c Manifesto sul futuro dei sistemi di conoscenza - 16/06/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 16/06/2010]
[Categorie: Diritti della Terra ]
[Fonte: Stampalibera]
[Autore: Vandana Shiva]
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Manifesto sul futuro dei sistemi di conoscenza
MANIFESTO SUL FUTURO DEI SISTEMI DI CONOSCENZA Sovranità della conoscenza per un pianeta vitale di Vandana Shiva, Helena Norberg-Hodge e altri

MANIFESTO SUL FUTURO DEI SISTEMI DI CONOSCENZA
Sovranità della conoscenza per un pianeta vitale
di Vandana Shiva, Helena Norberg-Hodge e altri – 15/06/2010
Fonte: http://sloweb.slowfood.it/

PRINCIPI PER UN NUOVO PARADIGMA DELLA CONOSCENZA

Preambolo

Le soluzioni ai problemi della società dipendono dal modo in cui le conoscenze vengono prodotte, utilizzate e diffuse. Riduzionismo, frammentazione e pensiero meccanicistico sono all’origine delle molteplici catastrofi che attanagliano oggi l’umanità: l’implosione finanziaria e il collasso economico, il caos climatico e le crisi energetiche e alimentari. Le soluzioni a queste crisi esigono un nuovo modo di pensare: è quindi necessario un nuovo modello di conoscenza. In passato abbiamo visto scomparire culture e gruppi etnici in conseguenza di scelte errate. Oggi viviamo in un’epoca in cui le decisioni adottate in un luogo influenzano tutto il mondo e le scelte sbagliate possono causare una distruzione
irreversibile. Per garantire il nostro futuro su un pianeta sano è necessario un approccio olistico.
Questo manifesto offre la cornice per un nuovo modello di conoscenza basato sui principi sotto descritti.


A. FALLIMENTI DEI SISTEMI DI CONOSCENZA DOMINANTI ATTUALI
1. La mancanza di un sapere olistico e una visione del mondo meccanicistica stanno alla base delle molteplici crisi che l’umanità si trova ad affrontare Come diceva Einstein, non possiamo risolvere i problemi con la stessaimpostazione mentale che li ha generati. Consciamente o inconsciamente, nelle nostre menti il mondo è stato assimilato a un’enorme macchina, libera di essere migliorata e modificata dall’uomo. Proprio come le macchine vengono
montate manipolandone i componenti, abbiamo pensato che lo stesso potesse essere fatto con il mondo intero, vivente e non vivente. Ciò ha portato allo scardinamento di processi ecologici fragili, vitali per la sopravvivenza umana.
Si è presupposto che la conoscenza completa del tutto potesse essere ottenuta semplicemente attraverso la conoscenza delle sue singole parti. Questo approccio, che ha dato luogo a una metodologia con scopi pratici, è stato elevato
a teoria e addirittura a ideologia, tanto che la metafora “i sistemi naturali sono come macchine” si è progressivamente trasformata nell’affermazione “i sistemi naturali sono macchine”.
Ma noi non conosciamo affatto tutti i componenti della biosfera, al massimo solo la funzione di ciascuno di essi. Questa mancata conoscenza vale sia per i componenti viventi che per quelli non viventi. Anche se la biosfera si
comportasse come una macchina, la nostra limitata conoscenza di tutte le sue parti ci renderebbe impossibile conoscere gli esiti della modifica o addirittura dell’eliminazione di una qualsiasi di esse. Data la nostra ignoranza, dovremmo ridurre al minimo i nostri interventi sulla biosfera.
Inquinamento, degrado ed esaurimento delle nostre risorse naturali, uniti al cambiamento climatico globale, costituiscono un chiaro segnale di pericolo. La sopravvivenza della specie umana dipende dalla sua capacità di mantenere la resilienza della biosfera e di sviluppare nuovi sistemi di conoscenza per aumentare la sua capacità d’adattamento al cambiamento. Il riduzionismo elevato da metodo a visione del mondo ha causato il collasso economico e le catastrofi climatiche che abbiamo di fronte. Questa visione del mondo ancora dominante è inadeguata a fornire soluzioni ai problemi da essa stessa creati, o a capire pienamente l’ordine di grandezza e l’entità di questi problemi. Spesso l’applicazione di questa visione del mondo scarica il peso dell’adattamento sui poveri e sui più vulnerabili. Il riduzionismo favorisce il gigantismo, la tutela del potente e del grande, rendendo il piccolo e il diverso invisibili e vulnerabili. Sia la sostenibilità che la giustizia esigono una nuova visione del mondo.
2. L’esclusione del sapere tradizionale e delle culture indigene ha ristretto la base di conoscenze di cui l’umanità ha bisogno per affrontare una crisi dalle molteplici dimensioni La crescente tendenza a escludere il sapere delle comunità indigene, delle donne, dei contadini, degli anziani e i punti di vista dei giovani sta impoverendo intellettualmente l’umanità rendendola più vulnerabile a minacce di vario tipo. La visione del mondo meccanicistica ha preso il sopravvento sulle visioni del mondo ecologiche e sui sistemi di conoscenza di comunità e gruppi diversi.
Il sapere tradizionale è stato falsamente identificato con la mancanza di analisi sistematica, di verifica, di evoluzione dinamica, di innovazione e ciò ha portato a identificarlo con la stagnazione e l’arretratezza. Sulla base di questo
pregiudizio, il sapere scientifico riduzionista ha progressivamente preso il posto del sapere tradizionale che era sopravvissuto per secoli come parte dei sistemi di conoscenza in evoluzione, che interagiscono intimamente con gli ecosistemi e che sono caratterizzati da un’elevata capacità di adattamento. Il riduzionismo ha portato a una superspecializzazione di discipline e organizzazioni, che trasferiscono poi il sapere frammentato al mondo della produzione. Questo modello crea gerarchie e opera una divisione tra persone normali ed esperti, tra diverse parti dei sistemi di conoscenza e di produzione e tra le stesse discipline.

