c Acqua, sempre più cara e sempre meno potabile - 24/03/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
Home Capitolo
APRE CAPITOLO RASSEGNA STAMPA
RASSEGNA STAMPA
Invia questa notizia ai tuoi conoscenti
Home Sito
APRE IL SITO DI PROGETTO GAIA
[Data: 24/03/2010]
[Categorie: Movimenti ]
[Fonte: Pianeta Verde]
[Autore: ]
Social network:                e decine d'altri attraverso addthis.com Tutti gli altri con: addthis.com 

Spazio autogestito Google


Acqua, sempre più cara e sempre meno potabile

La rete idrica italiana, è il caso di dirlo, fa acqua da tutte le parti. Eccessiva frammentarietà, gravi perdite, pochi investimenti sono i mali che la affliggono da decenni. E le conseguenze le pagano i consumatori: l’acqua del rubinetto è sempre più cara di anno in anno e in molti casi la qualità lascia a desiderare. Addirittura in otto regioni la potabilità è a serio rischio. E’ la situazione del servizio idrico del nostro Paese fotografata da una recente indagine dell’Osservatorio Prezzi & Tariffe di Cittadinanzattiva, che ha messo in luce aumento dei costi, carenze gestionali e abbassamento dei livelli di qualità.

Una premessa: la legge Galli
La norma di riferimento continua ad essere la legge Galli del 1994 che poneva fra i suoi obiettivi l’esigenza che la gestione del servizio fosse attuata da soggetti gestori operanti in termini economici, efficaci ed efficienti all’interno di ambiti territoriali ottimali di adeguate dimensioni ( i cosiddetti “Ato”), con una tariffa in grado di coprire i costi di gestione e di investimento. In realtà, gli Ato di riferimento, 92 in tutto, coincidono nella maggioranza dei casi con le singole province italiane e all’interno degli Ato il servizio è affidato ad una pluralità di gestori (114 complessivamente). Per quanto riguarda gli investimenti, dall’ultimo rapporto del Comitato per la Vigilanza sull’Uso delle Risorse Idriche, risulta che su circa 6 miliardi di euro
previsti al 2008 solo il 56% è stato realizzato. Le reti continuano a versare in uno stato di usura tale da provocare la perdita media del 34% dell’acqua immessa nelle tubature ed il 30% della popolazione italiana è sottoposto ad un approvvigionamento discontinuo ed insufficiente.

I costi
A fronte di un livello qualitativo carente stiamo assistendo anno dopo anno ad una crescita costante delle tariffe che dal 2000 ad oggi sono aumentate del 47% (dati Istat) e alla presenza in bolletta di voci di costo non giustificate. È ad esempio il caso del canone di depurazione presente anche nelle bollette degli utenti che non usufruiscono del relativo servizio. I dati del Rapporto Beverfood 2008-2009 confermano l’Italia come il primo paese in Europa per consumi di acque in bottiglia e il terzo al mondo dopo Emirati Arabi e Messico. Un italiano su tre non si fida di bere l’acqua di rubinetto e in regioni come Calabria, Sardegna e Sicilia a non fidarsi sono rispettivamente il 46, il 59 ed il 68.5% dei cittadini. Tale diffidenza non è solo frutto di pregiudizio, disinformazione e condizionamento dovuto alla continua pressione pubblicitaria, ma dipende anche dal fatto che la disponibilità pro capite giornaliera al meridione è pari a tre quarti di quella di centro nord e le irregolarità nell’erogazione riguardano oltre un quarto delle famiglie meridionali contro un quindicesimo di quelle del Centro-Nord.

I rincari nel 2008 città per città
Secondo il dossier di Cittadinanzattiva, nel 2008, il costo dell’acqua ha registrato un incremento medio del 5,4% rispetto al 2007, con aumenti a due cifre in 15 città: si parte dalla Campania ( 34,3% a Salerno, 31,9% a Benevento) per arrivare in Emilia Romagna ( 21,4% a Parma, 10% a Ravenna) passando per Basilicata ( 16,1% a Potenza e Matera), Veneto ( 16,3% a Padova e 12,3% a Verona), Lombardia ( 15,9 a Lodi, 13,4% a Cremona), Piemonte ( 14,5% a Verbania,
12,8% a Novara), Marche ( 14,4%, ad Urbino e 11,5% ad Ancona) e Friuli ( 12,1% Gorizia). In generale, gli incrementi si sono registrati in ben 68 capoluoghi di provincia. GUARDA LA TABELLA

La spesa annua per famiglia
L’indagine svolta da Cittadinanzattiva si è focalizzata sul servizio idrico integrato per uso domestico scomposto nelle voci: acquedotto, canone di fognatura, canone di depurazione e quota fissa (o ex nolo contatori). Riguarda tutti i capoluoghi di provincia italiani, relativamente al 2008. I dati sono riferiti ad una famiglia tipo di tre persone con un consumo annuo di 192 metri cubi di acqua e sono comprensivi di Iva al 10%. Dai dati si ricava un costo medio dell’acqua di 0.656 euro al metro cubo ( 5% rispetto al 2007), seguito dal canone di depurazione con 0.385 euro al metro cubo ( 4,1% rispetto al 2007), dal canone di fognatura con 0.177 euro al metro cubo ( 6% rispetto al 2007). La quota fissa (o ex nolo contatore) ha un costo medio di 19 euro/annui (considerando utenze domestiche residenziali) con un aumento dell’11,8% rispetto al 2007. Complessivamente, in media, in un anno la nostra famiglia tipo sostiene una spesa di 253 euro per il servizio idrico integrato, con un aumento del 5,4% rispetto alla spesa sostenuta nello corso del 2007.

