la sicurezza sul lavoro non viene nemmeno presa in considerazione. Dalle prime dichiarazioni dei testimoni oculari, si è scoperto che almeno due delle sei uscite di sicurezza erano bloccate, lasciando intrappolati molti operai nei laboratori causandone, così, il soffocamento.
Sembra un déjà vu, ma un analogo incidente avvenne il 25 febbraio scorso, nella Garib & Garib di Gazipur, a una cinquantina di chilometri dalla capitale. Anche in quella situazione le uscite di sicurezza erano bloccate, gli estintori fuori uso e la porta principale chiusa a chiave. In quel caso i morti furono ventuno e i feriti cinquanta (vedi Ae 115).
La lista delle tragedie potrebbe continuare. L’incidente alla Garib & Garib ricorda, a sua volta, il crollo, avvenuto cinque anni fa, della Spectrum/Shahriyar Sweater che causò la morte di 64 persone, ne ferì 80 di cui 54 gravemente.
Il Bangladesh, pur essendo uno dei paesi più poveri al mondo, conta quasi quattromila industrie tessili che riforniscono capi di abbigliamento per i più grandi magazzini europei e americani con un fatturato di circa 72 miliardi di dollari. Ad oggi, questo Paese, si contende il primato della crescita in questo settore con i colossi India e Cina. Purtroppo però questa competizione è senza regole e rende il Bangladesh famoso in tutto il mondo per la sua pessima sicurezza sui luoghi di lavoro.
Dopo tutte queste tragedie -e per ricordare l’anniversario del crollo della Spectrum- la Clean Clothes Campaign, campagna internazionale nata vent'anni fa per difendere i diritti lavoratori nel settore tessile globale, si è immediatamente impegnata a suggerire alla Ha-Meem e agli altri giganti del settore alcune raccomandazioni utili per la sicurezza dei lavoratori nelle fabbriche (si sta anche assicurando che i feriti della That's It Sportswear Ltd ricevano le cure necessarie e che i parenti delle vittime vengano ricompensati della grave perdita). Le compagnie si dovrebbero impegnare ad istruire i propri lavoratori sui comportamenti in caso di emergenza, a sistemare gli impianti di luce e gas e le uscite di sicurezza. Il Governo, tuttavia, dovrebbe fare continui controlli, verificando che le uscite di emergenza siano sufficienti per il numero di operai, che siano sempre aperte e funzionanti e testare ripetutamente gli impianti di luce e gas (causa maggiore degli incidenti in fabbrica).
In Bangladesh, inoltre, ci sono moltissime fabbriche di jeans che portano ad altri problemi. Quell’aspetto di jeans usato cha va tanto di moda negli ultimi anni è causa di migliaia di morti bianche. La polvere prodotta dal sandblasting (sabbiatura), respirata a lungo, non lascia scampo, può causare una forma acuta di silicosi, malattia polmonare mortale. Per questo la CCC, da novembre, è impegnata nella campagna "Killer Jeans", per l'abolizione della sabbiatura del denim. La CCC invita i governi dei paesi produttori di jeans -Turchia, Bangladesh, Egitto, Cina, Brasile e Messico- a mettere fuori legge la sabbiatura del denim, ad assicurare l’applicazione delle norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro e a garantire pensioni di invalidità a chi ha contratto la silicosi.
È possibile firmare l’appello e ottenere ulteriori informazioni sul sito internet www.abitipuliti.org.

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