c Chiacchiere e carbonio - 07/09/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 07/09/2010]
[Categorie: Ecologia ]
[Fonte: Rinnovabili.it]
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Chiacchiere e carbonio

Chiacchere e carbonio

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella sono due famosi giornalisti del Corriere della Sera che sabato scorso (28/8/2010) hanno riempito due intere facciate del giornale con un lunghissimo pezzo, retorico e verboso, contro le fonti rinnovabili nel Salento. Il titolo recita “Pannelli solari e pale tra gli ulivi. E la storia muore”. L’articolone in verità, tra continue citazioni letterarie e divagazioni paesistiche, affronta in effetti almeno tre questioni: il parere positivo del Consiglio di stato all’installazione di un grande impianto eolico in zona Giuggianello, tra ulivi, chiese rupestri e massi misteriosi; le crescenti estensioni di terreni agricoli sottratti all’olivicoltura da impianti fotovoltaici, e infine un paventato progetto di superstrada, che da Maglie si addentrerà per quaranta chilometri nel “tacco” d’Italia, il citato Salento. Di quest’ultimo progetto il pezzo si occupa solo per un paragrafo, quindi non ne tratterò.
Molto più spazio dedicano invece i due autori a sciorinare cifre destinate a impressionare il lettore sugli “scempi” paesaggistici compiuti in nome delle rinnovabili, cui sempre secondo gli autori si dedicano risorse finanziare spropositate, che gravano sulla già carissima bolletta elettrica nazionale. Non una riga scrivono Rizzo e Stella sui motivi per cui da anni il legislatore europeo ed italiano favoriscono finanziariamente, e senza gravare sui conti pubblici, lo sviluppo delle fonti energetiche rinnovabili. Nulla si dice delle fonti fossili tradizionali con cui viene prodotto l’80% della corrente elettrica in Italia, dei costi politici, sanitari, ambientali e in particolare climatici che questa situazione di arretratezza comporta. Men che meno si parla dei mostri di Brindisi e Taranto, rispettivamente adornate dalla più grande centrale termoelettrica a carbone del Paese e dal più velenoso e, questo sì orribile, impianto industriale del sud Italia.
Tra le organizzazioni ambientaliste gli autori menzionano solo Italia Nostra, non a caso l’unica che da anni tuona contro eolico e solare in nome del paesaggio, mentre le altre, da Greenpeace al Wwf a Legambiente, molto più seguite e rappresentative, come dimostra l’alto numero di iscritti e sostenitori, sono assai più preoccupate per il carbonio e per i veleni che a fiumi escono dalle ciminiere del Bel Paese.

Anche gli immensi guadagni che da oltre cinquant’anni fanno in Italia le lobby del petrolio, del gas e più di recente del carbone non vengono menzionati da Rizzo e Stella, solo si parla delle “speculazioni” eolica e solare. In un economia liberalizzata come quella dell’energia ci si aspetta forse che a sviluppare le rinnovabili siano i frati trappisti, e per beneficenza? Certo, anche in questo settore ci sono infiltrazioni di mafiosi e piduisti e bene fa la magistratura a perseguire gli imbroglioni di tutte le specie, ma come si fa a puntare il dito contro i tedeschi che vengono a investire nel vento e nel sole di cui il Sud abbonda? È facile dire il turismo, che però dà da mangiare si e no quattro mesi l’anno. Quel che servirebbe al sud oltre al solito turismo è invece proprio lo sviluppo di un’industria delle rinnovabili (servita anche da un sistema di ricerca finalizzata e da un adeguato supporto delle amministrazioni locali) in modo da non dover per forza importare tutto, dalla pala al pannello, dal nord Europa. Invece di fare la guerra alle rinnovabili, come in Sicilia, la Puglia, ricca di vento e sole, ha puntato con un certo successo al loro sfruttamento, come con sollievo ho potuto constatare con i miei occhi percorrendola in treno. E dico sollievo perché il vento, in particolare il grande eolico, è del tutto indispensabile per vincere la guerra contro il riscaldamento climatico, che tanti sconquassi sta già portando in tutto il mondo. E quando gli impianti di oggi saranno resi obsoleti dal miglioramento tecnologico sarà molto facile abbatterli, e la bonifica dei luoghi sarà pressoché immediata, e non certo quasi impossibile come nei siti nucleari o petrolchimici o siderurgici, dei cui cadaveri già abbonda l’Italia contemporanea, con buona pace del Corriere.

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