L’imposizione della visione del mondo meccanicistica e del metodo riduzionista ha distrutto la capacità dei popoli indigeni di far evolvere continuamente il loro sapere tradizionale nel contesto di un mondo in continuo cambiamento.
In effetti i sistemi di conoscenza tradizionali si sono costantemente arricchiti attraverso l’interazione dinamica tra comunità e ambiente in cambiamento e per lungo tempo sono stati alla base di una co-evoluzione virtuosa dell’uomo e
della natura. Anche oggi, in molte parti del mondo, il sapere tradizionale è l’unico mezzo che i popoli indigeni hanno per affrontare le sfide della sopravvivenza.

In alcuni casi abbiamo già perso per sempre un tesoro di conoscenze materialmente racchiuso nella biodiversità e in varie tradizioni culturali. La diversità delle lingue è importante nel contesto della diversità delle culture umane. L’eliminazione della diversità linguistica ha impedito il mantenimento della trasmissione del sapere tradizionale da una generazione all’altra. Le lingue sono i veicoli della conoscenza. La loro scomparsa è la scomparsa dell’immaginazione.
3. Il controllo della scienza da parte delle grandi imprese e la commercializzazione del sapere attraverso brevetti
e altri diritti di proprietà intellettuale stanno minando la creazione della conoscenza stessa La rivoluzione industriale e l’utopia meccanicistica hanno imposto la loro visione di un mondo, secondo la quale il pianeta è un deposito di risorse illimitate da sfruttare attraverso la scienza e la tecnologia per creare ricchezza. Pienamente
compatibile con le direzioni prese dal capitalismo globale, l’utopia meccanicistica ha reso grandi servizi anche alle multinazionali. Da un lato ha dato loro l’accesso alle risorse mondiali; dall’altro ha creato un mondo della finanza fittizio, sempre più separato dai bisogni della società. Le grandi imprese capitalistiche hanno progressivamente preso il controllo delle risorse del pianeta, giustificando il loro operato con la capacità di creare ricchezza.
Attraverso l’introduzione dei diritti di proprietà intellettuale, istituiti inizialmente per premiare l’innovazione, lo sviluppo della conoscenza scientifica è stato sempre più privatizzato e commercializzato. Con l’alleanza tra le grandi imprese private e gli organismi di ricerca scientifica pubblici, il sapere è stato cooptato al servizio di interessi privati.
I diritti di proprietà intellettuale hanno anche legittimato il processo di appropriazione del sapere tradizionale da parte delle imprese private. Negando il valore scientifico del sapere tradizionale, essi ne permettono l’appropriazione
semplicemente codificandolo in un discorso scientifico moderno, poi brevettandolo come un’invenzione e impedendone alla fine l’uso da parte dei suoi stessi creatori e custodi. Ciò è quanto avvenuto, per esempio, con i
contadini che sono stati progressivamente espropriati della loro conoscenza sulle sementi e del loro diritto di conservare, migliorare e scambiare sementi.
B. PRINCIPI PER UN NUOVO MODELLO DI CONOSCENZA CHE GARANTISCA UN PIANETA VITALE
4. I nuovi modelli alimentari e agricoli dovrebbero imparare dalla scienza olistica della vita La sopravvivenza dell’uomo dipende dalla capacità della nostra specie di mantenere e preservare la plasticità della biosfera con tutti i suoi componenti interagenti, ivi compresa la specie umana. Poiché l’agricoltura è un sistema di produzione basato direttamente sulle risorse della biosfera – suolo, acqua e biodiversità – essa fornisce un buon esempio di non sostenibilità causata dal passaggio dal sapere tradizionale alla scienza tradizionale frammentata.
Il metodo riduzionista, nato con la scienza moderna allo scopo di semplificare lo studio dei sistemi naturali, ha portato a un enorme progresso in campo tecnologico, ma anche a una profonda frammentazione del sapere e a una mancanza di capacità di sintesi.
La costruzione di un mondo semplificato basato su singole versioni di pochi prodotti ottimali, sia viventi che non viventi, porta alla creazione di un’unica società omogenea con una sola cultura, una sola ideologia, una sola scienza, una sola tecnologia, un solo modello economico e produttivo. In altri termini significa distruggere gli strumenti e i processi che hanno consentito l’adattamento e la proliferazione dell’uomo in tutte le aree del pianeta. Implica inoltre la distruzione della diversità culturale e biologica.
La non sostenibilità dei sistemi alimentari e agricoli basati sulla scienza riduzionista ha creato l’esigenza di nuovi modelli basati su una scienza olistica, sia tradizionale che moderna.
In tutto il mondo i contadini stanno rivalutando il sapere tradizionale come fonte di innovazione, stanno seguendo proprie vie di sviluppo indipendenti in opposizione a quelle suggerite dai sistemi di conoscenza ufficiali e stanno costruendo sistemi di conoscenza paralleli, allineandosi con i segmenti non riduzionisti della ricerca scientifica. Allo stesso tempo, al cuore di queste stesse istituzioni scientifiche, stanno emergendo correnti di pensiero che sostengono la necessità di incorporare il sapere tradizionale nei sistemi di conoscenza moderni.
I successi dell’agricoltura biologica ed ecologica e della produzione basata su sistemi alimentari locali, nati all’esterno delle – e spesso malgrado le – forme convenzionali di produzione e distribuzione, stanno accelerando la rivalutazione del ruolo del sapere tradizionale in nuovi modelli alimentari e agricoli.
5. La diversità e il pluralismo dei sistemi di conoscenza sono vitali per l’evoluzione e l’adattamento, specialmente in tempi di crescente instabilità e grande imprevedibilità Tutti i sistemi viventi evolvono e quando cessano di evolvere muoiono. Ciò è vero sia per i sistemi naturali che per i sistemi culturali. Il sapere reale è un sistema vivente che cambia e si adatta alla realtà in cambiamento. L’uniformità priva i sistemi di meccanismi e potenzialità evolutivi. Oggi il presupposto semplicistico che la natura è “semplicemente meccanica” non è più valido. La diversità del sapere è necessaria per rafforzare i sistemi di conoscenza in modo da poter formulare le domande giuste e fornire le risposte alle enormi sfide del nostro tempo.
