c Pane e vestiti fatti in casa - 01/09/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 01/09/2010]
[Categorie: Decrescita ]
[Fonte: Pianeta Verde]
[Autore: Michele Smargiassi]
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Pane e vestiti fatti in casa
Il movimento del risparmio ecologico “Così consumiamo la metà senza troppi sacrifici”. La rete di mille famiglie cattoliche ed “equo-solidali”: bollette tagliate ma identico stile di vita

MARGHERA - Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Anzi no, dacci solo la farina (biologica), che il pane ce lo facciamo da soli, in casa. Quello di Marta ed Ezio, insegnanti, una figlia di 5 anni, è caldo e croccante, ma soprattutto è “giusto”. È un pane ecologico e morale, un pane “liberato”. “Sei anni fa, sposandoci, scegliemmo di non essere di peso né all’ambiente né al Sud del mondo”. Acqua di rubinetto, pannelli solari, scambio di vestiti, niente tivù, al lavoro in bici, e alla fine del mese si fanno i conti. Con la calcolatrice. Marta ed Ezio sono cattolici praticanti, ma il loro non è un fioretto, è un impegno, e gli impegni si calcolano. “Quest’anno abbiamo sforato sulle vacanze. Risparmieremo sull’elettricità”.

Marta ed Ezio sono una famiglia “bilancista”, una tra oltre mille organizzate in 42 gruppi locali dal Trentino alla Sicilia. Apostoli del sostenibile, predicatori dell’eco-solidale, difensori del Creato, sono un movimento cattolico se non altro perché lo fondò e lo coordina ancora un sacerdote, don Gianni Fazzini, che però se gli proponi l’etichetta di “ecologismo cristiano” te la corregge: “Siamo un movimento di liberazione”. Da cosa? “Dallo stato di schiavitù del consumatore, in teoria padrone del mercato, in realtà succube di un immaginario del benessere che lo sfrutta per il profitto di pochi”.

Una Greenpeace col segno di Croce? “Cristo ci invita ad essere liberi, noi scegliamo come. Una mano ce la dà anche quel signore lì”. Gandhi: è pieno di poster del Mahatma l’ufficetto alla periferia di Marghera dove don Gianni, classe 1937, ex prete operaio, parroco di San Eliodoro ad Altino, tiene i legami col suo movimento “leggero” (niente statuto né veste giuridica) che senza clamore esiste e resiste da diciassette anni. Una rete di famiglie solidali che però ora ha pensato di alzare un po’ la voce. L’assemblea nazionale dei “Bilanci di giustizia” si concluderà stasera a Massa Marittima calcando sulla parola Politica, con la maiuscola.

“All’ultima assemblea alcuni amici ci misero un po’ in crisi: voi fate belle cose ma siete “poco politici”, non basta il pane in casa, dovete fare i conti col potere”. Hanno ragione? “Me lo sono chiesto. Poi ho pensato, la Giovanna a Messina ha messo su una cooperativa di installazione del solare termico, Giorgio a Bologna distribuisce la pasta madre per il pane, l’Antonella in Trentino promuove le piste ciclabili, Andrea a Torino ha inventato i distretti dell’economia solidale… E allora un po’ di politica forse la facciamo già”.

Del resto tutto cominciò nel ‘93 a Verona con uno slogan quasi sovversivo: L’economia uccide, bisogna cambiare. Era un convegno mondialista di “Beati i costruttori di pace”, e un centinaio di famiglie decisero di cominciare a cambiare in casa propria. Cambiare cosa? “Chiesi aiuto a un economista, mi suggerì: “Se un’azienda vuole cambiare gestione, parte dal bilancio”. Geniale. Infatti partimmo dal bilancio di casa”. Funziona ancora così: ogni famiglia “bilancista” si impegna a compilare ogni mese e inviare alla sede centrale un rendiconto minuzioso della propria economia domestica, una partita doppia “etica”: su una colonna le spese effettive divise per capitoli, su quella a fianco le spese “spostabili secondo giustizia”.

Ogni mese ci si dà un obiettivo. Mollo l’acqua minerale e bevo l’acqua “San Rubinetto”. Abbasso il termostato. Regalo e ricevo i vestiti dei bimbi. Lavo a mano. Compro frutta e verdura solo di stagione. Autoproduco in casa quel che posso. Riparo la bici (e la uso). Ogni famiglia “bilancista” riceve poi una carta sconti, L’Altracard, risposta polemica alla social card di Tremonti. “Non la puoi usare nei negozi ma vale di più”: dà accesso a un sito dove un programmino ti calcola quanto stai risparmiando con i comportamenti “sostenibili”. Anche centinaia di euro al mese.

Con l’aiuto del tedesco Wuppertal Institute, i “Bilanci di giustizia” hanno cominciato a misurare i propri successi. I risultati sono sorprendenti. Rispetto alla famiglia italiana media Istat, le famiglia “bilanciste” consumano il 16% in meno, con significativi trasferimenti di poste: meno 49% nell’abbigliamento, addirittura -56% in cosmetici e detersivi, più 72% in divertimenti e cultura. I consumi energetici sono la metà di quelli medi (107 litri d’acqua al giorno contro 192, e 599 Kwh annui contro 1202). Dal punto di vista etico, la famiglia “bilancista” sposta ogni anno quasi il 20% delle proprie risorse su prodotti meno “ingiusti”. Tutto senza sacrificare il proprio stile di vita: l’indice di soddisfazione si colloca sul 5 in una scala di 7.

Ma la scelta del bilancista non è utilitaria: comprare prodotti biologico o equo-solidali in realtà costa di più, anche se “proprio per questo ne sprechi meno”, non molla Marta, “ma il vero guadagno non è monetario”. Per scambiare vestiti devi avere molti amici e frequentarli: devi costruire relazioni. Dario e Antonella hanno scoperto che invitandosi a cena una volta alla settimana si risparmia e ci si diverte.

Quando Enrico e Serenella hanno dovuto cambiare auto hanno lanciato un appello email a tutta la rete, “Ci aiutate a trovare la più “sostenibile”?”, e s’è riunita un’assemblea (con grigliata finale). La differenza tra i bilancisti e un’associazione di consumatori è tutta qui: “Non lo facciamo per risparmiare, ma per nostalgia di giustizia”, dice don Gianni. E allora, da oggi questa cosa è giusto chiamarla Politica: “Le nostre famiglie vivono in città in preda alla corruzione, alla non-cura del bene comune. Noi in questo sfacelo vogliamo camminare puliti”. Lo vede, don Gianni, che alla fine torniamo al punto: inquinare, sprecare sono peccati. “No! Sono schiavitù. Di questo sistema siamo le vittime, non i colpevoli. Quindi dobbiamo liberarci, non pentirci”.

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