c Meno carne, ambiente migliore, più salute - 20/05/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 20/05/2010]
[Categorie: Alimentazione ]
[Fonte: Decrescita felice]
[Autore: Gabriele Porrati]
MDF Pavia - Progetto Cambiamo
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Meno carne, ambiente migliore, più salute

La filiera della zootecnia è il settore di maggior produzione di gas serra, il primo consumatore di suolo, il principale responsabile della deforestazione ed una delle più importanti cause di inquinamento dell’acqua. Un consumo di carne eccessivo mette a rischio la salute umana: aumenta la probabilità di tumori e di malattie cardiovascolari.

* Consumi in aumento
Negli ultimi 50 anni il consumo mondiale di carne pro capite è raddoppiato. La media mondiale è oggi di 40 chili di carne l’anno per ogni abitante, che spaziano dai 5 consumati da un indiano, ai 122 divorati da un americano. Gli italiani ne consumano 90 all’anno, il triplo di quello che mangiavano nel 1960.
Se si continua così, con i paesi in via di sviluppo che seguono la strada tracciata dagli «occidentali», gli eccessi trasformeranno l’umanità in un consesso di obesi e di malati, il clima verrà stravolto e, data la bassissima resa di questo alimento, non ci sarà abbastanza terra per sfamarci tutti.
Lo scorso 3 Aprile l’UBA, l’agenzia governativa tedesca per l’ambiente, ha invitato i cittadini a ridurre i consumi di carne: possibilmente soltanto la domenica e alle feste comandate, onde salvaguardare la salute propria e quella dell’ambiente

* Gli allevamenti intensivi e l’ambiente
Sul Pianeta, a rotazione, vivono stabilmente 1 miliardo e 383 milioni di bovini che, da soli, costituiscono il 20% dell’intera biomassa terrestre. Il 30% delle terre emerse è destinato in maniera diretta o indiretta alla filiera animale, che consuma il 78% del suolo dedicato all’agricoltura.

ALLEVAMENTI E DEFORESTAZIONE. La produzione di mangimi per animali ed il pascolo sono la prima causa di deforestazione. Ad essere più colpita è la foresta amazzonica, cuore della biodiversità terrestre, dove ogni due ore spariscono definitivamente 1.000 ettari di alberi, che per la caratteristiche del suolo ci metteranno da 200 a 1.000 anni per poter ricrescere di nuovo. Il 70% della foresta amazzonica ormai scomparsa è destinato ad usi collegati alla zootecnia.

CONSUMO DI ACQUA. La terra non è l’unica risorsa che gli allevamenti intensivi depredano: consumano anche quantità enormi di acqua. Basti pensare che per produrre un chilo di carne rossa occorrono 15.500 litri di acqua (media mondiale), che in Italia diventano 21.100. Per fare un paragone si pensi che una famiglia media occidentale, adottando ogni possibile accorgimento, può risparmiare con molta fatica 10.000 litri di acqua domestica al mese.
Gli allevamenti sono anche la maggiore sorgente di inquinanti che vengono disciolti nell’acqua. Per esempio, a livello mondiale sono responsabili del 64% dell’ammoniaca, che contribuisce significativamente al fenomeno delle piogge acide.

PRODUZIONE DI GAS SERRA. Secondo i dati FAO del 2006, la somma dei contributi di anidride carbonica, metano e ossido di azoto, porta il settore zootecnico al secondo posto (18%) dopo l’energia (21%) e davanti ai trasporti (14%) nella classifica dei comparti che producono gas serra. Successivamente, secondo l’interpretazione del World Watch Institute del 2009 che ha corretto il calcolo di alcuni elementi sottostimati e ne ha aggiunti dei nuovi, il settore della zootecnia ha superato anche quello energetico portandosi al primo posto (43-51% del totale dei gas serra).

BILANCIO IN PERDITA. Infine, bisogna considerare che gli animali sono «macchine» in grado di convertire alimenti vegetali in proteine animali con un’efficienza molto bassa: circa il 10% di resa. A parità di territorio coltivato, è sufficiente introdurre nella dieta un solo 25% di prodotti di derivazione animale per dimezzare il numero di persone che si possono sfamare.

* Carne e salute umana
Nei paesi industrializzati un’alimentazione iperproteica, che ha scalzato frutta e verdure dalla dieta quotidiana, è responsabile di una serie di danni gravi alla salute di grandi e piccini:
- aumento dell’obesità
- incremento del rischio di tumore (soprattutto dell’intestino)
- impennata delle malattie cardiovascolari.
Non ultimo, negli allevamenti intensivi le condizioni di vita degli animali sono talmente innaturali da costringere gli allevatori alla somministrazione continua di farmaci antibiotici che vengono poi emessi con le deiezioni animali, andando a inquinare le falde acquifere dalle quali si preleva l’acqua che beviamo. L’ingestione indiretta di queste sostanze indebolisce il nostro sistema immunitario.

* Una questione culturale
India e Cina hanno una popolazione numericamente simile. Nel 1960 si registrava per entrambe un consumo pro capite di 5 chili di carne l’anno ma, mentre la prima ha mantenuto inalterato questo consumo, la seconda negli ultimi 50 anni lo ha decuplicato. Segno che il modo di alimentarsi è una scelta che ha forti basi culturali e non è dettata da necessità fisiologiche.

* Un po’ di etica
Dal Rapporto Brambell del 1965 commissionato a suo tempo dal governo britannico sono scaturite le «5 libertà animali» per la tutela di base del benessere animale.
Si tratta di affermazioni che sanciscono diritti elementari che parrebbero ovvi a chiunque, ma che nella realtà dei fatti vengono sistematicamente violati. Negli allevamenti infatti l’animale viene visto come una merce e non come un essere vivente, i criteri secondo i quali viene deciso il cibo da somministrare, lo spazio vitale, l’illuminazione, rispondono solo a una logica economica che nell’ottica di massimizzare il profitto ignora completamente l’elemento sofferenza. Lo stress e lo strazio ai quali gli animali sono sottoposti si può paragonare solo alle situazioni tragiche vissute dagli esseri umani deportati nei campi di concentramento.
Il nostro modello commerciale, poi, provvede a rimuovere queste atrocità: i consumatori vedono alla televisione pubblicità rassicuranti e trovano la merce allineata in bella vista sugli scaffali dei supermercati, ignorando completamente quelle parti «scomode» che porterebbero qualsiasi persona, anche non dotata di una particolare sensibilità animalista, a porsi delle domande sulla legittimità etica del nostro agire.

Di tutto questo si parlerà nel Convegno “Gli impatti ambientali dell’alimentazione carnea” organizzato il 22 Maggio a Pavia, Aula del ‘400 dal Progetto Cambiamo, nel contesto della Campagna “Meno carne, ambiente migliore, più salute” finalizzata all’informazione e sensibilizzazione per una riduzione dei consumi di carne. Informazioni sul sito web di Cambiamo, dove associazioni e persone fisiche possono aderire sottoscrivendo il manifesto attraverso la email alimentazione[at]cambiamo.org

Progetto Cambiamo
http://www.cambiamo.org

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