Il sapere tradizionale e il sapere delle comunità indigene, anche attraverso un’integrazione con una conoscenza scientifica in grado di riconoscere la propria parzialità di fronte a fenomeni complessi, sono in grado di aiutare l’umanità ad adattarsi e ad evolvere nei nostri tempi imprevedibili e instabili, grazie al loro intimo collegamento con la diversità biologica e culturale. La capacità di osservazione quotidiana dei contadini li rende scienziati sul campo, in grado di garantire la conservazione dell’habitat, del suolo e delle risorse idriche. In tutto il mondo il sapere contadino ha protetto e potenziato la biodiversità, garantendo al tempo stesso la sicurezza alimentare per le varie comunità. Nella maggior parte delle culture le attività delle donne sono state direttamente connesse con la vita e quindi con l’adattamento e con la sopravvivenza in contesti ambientali e umani in continuo cambiamento. Le generazioni più anziane sono quelle che mantengono viva la memoria delle conoscenze e delle esperienze, fornendo alla comunità l’humus su cui può basarsi l’evoluzione, l’innovazione e l’identità. I giovani stanno sfidando creativamente i modelli superati di oggi e colgono prontamente i punti critici del sistema. Il loro contributo ai processi multidirezionali dell’apprendimento e dell’insegnamento può aiutare ad arricchire le conoscenze umane e facilitare i processi di adattamento e di trasformazione.
Oggi molti scienziati, soprattutto quando riescono a non cedere alle lusinghe delle grandi imprese private, sanno bene che la soluzione riduzionista non è necessariamente la migliore. Ora che il modello dominante sta mostrando le sue inadeguatezze e i suoi fallimenti, dobbiamo necessariamente riconoscere la pluralità dei sistemi di conoscenza e le potenzialità della loro integrazione, essenziale per aumentare la nostra capacità di sopravvivenza come specie.

6. La sovranità delle comunità sulle conoscenze deve essere riconosciuta e le conoscenze devono essere usate, potenziate e condivise liberamente Tutti gli esseri umani sono soggetti in grado di conoscere, indipendentementeda classe sociale, razza, genere, religione, etnia o età. Tutte le comunità e culture sono creatrici di sapere. Le culture che sono sopravvissute nel tempo hanno costantemente evoluto i propri sistemi di conoscenza, che sono classificati come “sapere tradizionale”. Le strutture e istituzioni dominanti di produzione delle conoscenze nella società contemporanea hanno portato al dominio di “esperti”, escludendo il sapere popolare.
Il diritto delle comunità e delle culture di sviluppare e potenziare congiuntamente il proprio sapere, ponendo le domande di loro scelta e condividendo queste conoscenze liberamente con altri gruppi e reti, costituisce la loro sovranità sulle conoscenze. Il sapere dovrebbe circolare liberamente. La sovranità sulle
conoscenze non implica il diritto di rifiutare la loro libera circolazione. Essa include la piena partecipazione democratica dei cittadini alla nuova sintesi delle conoscenze basata sull’inclusione di sistemi di conoscenza esclusi.
Una nuova consapevolezza dell’importanza della diversità culturale e scientifica e la disponibilità di nuove tecnologie dell’informazione rendono necessaria una profonda trasformazione dei sistemi di conoscenza ufficiali, attualmente non democratici, tecnocratici e separati l’uno dall’altro.
I nuovi sistemi di conoscenza devono essere in grado di promuovere sostenibilità, equità e flessibilità mediante:
• sistemi di conoscenza che permettano a una pluralità di approcci e di forme di conoscenza di vivere fianco a fianco e integrarsi;
• apertura garantita, pari dignità di tutte le conoscenze e capacità degli agricoltori e delle comunità rurali locali di essere ascoltati;
• la distribuzione di risorse pubbliche e la regolamentazione della proprietà intellettuale, individuando chiaramente interessi pubblici e interessi privati, dando la priorità ai primi.
Proprio come la Sovranità Alimentare è emersa come il principio organizzativo della nostra sicurezza alimentare, basata sulla piena partecipazione, dove tutti hanno il diritto di decidere che cosa mangiare e il modo in cui produrlo, così anche la Sovranità sulle Conoscenze dovrà essere pienamente integrata in
strutture e istituzioni di creazione del sapere, nelle scelte tecnologiche e nelle scelte di produzione e consumo. La sovranità sulle conoscenze poggia sul dovere di condividere liberamente le conoscenze con altre comunità sovrane e di continuare la libera circolazione delle conoscenze.

INTRODUZIONE
Pensare in modo nuovo L’umanità è attanagliata da molteplici catastrofi: implosione finanziaria e
collasso economico, caos climatico e crisi energetica e alimentare. All’origine di queste molteplici crisi sta un modello di conoscenza basato su visioni del mondo frammentate, nonché su una separazione tra persone normali ed esperti, tra natura e conoscenza scientifica limitata, nonché fra economia reale ed economia finanziaria. Il sapere deve tornare a essere collegato alla realtà. Le visioni del mondo per il futuro devono essere più olistiche (“tutto è connesso a tutto”) e meno antropocentriche (“l’uomo è una parte della biosfera, non il padrone di essa”). Un sapere specialistico complicato, ottuso e opaco, sia nella sfera economica che nelle discipline scientifiche, non è la conoscenza di cui abbiamo
bisogno. Questa separazione del sapere specialistico dalla realtà e degli esperti dalle persone normali ha causato instabilità e insicurezza, che si riflettono nel collasso finanziario che stiamo vivendo e nell’attuale crisi alimentare. La democratizzazione delle conoscenze in ogni settore è divenuta di importanza
vitale. Questa democratizzazione esige sia la piena partecipazione democratica dei cittadini alla produzione delle conoscenze, sia la “risurrezione” dei saperi assoggettati, come il sapere tradizionale e indigeno e il sapere delle donne.
