c “Orsi della luna”, verso la fine delle atrocità - 14/10/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 14/10/2010]
[Categorie: Animali ]
[Fonte: Terra]
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“Orsi della luna”, verso la fine delle atrocità
Da oltre 3mila anni in Asia orientale la bile di questi animali viene considerata un toccasana per alcuni disturbi degli occhi e del fegato. Una volta catturati, rimangono a vita in gabbia tra enormi sofferenze.

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«Un un tranquillo boschetto vicino Chengdu, nella Cina sudoccidentale, 107 orsi riposano dopo una vita di tormenti e prigionia». Comincia così l’articolo apparso alcuni giorni fa sul sito dell’agenzia stampa Xinhua, voce infallibile dell’establishment governativo di Pechino. Si racconta di un cimitero molto speciale che raccoglie i resti mortali degli “orsi della luna”, quelli catturati nei boschi della regione, imprigionati in gabbie grandi appena quanto il loro corpo massiccio e destinati a dolorose estrazioni di bile attraverso un catetere metallico infilato nella cistifellea, due o tre volte al giorno per il resto della loro lunga vita. Una «vita d’inferno», secondo la Xinhua.

Da 3mila anni o anche più in Asia orientale la bile degli orsi viene considerata un toccasana per alcuni disturbi degli occhi e del fegato. Fino al secolo scorso gli animali venivano semplicemente uccisi prima di estrarre la bile. Da quando il loro numero si è ridotto al punto da temerne l’estinzione, in Cina e in Corea la caccia è stata proibita per ragioni di conservazione della specie e negli anni Ottanta si è cominciato a catturarli vivi e mantenerli in cattività per decenni in condizioni inenarrabili, grazie a dosi enormi di antibiotici, al fine di ricavare quantità industriali del prezioso liquido epatico. La pratica viene eufemisticamente chiamata “mungitura”, coerentemente col fatto che a queste fabbriche di dolore viene dato il nome di “fattorie”.

Le medicine ricavate dalle sofferenze di questi animali vengono considerate talmente potenti che a Chengdu, città moderna e ben curata invasa dalle grandi firme della moda occidentale, un chilo di polvere di bile vale fino a 450 euro sulle bancarelle dell’area pedonale alle spalle della centralissima Tianfu Guangchang, la Piazza della “Provincia celeste” sede del governo locale. Questo avviene alla luce del sole, a metà tra arte medica e superstizione. Appena a un paio di chilometri di distanza dalla piazza sorge la locale facoltà di medicina tradizionale, quella che, né avallata né smentita dalla scienza occidentale, da decenni fa discutere fior di professori in tutto il mondo. A L’Aja, in Olanda, si è tenuto appena la settimana scorsa il settimo Congresso mondiale di medicina cinese cui hanno partecipato 800 studiosi provenienti da ogni angolo del pianeta.

Durante le sedute ufficiali si è parlato di agopuntura, coppettazione, moxibustione e, chissà, forse anche di preparati a base di bile di orso. Pozioni e pomate che, sebbene in odore di stregoneria, probabilmente hanno reali effetti benefici sulla salute dell’uomo. Ma, afferma la Xinhua, è ormai accertato proprio dagli studiosi cinesi che gli stessi effetti sono possibili grazie ad almeno una cinquantina di diversi preparati a base di erbe naturali o di elementi sintetici, ben più efficaci e molto più economici.

«L’industria della bile d’orso è completamente inutile, e la sua brutalità ha macchiato il buon nome della medicina cinese e l’immagine del nostro Paese», ha dichiarato Huang Xinyang, vicepresidente dell’Associazione taoista della Cina, in un’audizione al Comitato nazionale dell’Assemblea politica consultiva del popolo cinese, massimo organo consultivo del governo di Pechino. Nel dire questo, Xinyang aveva forse in mente l’azione disturbatrice di Jill Robinson, una combattiva signora inglese che quindici anni fa ha fondato un’organizzazione non governativa, la Fondazione animalista dell’Asia o Aaf, con lo scopo di liberare gli “orsi della luna”.

L’Aaf ha messo in piedi una campagna di sensibilizzazione in Asia e in tutto il mondo occidentale e lavora per convincere i proprietari delle fattorie a cessare l’attività, dietro giusta compensazione. Con questo sistema lo scorso aprile gli attivisti hanno liberato dieci animali malati, prigionieri in uno squallido capannone nello Shandong. «Un’apertura era stata praticata nel ventre degli orsi per consentire ogni giorno l’inserimento di un catetere, al fine di estrarre la bile. Il dolore dell’estrazione giornaliera, che poteva durare varie ore ogni volta, faceva sì che gli orsi tremassero senza interruzione».

L’Aaf ha potuto metter fine alla tortura quotidiana e dare agli orsi una parvenza di libertà, fino alla morte che avverrà per insufficienza epatica, cancro o altre malattie causate dalle pratiche subite per mano dell’uomo. In Italia il grido della signora Robinson fu raccolto due anni fa dal blog di Beppe Grillo, con una serie di articoli e interviste sull’argomento. Uno degli orsi, liberato grazie all’intervento personale di Grillo, è diventato la mascotte del blog. «Si chiama Dozer - racconta il comico - Ho la sua fotografia sul comodino. Ogni tanto gli mando una cartolina. Lui l’annusa e poi mangia una noce di cocco». Sul blog si trova anche una lista dei prodotti che contengono bile “munta” da animali torturati. «Il mercato ne dispone in eccesso - raccontava Carmen, responsabile italiana di Aaf - per esaurire le scorte, i produttori la utilizzano anche nella preparazione di bibite e shampoo». A tutt’oggi sono 345 gli orsi liberati grazie all’intervento di Aaf ma sarebbero ancora 16mila quelli prigionieri tra Cina, Corea e Vietnam.

Il governo di Seul ha già posto alcuni paletti all’attività delle fattorie, consentendo l’estrazione della bile solo su orsi più vecchi di dieci anni. In Cina, grazie ai buoni uffici dell’associazione, dal 2000 in poi il percorso legale sta diventando sempre più stretto. Oggigiorno non vengono più concesse nuove licenze e delle 480 fattorie attive in passato ne rimangono “solo” 65, in non più di 13 province su 31. All’inizio di quest’anno persino quattro grandi case farmaceutiche cinesi hanno aderito alla campagna dell’Aaf. E se anche l’agenzia Xinhua si schiera decisamente contro quest’attività, tradizionale e redditizia, è segno che le intenzioni del governo sono molto serie a riguardo. Ecco perché Jill Robinson vede il futuro tinto di rosa. «Mai abbiamo avuto una maggiore speranza di veder chiudere l’ultima fattoria di orsi».

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