c Le modifiche delle foreste dell’Alaska rivelano i cambiamenti del clima già in atto - 01/09/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 01/09/2010]
[Categorie: Ecologia ]
[Fonte: Greenreport.it]
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Le modifiche delle foreste dell’Alaska rivelano i cambiamenti del clima già in atto
Scientific American e Climatewire riprendono uno studio pubblicato da Environment & Energy Publishing che prova che il cambiamento climatico sta trasformando foresta boreale dell'Alaska.

LIVORNO. L'ulteriore prova del cambiamento climatico viene proprio dalla patria di Sarah Palin, l'icona del populismo eco-scettico ed antidarwiniano della destra repubblicana americana.

Secondo Glenn Juday, dell'Università dell'Alaska, non ci sono dubbi: «Si sta verificando un passaggio di bioma. Non c'è bisogno di aspettare per gli effetti. Stanno accadendo». Juday ha presentato la sua ricerca durante un seminario sui cambiamenti climatici e degli ecosistemi ai Poli promosso dal Polar research board della National academy of sciences Usa, durante il quale John Priscu, un esperto in biologia dei climi freddi dell'università del Montana, che ha presieduto la riunione, ha detto: «Quel che vogliamo fare davvero in questo workshop è pensare al futuro. Questo include la possibilità di cambiamenti climatici bruschi e di fattori di amplificazione del riscaldamento nell'Artico, che si sta riscaldando due volte più velocemente della media globale. L'obiettivo del seminario è quello di identificare le lacune nelle conoscenze degli scienziati, le questioni emergenti nel campo della scienza polare e le strategie per la ricerca futura».

Un recente studio evidenzia che le foreste di abeti bianchi dello Stato più a nord degli Usa, che contengono la metà della diversità genetica di tutti gli abeti bianchi del Nord America, stanno soffrendo a causa del global warming. I dati empirici a disposizione dimostrano che gli abeti bianchi del Nord America hanno bisogno di almeno 280 millimetri di precipitazioni all'anno, con una maggior quantità richiesta durante l'estate, quando le temperature medie sono superiori ai 15,5 gradi centigradi. Se la temperatura media estiva supera i 21,1 gradi gli abeti bianchi dell'Alaska non sarebbero in grado di sopravvivere.

Nell'area di Fairbanks (nella foto), le condizioni sono al limite: precipitazioni annuali di circa 280 millimetri, e temperature che negli ultimi due decenni a luglio hanno superato molte volte i 15,5 gradi. Gli abeti di Fairbanks probabilmente hanno davanti a loro un rapido calo ed ogni grado di temperatura in più potrebbe interrompere la loro crescita. Secondo Juday, la siccità è una parte del problema: «La stagione di crescita a Fairbanks è attualmente pari a 120 giorni, nel 2007 il 50% in più di quanto fosse nel 1905. Questo significa che c'è un periodo più breve per accumulare la neve in inverno e un divario maggiore tra scioglimento della neve e le piogge estive, due fattori che agiscono insieme per produrre periodi di siccità più intensi. Quest'anno ne abbiamo avuto uno di questi. Abbiamo avuto un periodo di caldo quasi record ad aprile-maggio, prolungando così gli effetti della siccità del luglio 2009 e di un anno con poca neve».
Gli scienziati pensavano che le betulle, meno sensibili ai cambiamenti climatici, avrebbero prosperato quando gli abeti bianchi avessero mostrato i primi segni di cedimento asl global warming, invece anche per questi alberi sono evidenti segni di sofferenza, con le foglie "bruciate" dalla siccità.

Per Juday la spiegazione è semplice: «E' a causa della siccità 2004-2005 ... seguita da un degrado delle radici, seguito da un caldo 2007». In tutta l'Alaska interna gli alberi presenterebbero sintomi simili, mentre aumentano gli incendi devastanti, come quello nell'area del Willow Creek, innescato da un fulmine il 10 giugno e che sta ancora fumando dopo aver incenerito 13.766 ettari di terreno militare. Per Juday il fuoco di Willow Creek è un segnale preoccupante perché i temporali ad "alta intensità" di quest'estate hanno solo rallentato l'incendio ma non hanno fornito la pioggia sufficiente per consentire alle squadre dei vigili del fuoco di fermarlo completamente. E pensare che la stagione degli incendi in Alaska era stata annunciata come non grave. «L'effetto cumulativo dell'essicazione (degli alberi, ndr) è enorme - spiega Juday - Il carburante è così secco che sostiene la combustione. Si tratta del carbonio immagazzinato che viene mobilitato e non possiamo, a quanto pare, stopparlo».

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