Cambiare i paradigmi del sapere è divenuto un imperativo. I nuovi modelli devono basarsi sulla consapevolezza che:
• tutti gli esseri umani sono soggetti in grado di conoscere e tutte le culture
hanno sistemi di conoscenza;
• tutto è collegato e quindi la conoscenza deve essere olistica;
• gli esseri umani sono parte della natura e non i suoi padroni;
• le attività umane devono contribuire alla conservazione della biosfera e della
natura vivente;
• deve essere applicato il Principio di Precauzione, allo scopo di evitare
mutamenti irreversibili – basati sulle tecnologie – all’ecosistema
e alla biosfera.
Sulla base di questa consapevolezza, i principi sotto descritti forniscono la
cornice per una transizione delle conoscenze e per una modificazione dei modelli
che permetta di trovare soluzioni reali e durature alle molteplici crisi che ci
troviamo a fronteggiare.

A. FALLIMENTI DEI SISTEMI DI CONOSCENZA DOMINANTI ATTUALI
Capitolo 1
LA MANCANZA DI UN SAPERE OLISTICO E UNA VISIONE DEL MONDO MECCANICISTICA STANNO ALLA BASE DELLE MOLTEPLICI CRISI CHE L’UMANITÀ SI TROVA AD AFFRONTARE
Come diceva Einstein, non possiamo risolvere i problemi con la stessa impostazione mentale che li ha generati. Consciamente o inconsciamente, nelle nostre menti il mondo è stato assimilato a un’enorme macchina, libera di essere migliorata e modificata dall’uomo. Proprio come le macchine vengono
montate manipolandone i componenti, abbiamo pensato che lo stesso potesse essere fatto con il mondo intero, vivente e non vivente. Ciò ha portato allo scardinamento di processi ecologici fragili, vitali per la sopravvivenza umana.
Si è presupposto che la conoscenza completa del tutto potesse essere ottenuta semplicemente attraverso la conoscenza delle sue singole parti.
Questo approccio, che ha dato luogo a una metodologia con scopi pratici, è stato elevato a teoria e addirittura a ideologia, tanto che la metafora “i sistemi naturali sono come macchine” si è progressivamente trasformata nell’affermazione “i sistemi naturali sono macchine”.
Ma noi non conosciamo affatto tutti i componenti della biosfera, al massimo solo la funzione di ciascuno di essi. Questa mancata conoscenza vale sia per i componenti viventi che per quelli non viventi. Anche se la biosfera si comportasse come una macchina, la nostra limitata conoscenza di tutte le sue
parti ci renderebbe impossibile conoscere gli esiti della modifica o addirittura dell’eliminazione di una qualsiasi di esse. Data la nostra ignoranza, dovremmo ridurre al minimo i nostri interventi sulla biosfera.
Inquinamento, degrado ed esaurimento delle nostre risorse naturali, uniti al cambiamento climatico globale, costituiscono un chiaro segnale di pericolo.
La sopravvivenza della specie umana dipende dalla sua capacità di mantenere la resilienza della biosfera e di sviluppare nuovi sistemi di conoscenza per aumentare la sua capacità d’adattamento al cambiamento. Il riduzionismo elevato da metodo a visione del mondo ha causato il collasso economico e le catastrofi climatiche che abbiamo di fronte. Questa visione del mondo ancora dominante è inadeguata a fornire soluzioni ai problemi da essa stessa creati, o a capire pienamente l’ordine di grandezza e l’entità di questi problemi. Spesso l’applicazione di questa visione del mondo scarica il peso dell’adattamento sui poveri e sui più vulnerabili. Il riduzionismo favorisce il gigantismo, la tutela del
potente e del grande, rendendo il piccolo e il diverso invisibili e vulnerabili.
Le molteplici crisi che l’umanità si trova ad affrontare sia nella sfera ecologica che in quella economica derivano dalla falsa percezione, radicata nel pensiero meccanicistico, che equipara la vita e altri sistemi dinamici a macchine che possono essere liberamente manipolate. La scienza è stata influenzata da
questo concetto, come esemplificato dal “Manifesto dei medici materialisti” pubblicato nel 1847, dove veniva affermata l’equivalenza tra sistemi viventi e macchine. Come nel caso delle macchine, gli esseri viventi venivano considerati un mero assemblaggio di componenti indipendenti. Ciò ha portato al metodo
riduzionista, basato sulla dissezione dei sistemi in parti separate, nell’ipotesi che la conoscenza delle parti fosse la conoscenza del tutto.
Anche se il riduzionismo ha avuto successo a livello metodologico nel promuovere la ricerca scientifica, si è dimostrato inadeguato nel comprendere i sistemi come un tutto, con la loro complessità e le loro interconnessioni.
La trasformazione di una efficace metodologia in ideologia ha portato la conoscenza umana a evolvere in direzioni inadeguate a fronteggiare i problemi attuali. Agire come se il mondo fosse una macchina porta a un mondo in cui i processi e i sistemi viventi sono minati e distrutti. I sistemi viventi evolvono
e si adattano al loro ambiente. Le macchine non si evolvono né si adattano.
Funzionano o si rompono. Ecco perché l’approccio meccanicistico è inadeguato a occuparsi del mondo vivente. A livello macroscopico, l’effetto di questo approccio è evidente nel cambiamento
climatico, che è il risultato di effetti esterni e “non intenzionali” della “meccanizzazione” della produzione, senza rispettare i limiti del nostro pianeta.
