c L'agenda del G-8. Scoraggiare le limitazioni all'export alimentare - 26/04/2008 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 26/04/2008]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: Il Sole 24 Ore - 26 aprile 2008]
[Autore: Stefano Carrer]
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Crisi alimentare

L'agenda del G-8. Scoraggiare le limitazioni all'export alimentare

I venti della crisi alimentare globale soffieranno sul vertice del G-8 di luglio in Hokkaido: il Giappone ha deciso non solo di ampliare l'agenda - che sembrava dovesse essere focalizzata soprattutto sui temi ambientali - ma di porre all'attenzione degli altri membri del club la necessità di una chiarifìcazione delle regole Wto, con l'obiettivo di limitare al massimo le restrizioni alle esportazioni alimentari introdotte di recente da vari Paesi.
Lo spettro di un "accaparramento" su base statale di commodities agricole finora liberamente commerciate ha indotto il ministro dell'Agricoltura Masatoshi Wakabayashi a preannunciare pressioni dirette sulla Wto affinchè sia creato un meccanismo che scoraggi i Paesi produttori dall'introdurre
tariffe o divieti all'export.

E ieri anche il Governo del premier Yasuo Fukuda ha risposto all'appello del Programma alimentare delle NazioniUnite, annunciando lo stanziamento di 100 milioni di dollari per i prossimi tre mesi in aiuti alimentari di emergenza ai Paesi poveri particolarmente colpiti dalla recente spirale rialzista dei prezzi (la metà dell'importo sarà erogata in Africa a maggio). Fukuda ha scritto due lettere. al segretario dell'ONU Ban Ki-Moon e al presidente della Banca Mondiale Robert Zoellick, per assicurare che la «sfida globale» dei rincari alimentari sarà al centro del vertice G-8 e per chiedere ulteriori e precise informazioni sulla portata della crisi, non senza evidenziare che "le restrizioni all'export devono essere evitate: regole severe in materia vanno introdotte".

Il Paese avanzato meno autosufficiente sul piano alimentare intende dunque giocare un ruolo di leadership di fronte all'emergenza attuale e prossima ventura, facendo dimenticare che proprio la sua ostinata dofesa del settore agricolo domestico - con tariffe fino al 700%, ad esempio, sull'import di riso - ha contribuito a far deragliare i negoziati globali Wto per ulteriori liberalizzazioni del commercio (con magrissime prospettive anche per un estremo tentativo di rilancio delle trattative il mese prossimo a Ginevra). Il direttore generale per le global issues del ministero degli Esteri, Koji Tsuruoka, ha mostarto ieri ai giornalisti stranieri una mappa del mondo con i colori preoccupati degli Stati di tutti i continenti che hanno introdotto divieti o limitazioni alle esportazioni di frumento, mais, semi di soia e di girasole, orzo, avena e persino cipolle>: elenco che spazia da Cina, India e Russia fino ad Argentina, Kazakhstan, ucraina, Vietnam, Indonesia, Egitto, Cambogia e persino la Serbia. Si è dimenticato il Brasile, forse perchè ha appena sospeso l'export di riso senza esserne un grande produttore, mentre il Sol Levante resta più che autosufficiente solo per il riso.
"Chiediamo regole generali migliori in relazione ai controlli sull'export di generi alimentari per evitare distorsioni molto pericolose per tutti» ha detto Tsuruoka, aggiungendo che il Giappone è impegnato a perfezionare le tecnologie per ottenere i bio-carburànti da commodities non destinate all'uso alimentare. La novità allarmante è che a Tokyo anche la popolazione ha cominciato a percepire per la prima volta quello che potrebbe diventare un incubo per i Paesi industrializzati: una carenza di generi alimentari, anche se la nazione è sufficientemente ricca per pagarli II caso di questi giorni è quello del burro, che ha cominciato a sparire dai supermercati per una combinazione tra calo della produzione nazionale - connesso ai rincari dei mangimi per bovini - e dalle importazioni di latte da una Australia colpita dalla siccità.

Ironia della sorte, ieri i dati sui prezzi al consumo (ai massimi da dieci anni in marzo all'1,8%) hanno evidenziato che la sospirata fuoriuscita dalla deflazione è avvenuta non per una salutare ripresa dei consumi, ma per il boom di prezzi del petrolio e generi alimentari, che rischia di deprimere ulteriormente proprio i consumi. Alcuni commentatori prevedono già che i giapponesi dovranno cambiare abitudini alimentari e che saranno lanciate campagne per convincere la popolazione a tornare alla dieta tradizionale, preferendo gli Tanigirì, (tramezzini di riso) ai sandwich. A Tokyo, insomma, va in scena un'anticipazione dello scenario peggiore che si possa immaginare per i Paesi sviluppati, finora destinazione privilegiata delle produzioni delle nazioni agricole, ma potenziali vittime dell'ormai brutale concorrenza per risorse scarse a fronte delle maggiori esigenze dei paesi in via di sviluppo.
Gli analisti di Goldman Sachs hanno descritto il cambiamento strutturale verso prezzi alimentari più alti: il problema è che il sistema economico-giuridico che ha garantito l'approvvigionamento senza limiti alle nazioni ricche in grado di pagarli comincia a non funzionare più.

Vedi anche:
www.alimentazionesostenibile.org
www.iofacciolamiaparte.org

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