c Oil for nothing - 25/11/2007 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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APRE IL SITO DI PROGETTO GAIA
[Data: 25/11/2007]
[Categorie: Equità ]
[Fonte: Peacereporter]
[Autore: Veronica Fernandes]
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Oil for nothing
Stati Uniti - 21.11.2007
L'oleodotto Ciad-Camerun e le promesse mancate della Banca Mondiale e di ExxonMobil

“Definire l’oleodotto Ciad-Camerun un progetto per lo sviluppo é stato un errore”, ha detto Ron Royal, presidente di Esso Ciad durante la visita di un gruppo di parlamentari tedeschi. “E noi cosa dovremmo dire, allora?” si chiede Durrell Halleson, avvocato di Yaoundé e membro del Ced (Centre pour l’environement et le developpement), che combatte per ottenere dalla Banca Mondiale gli indennizzi che aveva promesso. “Sono venuto negli Usa per questo, per raccontare alle università cosa sta succedendo nei nostri Paesi: l’economia non ha visto nessun miglioramento, ci hanno confiscato terre agricole senza risarcimenti, la foresta pluviale é attraversata dall’oleodotto e per i Baka, i Bagyeli e i Bakol, diverse tribù di pigmei, é diventato pericoloso viverci.

Il progettoIl progetto e le promesse. “Garantiamo che i profitti petroliferi serviranno a ridurre la povertà in Ciad e che la popolazione e l’ambiente vengano rispettati”, si legge nella dichiarazione d’intenti della Banca Mondiale. “In realtà – ricorda Halleson – la compagnia leader del progetto, la ExxonMobil, lo aveva chiesto come precondizione perché i nostri governi erano instabili. Gli stessi a cui ha affidato la gestione dei programmi di protezione del territorio e della nostra gente”. Un progetto da 4.2 miliardi di dollari, il più grande in tutta l’Africa: 1.050 km di oleodotto per collegare i giacimenti ciadiani di Doba al porto di Kibri, in Camerun. A pieno regime un colosso da 225.000 barili al giorno, che ha fatto scomparire 98 villaggi lungo il suo percorso. Il giorno in cui i delegati di ExxonMobil, Shell, Petrobras e i governi di N’Djamena e Yaoundé hanno dato il via ai lavori, il Ciad ha dichiarato il lutto nazionale. “Il profitto annuo di ExxonMobil é pari a 40 volte il Pil del Ciad e avevamo già visto l’operato di Shell nel delta del Niger: un ecosistema distrutto, per non citare il resto”.

Ad ogni modo Idriss Deby, presidente del Ciad, ha comunicato che l’80 percento dei proventi del petrolio sarebbe servito per ridurre la povertà (microcredito, avvio di nuove attività, macchinari agricoli, scuole, ospedali, costruzione di un rete elettrica), il 5 affidato alle regioni produttrici di petrolio e il 10 percento versato nel Future Generation Account, una garanzia dato che l’oleodotto funzionerà solo per i prossimi 25-30 anni.


Un tratto dell'oleodottoI danni all’economia. Solo nel 2001 il governo di N’Djamena intascato 25 milioni di petrodollari, nel 2006, grazie a un ricatto alla Banca Mondiale, Deby cancella il conto per le generazioni future e si appropria di altri 36 milioni. Nel frattempo arma le sue milizie e vince le elezioni. I progetti di analisi dell’impatto dell’oleodotto, affidati ai governi nazionali e finanziati da Exxon, non partono. “L’unica cosa da fare é stata un viaggio lungo tutto l’oleodotto per vedere cosa era successo nei villaggi”, contunua Halleson. “Otto milioni di risarcimenti, ci aveva promesso la Banca Mondiale”. In molti villaggi hanno chiesto una rete elettrica e si sono ritrovati uno stadio o un centro di aggregazione. “I contadini che avevano terre che ostacolavano l’oledotto hanno ricevuto 400.000 franchi in contanti (circa 900 dollari), per un Paese dove si vive con meno di 2 dollari al giorno é la rovina. Li hanno spesi subito, nessuno gli ha parlato di reinvestimento. Nessun progetto per aiutare ad avviare una nuova attività I piani di microcredito sono stati soppressi: mancanza di fondi. Nessuna possibilità di acquistare altre terre, tanto che le esportazioni di cacao e caffé, di cui eravano leader, sono crollate”. Tutti questi soldi hanno aumentato la prosituzione, e l’hiv. “E cos’ha fatto la Esso? Ha organizzato uno spettacolo teatrale per raccontare i problemi dell’Aids e distribuito brochure ai pigmei. Forse non si sono accorti che non sanno leggere”. Ancora: durante la costruzione dell’oleodotto sono arrivati 35.000 lavoratori, ora per mantenerlo ne servono 500. La violenza e il crimine, nell’area di Doba, é alle stelle, e i discoccupati e i contadini a cui hanno confiscato le terre non sanno come trovare un nuovo impiego.


Vignetta satiricaI danni ambientali. I flussi migratori interni stanno cambiando le nostre tradizioni, l’affluenza nelle città é enorme e le popolazioni nomadi non possono più seguire il loro percorso. “Il Camerun ha cambiato volto, in peggio. Un tratto della foresta pluviale é stato distrutto. Exxon ha avviato un piano per sensibilizzare i pigmei, che si é risolto dell’educarli a stare lontani dall’oleodotto nella distruzibuzione di riso e sale. Dei villaggi che lo costeggiano, solo il 10 percento ha una rete idrica, gli altri di affidano alle sorgenti, ora inquinate”. Malaria, malattie della pelle sono all’ordine del giorno. Tutto intorno c’é polvere, e la Banca Mondiale aveva promesso strade asfaltate. “In certi momenti non si vede nulla”, spiega Halleson. Lo smaltimento dei rifiuti tossici é un mistero, gli incendi e le perdite non si contano. Né in Ciad né in Camerun é chiaro di chi sia la respondsbilità della gestione degli indennizzi delle perdite. Quasi tutta la costa di Kribi ha il divieto di pesca, ad eccezione di alcune vasche “dove entrano pochi pesci, ma questo permette di non pagare nessun risarcimento, perché il divieto non é totale”. Il Ced ha monitorato il territorio e richiesto a ExxonMobil, alla Banca Mondiale e alle agenzie governative locali di avviare progetti specifici, concordati con la popolazione, per arginare I danni dell’oleodotto. L’aveva detto anche Deby: “Non possiamo mangiare petrolio”, ma la Banca Mondiale non vuole intervenire perché ha chiuso il suo rapporto finale. Giudizio: satisfactory, soddisfacente.

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