Lo stesso fallimento dell’utopia meccanicistica è evidente nell’aumento della fame e della povertà causato dalla promozione dell’agricoltura industriale e della rivoluzione verde, con annessa distruzione dell’agricoltura sostenibile locale su piccola scala. L’introduzione dell’ingegneria genetica sta aggravando il fallimento di questo approccio meccanicistico ai sistemi viventi.
Sfortunatamente la maggior parte di questi fallimenti sono ancora pubblicizzati e considerati come successi e la percezione e la concezione del mondo reale intorno a noi e nelle nostre vite stanno diventando sempre più vaghe. Noi agiamo come se non dovessimo mai fallire. Così continuiamo a procedere alla cieca su una strada che non ha futuro.
Anche il progresso materiale è stato svuotato della sua realtà. Non è più collegato alla produzione di merci e di beni materiali, ma è collegato semplicemente allo scambio di denaro. L’unico parametro usato per misurare il progresso umano è il PIL, cioè la circolazione monetaria. In effetti, prima del
collasso finanziario, l’economia finanziaria era 70 volte più grande dell’economia reale. Quindi attualmente solo una piccola percentuale della circolazione monetaria è coperta dallo scambio di merci.
Tutto questo sta riducendo la nostra capacità di riprenderci dalle attuali catastrofi economiche ed ecologiche, capacità che dovrebbe basarsi sulla continua innovazione di modelli di produzione e di consumo basati su modalità reciprocamente compatibili, che vengano incontro ai bisogni dell’umanità senza distruggere il pianeta. Mentre tecnologie “nuove” come l’ingegneria genetica aderiscono ancora al pensiero meccanicistico ormai superato, le scienze della vita fondamentali le stanno sfidando sulla base della “rivoluzione biologica” del terzo millennio. Negli ultimi due decenni le nuove ricerche in campo biologico contraddicono apertamente la visione del mondo meccanicistica.
In particolare, oggi nella comunità scientifica vi è un’accettazione generale dei seguenti principi:
• i sistemi viventi e non viventi sono tutti dinamicamente interconnessi e la conseguenza è che un qualsiasi cambiamento in un solo elemento conduce necessariamente a mutamenti non completamente prevedibili in altre parti della rete;
• la variabilità è la base del cambiamento e dell’adattamento, mentre la sua assenza conduce inevitabilmente alla morte;
• i sistemi viventi modificano attivamente l’ambiente e sono reciprocamente modificati da esso;
• mentre l’evoluzione dei batteri si basa sulla variabilità genetica, gli organismi superiori si affidano alla plasticità – la nostra specie “ha inventato” una nuova strategia di adattamento, cioè il cambiamento attivo degli ambienti con un’interazione virtuosa. Ciò ha portato a una variabilità genetica molto bassa nella nostra specie rispetto alle altre. Tuttavia la nostra strategia di adattamento consiste nel far evolvere le diversità culturali, comprendenti sistemi di conoscenza diversi e linguaggi diversi, ciascuno adattato ad
ambienti specifici.
Oggi noi stiamo simultaneamente distruggendo sia la nostra biodiversità e la variabilità genetica delle nostre colture, sia la diversità culturale delle nostre lingue e dei nostri sistemi di conoscenza, perdendo così risorse preziose necessarie per l’adattamento e la ripresa dalle catastrofi attuali.

Capitolo 2
L’ESCLUSIONE DEL SAPERE TRADIZIONALE E DELLE CULTURE INDIGENE HA RISTRETTO LA BASE DI CONOSCENZE DI CUI L’UMANITÀ HA BISOGNO PER AFFRONTARE UNA CRISI DALLE MOLTEPLICI DIMENSIONI
La crescente tendenza a escludere il sapere delle comunità indigene, delle donne, dei contadini, degli anziani e i punti di vista dei giovani sta impoverendo intellettualmente l’umanità rendendola più vulnerabile a minacce di vario tipo.
La visione del mondo meccanicistica ha preso il sopravvento sulle visioni del mondo ecologiche e sui sistemi di conoscenza di comunità e gruppi diversi. Il sapere tradizionale è stato falsamente identificato con la mancanza di analisi sistematica, di verifica, di evoluzione dinamica e di innovazione e ciò ha
portato a identificarlo con la stagnazione e l’arretratezza. Sulla base di questo pregiudizio, il sapere scientifico riduzionista ha progressivamente preso il posto del sapere tradizionale che era sopravvissuto per secoli come parte dei sistemi di conoscenza in evoluzione, che interagiscono intimamente con gli ecosistemi e che sono caratterizzati da un’elevata capacità di adattamento. Il riduzionismo
ha portato a una superspecializzazione di discipline e organizzazioni, che trasferiscono poi il sapere frammentato al mondo della produzione. Questo modello crea gerarchie e opera una divisione tra persone normali ed esperti, tra diverse parti dei sistemi di conoscenza e di produzione e tra le stesse discipline.
L’imposizione della visione del mondo meccanicistica e del metodo riduzionista ha distrutto la capacità dei popoli indigeni di far evolvere continuamente il loro sapere tradizionale nel contesto di un mondo in continuo cambiamento.
In effetti i sistemi di conoscenza tradizionali si sono costantemente arricchiti attraverso l’interazione dinamica tra comunità e ambiente in cambiamento e per lungo tempo sono stati alla base di una co-evoluzione virtuosa dell’uomo e della natura. Anche oggi, in molte parti del mondo, il sapere tradizionale è l’unico mezzo che i popoli indigeni hanno per affrontare le sfide della sopravvivenza.
In alcuni casi abbiamo già perso per sempre un tesoro di conoscenze materialmente racchiuso nella biodiversità e in varie tradizioni culturali. La diversità delle lingue è importante nel contesto della diversità delle culture umane. L’eliminazione della diversità linguistica ha impedito il mantenimento
della trasmissione del sapere tradizionale da una generazione all’altra. Le lingue sono i veicoli della conoscenza. La loro scomparsa è la scomparsa dell’immaginazione.
