c Verso un Tribunale della giustizia climatica - 21/04/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 21/04/2010]
[Categorie: Diritti della Terra ]
[Fonte: A sud]
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Verso un Tribunale della giustizia climatica

A ottobre 2009 si è organizzata, come frutto delle iniziative delle innuverevoli organizzazioni e reti dei movimenti sociali e degli attivisti del mondo, la Prima Sessione Preliminare del Tribunale Internazionale di Giustizia Climatica nella città di Cochabamba, in Bolivia, con l'intenzione di dare visibilità agli effetti ed ai responsabili del cambiamento climatico che, ormai, si può considerare uno dei più grandi crimini commessi dall'Umanità contro la Madre Terra.

È stata una delle iniziative più importanti della società civile, organizzata per dare un impulso dal basso a una nuova istituzionalità basata sull'etica dei popoli per tutelare il pianeta e i diritti umani da questo crimine.

Con lo stesso spirito si sono organizzate in varie parti del mondo iniziative diverse per raccogliere testimonianze e dare avvio a processi simbolici di giudizio dei responsabili del cambiamento climatico: Asia, Africa, Brasile, Stati Uniti. All'interno delle Nazioni Unite, nel frattempo, il presidente boliviano Evo Morales aveva proposto, a settembre 2009, la costituzione di un Tribunale di Giustizia Climatica all'interno del sistema ONU.

Le proposte stanno prendendo corpo; già si era incominciato a discuterne nelle riunioni delLa società civile a Copenaghen durante il Klima Forum, mentre, nella Conferenza dei popoli sul Cambiamento Climatico e i diritti della Madre Terra di Cochabamba, il Tribunale della Giustizia Climatica è ora diventato uno dei temi portanti.

I motivi fondamentali che giustificano la creazione del Tribunale di Cochabamba sono: promuovere la giuridificazione e la tipizzazione internazionale dei crimini ambientali, incrementare la sensibilizzazione nel mondo relativamente alla giustizia climatica e il debito ecologico, rafforzare la capacità di vigilanza e di lotta dei popoli per la giustizia climatica, incidere nell'adozione di adeguate politiche, strategie e azioni per prevenire e mitigare gli effetti del cambiamento climatico e reagire alle false soluzioni che, invece, rendono più profonda la crisi. E, principalmente: contribuire alla costruzione effettiva di un Tribunale della Giustizia che permetta di giudicare gli stati, le imprese e le istituzioni finanziarie responsabili del cambiamento climatico; allo stesso modo chi promuove false soluzioni quali i mercati del carbonio, i transgenici, gli agrocombustibili, i grandi impianti indroelettrici, considerato che producono effetti tali da attentare alla vita e all'equilibrio ecologico.

Adesso, tuttavia, il dibattito e le iniziative sono avanzate, maturate e diventate più complesse; si intraprendono nuovi cammini, strategie e forme per costruire un Tribunale.

Apparentemente si hanno diverse corsie d'azione, complementari nelle loro conseguenze: da un lato l'iniziativa di un Tribunale Etico di Giustizia Climatica della società civile non vincolante, ma con una sufficiente forza per far emergere, giudicare e sanzionare moralmente i responsabili di questo disastro e, soprattutto, incitare una maggiore partecipazione dei popoli alla costruzione dei significati ed i meccanismi della giustizia climatica; dall'altro lato l'iniziativa di costruire un Tribunale di Giustizia Climatica vincolante nel quadro della legislazione internazionale attualmente esistente e, in particolare, all'interno delle Nazioni Unite.

Per realizzare quest'ultimo è necessario analizzare le competenze del Tribunale Internazionale di Giustizia, braccio giuridico dell'Organizzazione con giurisdizione internazionale. Oppure, come terza opzione, utilizzare i meccanismi attualmente esistenti nelle giurisdizioni nazionali, regionali e multilaterali (PIDESC, ECOSOC, la Dichiarazione e il Forum permanente dei Popoli Indigeni tra gli altri) per avviare processi sanzionatori dei responsabili e che, allo stesso tempo, contribuiscano a una giurisprudenza per sanzionare i crimini climatici.

Il dibattito ora verte su come costruire un Tribunale: sarà questo una istanza indipendente, specifica delle Nazioni Unite con riferimento concreto a quanto stipulato nella Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (1992) e il Protocollo di Kyoto (1997)? La sua costruzione avverrà attraverso la riforma della Corte Internazionale di Giustizia delle Nazioni Unite? Avrà la forma delle Corti di Arbitrato esistenti? Sarà diretto a giudicare gli Stati, le imprese o gli individui? Qual è il ruolo e il prestigio della Corte Penale Internazionale istituita per mettere sotto giudizio le persone che si sono macchiate di delitti di grave importanza come il genocidio, i crimini di guerra e contro l'umanità? Quale sarà, infine, il contributo e l'interazione con le iniziative di un Tribunale di Giustizia Climatica etico della società civile?

Le domande a cui rispondere in questa fase sono innumerevoli e costituiscono una sfida salutare per l'avanzamento della tutela dell'etica dei popoli e della necessaria giustizia climatica.

di Elizabeth Peredo e José Elosequi. Comitato per l'istituzione di un Tribunale Internazione della Giustizia Climatica

Traduzione di Valentina Vivona

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