Il riduzionismo non si limita a ridurre meccanicamente i sistemi alle loro parti, ma riduce anche il paesaggio della conoscenza. I criteri riduzionisti hanno impedito ai sistemi e alle modalità di conoscenza olistici di essere considerati sistemi di conoscenza: quindi il sapere tradizionale, collaudato dal tempo, capace di fornire modalità affidabili per vivere in modo sostenibile sul pianeta, non è più considerato conoscenza. È venuto ora il momento di far risorgere questi sistemi di conoscenza assoggettati e di costruire una scienza olistica della vita. La nascita di una filosofia meccanicistica si è basata sulla distruzione dei concetti di un pianeta autorigenerativo e autoorganizzativo che nutriva e sosteneva tutta la vita. Questa trasformazione della natura da madre vivente e nutrice a materia inerte, morta e
manipolabile era particolarmente idonea allo sfruttamento della natura.
Il riduzionismo è uno strumento di centralizzazione e concentrazione dei sistemi economici e politici che ha fatto emergere pochi grandi attori: grandi banche, grandi multinazionali, grandi poteri politici e grandi centri di ricerca. Sono state così create oligarchie in ogni settore e ciò ha portato all’instabilità, come testimonia lo scoppio della bolla finanziaria.
Le stesse tendenze riduzioniste e gli stessi modelli meccanicistici che hanno promosso la concentrazione dei sistemi economici politici e che sono all’origine delle catastrofi planetarie vengono ora offerti come soluzioni agli stessi problemi da loro creati.
Applicato all’agricoltura e all’alimentazione – attività che milioni di persone portano avanti da ben prima della creazione delle moderne istituzioni scientifiche – questo modello ha progressivamente emarginato il sapere tradizionale e tutti coloro che detengono tale sapere, cioè le donne, i contadini e i vecchi, impedendo loro di produrre nuove conoscenze per rispondere ai cambiamenti avvenuti nei loro bisogni nel loro ambiente. Vi è un’urgente necessità di passare ad altri modelli e modalità di conoscenza. Dobbiamo ampliare la nostra base di conoscenze recependo la piena diversità delle prospettive e la pluralità degli approcci per rispondere alle enormi sfide che l’umanità si trova ad affrontare.
La scienza riduzionista applicata all’agricoltura ha invertito il processo di miglioramento delle sementi. Mentre nel sapere tradizionale le sementi si adattano a un ambiente che cambia, nella scienza riduzionista le sementi vengono create in laboratorio e poi l’ambiente viene modificato per adattarsi
alle sementi stesse. Ora che il mutamento climatico sta creando condizioni ambientali imprevedibili, gli stessi esperti rivendicano a torto un ruolo esclusivo per l’adattamento e continuano a negare il contributo e le potenzialità del sapere contadino e del sapere tradizionale per innovare e adeguarsi a un
ambiente in continuo cambiamento.
Ciò che è avvenuto nel settore del miglioramento genetico delle piante è solo un esempio di un progressivo declino in molti altri settori della ricerca agricola e, di conseguenza, nella diversità alimentare. La riduzione della biodiversità è stata drastica nelle agricolture del Nord e del Sud e rappresenta una grave minaccia per la sicurezza alimentare.
Il riduzionismo ha modificato la natura della conoscenza e la natura degli
alimenti. Il cibo è strettamente legato ai processi metabolici, che sono l’essenza
stessa della vita biologica. Capire i fondamentali del cibo significa capire i
fondamentali della vita. Mentre la comprensione scientifica della vita in termini
di metabolismo intrinseco e di dimensioni ecologiche ha meno di cento anni,
la scienza e l’arte di produrre e preparare cibo fa parte del sapere dell’umanità
maturato nel corso di millenni.
Nel regno umano, il cibo non ha solo una dimensione biologica e una
dimensione ecologica, ha anche una dimensione culturale. Di fatto, nel suo
significato originario, il termine inglese “culture” si riferiva alla coltivazione delle
piante e all’allevamento degli animali. Da lì si è esteso metaforicamente alla
coltivazione della mente umana, prima di acquisire il significato di modo di vita
distintivo di una data popolazione. E il significato biologico originario di “cultura”
come coltivazione è ancora presente nel termine inglese “agriculture”.
Privilegiare il riduzionismo non è né naturale né inevitabile. Esso si basa
sull’assoggettamento della natura. Secondo Francis Bacon “La natura delle cose
si manifesta più facilmente nei tormenti dell’arte che nella sua naturale libertà.
La disciplina della conoscenza scientifica e le invenzioni meccaniche che essa
porta a realizzare non esercitano una guida discreta sul corso della natura; hanno
il potere di conquistarla e sottometterla, di scuoterla sino alle fondamenta”. Il
connubio tra conoscenza e potere economico è stato una fonte per sottomettere
contemporaneamente le donne e le culture indigene. La nascita della filosofia
meccanicistica non ha solo sottomesso la natura, ha anche sottomesso le
culture indigene e i loro sistemi di conoscenza. Robert Boyle, il famoso scienziato
che fu anche a capo della New England Company, vide la nascita della filosofia
meccanicistica come uno strumento di potere non solo sulla natura, ma anche
sui nativi d’America. Egli dichiarò esplicitamente la sua intenzione di sradicare
dagli indiani del New England le loro ridicole credenze sull’operato della natura.
Egli attaccò la loro percezione della sacralità della natura, argomentando che
“la venerazione da loro manifestata verso ciò che chiamano natura è stato un
ostacolo scoraggiante all’imperio dell’uomo sulle creature inferiori di Dio”.
I meccanismi di mercato hanno progressivamente sostituito attività svolte nelle
fattorie o all’interno della comunità rurale con beni, servizi e tecnologie prodotti
esternamente. Le tecniche contadine e le conoscenze in esse incorporate sono
state progressivamente delegittimate e sono stati attuati enormi progetti di
“trasferimento delle conoscenze” per sostituire le tecniche tradizionali con la
cosiddetta “sound science” (letteralmente “solida evidenza scientifica”; è la
scienza delle multinazionali contrapposta alla “junk science”, la scienza degli
ecologisti, dei difensori dell’ambiente in senso lato) e con tecniche su base
industriale.
Le politiche pubbliche hanno continuato a sostenere questo processo di
distruzione e di esclusione dei diversi sistemi di conoscenza. Nell’allocazione
dei budget della ricerca pubblica, la maggior parte dei settori della conoscenza
che sono vitali per la nostra futura sopravvivenza non hanno ottenuto alcun
sostegno e la quota maggiore di tali budget è stata destinata a opzioni non
verificate e non auspicate, come le biotecnologie o le applicazioni militari. Tale
esclusione dei sistemi di conoscenza e delle priorità umane ci sta rendendo più
vulnerabili di fronte alle crisi.
Come integrare il sapere tradizionale
Il sapere tradizionale delle culture indigene viene sempre più riconosciuto
come vitale per il rinnovamento ecologico del pianeta. Specialmente nel
caso dell’agricoltura, i sistemi di conoscenza tradizionali stanno fornendo
ricchi contributi nel passaggio alla sostenibilità. L’uso della biodiversità nelle
coltivazioni miste e nelle rotazioni è un esempio di come possiamo imparare
dalla tradizione. La rinascita della medicina olistica cinese, indiana e di altri
sistemi è un altro esempio di come il modello riduzionista meccanicistico stia
cedendo il passo a sistemi di conoscenza olistici.
L’emergere dell’agroecologia come la nuova scienza dell’agricoltura sostenibile è
il risultato della combinazione tra sapere agricolo tradizionale e conoscenza delle
interconnessioni a livello di sistema.
Alla Conferenza delle Nazioni Unite sull’ambiente e sullo sviluppo del 1992
venne fatto un chiaro riferimento al sapere tradizionale nella Dichiarazione di
Rio e nell’Agenda 21. L’articolo 8(j) della Convenzione sulla diversità biologica
si occupa delle “conoscenze, innovazioni e pratiche delle comunità indigene e
locali”, mentre uno dei comitati intergovernativi dell’Organizzazione mondiale
della proprietà intellettuale si occupa di “proprietà intellettuale e risorse
genetiche, sapere tradizionale e folclore”.
All’articolo 2, punto 3, la Convenzione dell’UNESCO sulla tutela e sulla
promozione della diversità delle espressioni culturali (2005) afferma il principio
della pari dignità e del rispetto per tutte le culture: “La tutela e la promozione
della diversità delle espressioni culturali presuppone il riconoscimento della
pari dignità e del rispetto di tutte le culture, comprese quelle delle persone
appartenenti alle minoranze e dei popoli indigeni”.
Il Trattato internazionale sulle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e
l’agricoltura della FAO (articolo 9 sui diritti degli agricoltori) dichiara che: “Le parti
contraenti riconoscono l’enorme contributo che le comunità locali e indigene e
gli agricoltori di tutte le regioni del mondo, particolarmente quelli nei centri di
origine e di diversità delle piante coltivate, hanno dato e continueranno a dare
per la conservazione e lo sviluppo delle risorse fitogenetiche che costituiscono
la base della produzione alimentare e agricola in tutto il mondo” e conviene poi
che i governi nazionali dovrebbero adottare misure per proteggere e promuovere
i Diritti degli Agricoltori, come “la tutela del sapere tradizionale”, “il diritto a
partecipare equamente alla condivisione dei benefici derivanti dall’utilizzazione
delle risorse fitogenetiche per l’alimentazione e l’agricoltura” e “il diritto di
partecipare all’assunzione di decisioni a livello nazionale”.
I Registri comunitari della biodiversità Community Biodiversity Registers (CBRs)
stanno documentando il sapere tradizionale detenuto dagli anziani, aiutando
così la trasmissione di questo sapere alle future generazioni. I CBR agiscono
anche come strumenti per ottenere il riconoscimento ufficiale dei diritti
comunitari alla biodiversità e come mezzi per contrastare la biopirateria.
I movimenti a favore delle banche dei semi comunitarie e della salvaguardia
delle sementi originarie non solo proteggono la biodiversità, ma tutelano anche
le conoscenze e la diversità culturale che le sementi portano in sé.
Un po’ in tutto il mondo, iniziative partecipative relative al miglioramento delle
piante associano il sapere dei contadini alla scienza degli scienziati, allargando la
base di fornitura delle sementi e la loro sicurezza. Le sementi migliorate a livello
comunitario attraverso metodi partecipativi, in collaborazione con i ricercatori,
si sono dimostrate più adatte alle condizioni locali e al cambiamento climatico.
Vengono organizzate fiere sulla biodiversità e sulle sementi, che riuniscono
agricoltori provenienti da varie comunità e da vari Paesi e permettono lo
scambio di conoscenze, sementi, esperienze e aspettative.

Capitolo 3
IL CONTROLLO DELLA SCIENZA DA PARTE DELLE GRANDI IMPRESE
E LA COMMERCIALIZZAZIONE DEL SAPERE ATTRAVERSO BREVETTI
E ALTRI DIRITTI DI PROPRIETÀ INTELLETTUALE STANNO MINANDO
LA CREAZIONE DELLA CONOSCENZA STESSA
La rivoluzione industriale e l’utopia meccanicistica hanno imposto la loro
visione di un mondo, secondo la quale il pianeta è un deposito di risorse
illimitate da sfruttare attraverso la scienza e la tecnologia per creare ricchezza.
Pienamente compatibile con le direzioni prese dal capitalismo globale, l’utopia
meccanicistica ha reso grandi servizi anche alle multinazionali. Da un lato ha
dato loro l’accesso alle risorse mondiali; dall’altro ha creato un mondo della
finanza fittizio, sempre più separato dai bisogni della società. Le grandi imprese
capitalistiche hanno progressivamente preso il controllo delle risorse del
pianeta, giustificando il loro operato con la capacità di creare ricchezza.
Attraverso l’introduzione dei diritti di proprietà intellettuale, istituiti
inizialmente per premiare l’innovazione, lo sviluppo della conoscenza scientifica
è stato sempre più privatizzato e commercializzato. Con l’alleanza tra le grandi
imprese private e gli organismi di ricerca scientifica pubblici, il sapere è stato
cooptato al servizio di interessi privati.
I diritti di proprietà intellettuale hanno anche legittimato il processo di
appropriazione del sapere tradizionale da parte delle imprese private. Negando
il valore scientifico del sapere tradizionale, essi ne permettono l’appropriazione
semplicemente codificandolo in un discorso scientifico moderno, poi
brevettandolo come un’invenzione e impedendone alla fine l’uso da parte
dei suoi stessi creatori e custodi. Ciò è quanto avvenuto, per esempio, con i
contadini che sono stati progressivamente espropriati della loro conoscenza
sulle sementi e del loro diritto di conservare, migliorare e scambiare sementi.
Come modalità dominante di lettura della realtà il riduzionismo si è rivelato, per
gli interessi commerciali, uno strumento perfetto per appropriarsi e mercificare
ogni dimensione della natura e della vita umana.
Il connubio tra sapere e potere che sta attualmente avvenendo tramiti brevetti e
altre rivendicazioni di proprietà intellettuale sul sapere stesso sta trasformando
la proprietà comune della conoscenza in proprietà privata della conoscenza.
Ogniqualvolta i brevetti sono stati associati alla ricerca scientifica, il risultato è
stato il rinchiudersi della comunicazione all’interno della comunità scientifica.
Riflettendo sul venir meno dell’apertura scientifica, nel suo libro Biotechnology:
the University Industrial Complex (1993) Martin Kenney osserva che “il timore
che qualcuno ci rubi un’idea o che il nostro lavoro venga trasformato in merce
può indurre al silenzio anche tra colleghi. Vedere una cosa prodotta da noi
trasformarsi in un prodotto venduto da qualcuno sul quale non abbiamo
controllo può darci la sensazione di essere stati violati nella nostra intimità.
La fatica dell’“amore” si trasforma in una semplice merce – il lavoro ora è un
articolo che viene scambiato sulla base del suo prezzo di mercato. Il denaro
diviene l’arbitro del valore dello sviluppo scientifico”.
Riducendo la conoscenza a “sapere in cambio di denaro”, sia la scienza fondamentale che il sapere tradizionale vengono considerati sempre meno utili. Lo scopo non è più una migliore comprensione della natura o dei bisogni
dell’uomo, ma la produzione di beni e l’aumento dei profitti delle imprese attraverso il commercio e i diritti di proprietà intellettuale. Oggi tutto può essere brevettato, dai prodotti industriali concreti ai processi
applicati a oggetti viventi e non viventi. Questi comprendono prodotti della mente come algoritmi per l’informatica, software generale, metodi e processi finanziari come le tecniche per la dichiarazione dei redditi. Ciò sta necessariamente ostacolando il progresso della scienza, perché limita l’accesso alle conoscenze brevettate o impedisce l’adattamento dell’uomo tramite la conoscenza.
I prodotti geneticamente modificati hanno aperto la strada all’applicazione di brevetti globali sugli esseri viventi, conferendo alle grandi imprese la proprietà di tale forma di vita, materiale o processo “contenente l’invenzione”. Gli OGM, oggi coltivati su milioni di ettari, sono un perfetto esempio della privatizzazione e della commercializzazione della conoscenza scientifica, con un pugno di grandi multinazionali che detiene il controllo su questi prodotti e sui mercati di tutto il mondo. Suscitano particolare preoccupazione gli strumenti costituiti dai diritti di proprietà intellettuale, che vietano la conservazione, lo scambio, la vendita delle sementi e l’accesso ai materiali di proprietà esclusiva necessari alla comunità dei ricercatori indipendenti per condurre analisi e ricerche a lungo termine
sui rischi e sulla sicurezza. Soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, gli OGM e i brevetti a essi collegati hanno fatto aumentare i costi. I brevetti agricoli limitano la sperimentazione da parte del singolo agricoltore o del ricercatore pubblico e potenzialmente minano le pratiche locali che contribuiscono alla sicurezza alimentare e alla sostenibilità economica.
I brevetti, inoltre, vietano l’accesso della società a prodotti essenziali della conoscenza come sementi e farmaci, creando monopoli e incoraggiando la biopirateria tramite la loro appropriazione e brevettazione da parte di interessi
societari e commerciali. Così alle comunità che sviluppano le proprie conoscenze è ora impedito l’accesso a ciò che esse stesse hanno creato collettivamente e comunitariamente. Ciò è vero soprattutto nei settori agricolo e farmaceutico.
Vengono distrutte le pratiche agricole tradizionali e la medicina tradizionale.
Come conseguenza di tutto questo, la conoscenza sta perdendo il suo valore di guida per l’adattamento a un mondo in costante evoluzione, un ruolo particolarmente importante in un periodo di instabilità mondiale.
È venuto il momento di fermare questa sempre crescente commercializzazione e mercificazione del sapere e di difendere le conoscenze come bene pubblico al quale tutti hanno accesso. È evidente che l’appropriazione del sapere
tradizionale tramite i brevetti deve cessare. A questo scopo la revisione del TRIPS sui diritti di proprietà intellettuale legati al commercio, ancora incompleto, da parte dell’Organizzazione mondiale del commercio (OMC) dovrà essere
completato come deciso. Fin dall’entrata in vigore dell’OMC questi cambiamenti hanno costituito un imperativo etico. Oggi queste modifiche delle normative internazionali allo scopo di permettere nuovamente la libera circolazione delle
conoscenze e l’uso della loro variabilità, sono divenuti imperativi per adeguarsi ai mutamenti planetari sempre più rapidi.

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