Le tariffe variano ovviamente a seconda dell’area territoriale di riferimento. Le regioni centrali si contraddistinguono in media per le più elevate tariffe applicate al servizio idrico integrato (295 euro annuali). Dal confronto con l’anno 2007 si evince che la principale variazioni in aumento ( 5,9%) è avvenuta nell’area settentrionale, segue l’area centrale ( 5,4%) e quindi quella meridionale ( 4,4%). Le tariffe regionali più elevate (al di sopra della media nazionale) si riscontrano, nell’ordine, in Toscana, Puglia, Umbria, Emilia Romagna e Marche. Ma elevate differenze esistono anche all’interno delle stesse regioni. Ad esempio, in Sicilia, tra Agrigento e Catania intercorre una differenza di 258 euro. Altri esempi di simile portata si possono riscontrare in Veneto, Toscana, Piemonte, Liguria, Marche e Lombardia. GUARDA LA TABELLA

La dispersione della rete idrica
Considerando esclusivamente i capoluoghi di provincia italiani, dall’elaborazione dei dati estrapolati da un’indagine di Legambiente (Ecosistema Urbano 2009 e 2008), in media il 34% dell’acqua immessa nelle tubature (per tutti gli usi) va persa. Il problema è particolarmente accentuato nelle aree meridionali del Paese, che presentano percentuali di perdite ben al di sopra della media nazionale. GUARDA IL GRAFICO

Disservizi
Una delle principali novità degli ultimi anni è stata introdotta dalla legge n. 244 del dicembre 2007 (la Finanziaria 2008), che disciplina il controllo dei servizi pubblici locali. Tale normativa obbliga i gestori dei sistemi idrici locali a redigere, di concerto con le associazioni dei consumatori, la Carta della qualità dei servizi. Cittadinanzattiva ha esaminato 71 carte relative a 84 capoluoghi di provincia (per i restanti capoluoghi la carta è inesistente o comunque non reperibile), evidenziando notevoli carenze di informazioni.

In caso di specifici disservizi, nel 18% delle Carte sono previsti indennizzi automatici, mentre la maggior parte (69%) li prevede solo su richiesta. Il 23% delle carte esaminate non riporta informazioni relative all’eventuale piano di gestione delle crisi idriche e nell’84% di esse non sono presenti consigli rivolti agli utenti per il risparmio idrico. In poco più della metà delle carte esaminate è stato riscontrato un numero verde di assistenza alla clientela e nel 90% dei casi non si fa riferimento ad agevolazioni tariffarie per utenti deboli. Il fac simile del modulo di reclamo è riportato solo nel 13% delle carte e, infine, solo il 28% di esse fa riferimento alla possibilità di ricorrere alla conciliazione per la risoluzione delle controversie tra utente e gestore. Infine il coinvolgimento delle Associazioni dei consumatori nella stesura o sottoscrizione della Carta è stato riscontrato solo nell’8% dei casi.

Qualità e deroghe
In tema di qualità delle acque destinate al consumo domestico, poco si parla del ricorso alle “deroghe“, previste dal decreto legislativo 31/01 e concesse dal ministero del Lavoro, della Salute e delle Politiche Sociali: in pratica il ministero consente l’erogazione dell’acqua per periodi transitori anche se i parametri di alcuni elementi tossici non sono in regola, in attesa di raggiungere i limiti definiti, purché tale scelta non comporti alcun potenziale pericolo per la salute umana e - citando la legge - “sempreché l’approvvigionamento di acque destinate al consumo umano, conformi ai valori di parametro, non possa essere assicurato con nessun altro mezzo congruo”. La tendenza, quindi, è quella di tutelare al meglio la salute del consumatore, tuttavia è difficile che il comune cittadino venga a conoscenza di queste informazioni.

Negli ultimi sette anni hanno usufruito delle deroghe ben 13 regioni. Se nel 2002 solo la Campania ne aveva fatto ricorso, accompagnata nel 2003 da altre 2 regioni, per complessivi 5 parametri “fuorilegge” (fluoro, cloruri, magnesio, sodio, solfati), attualmente sono 8 le regioni in deroga (Lazio, Lombardia, Piemonte, Trentino, Umbria, Toscana, Campania, Puglia), per un totale di 7 parametri: arsenico, boro, cloriti, fluoro, selenio, trialometani e vanadio. Tali regioni devono provvedere affinché la popolazione sia adeguatamente informata, ma in alcuni casi non si specificano nemmeno i nomi dei singoli comuni coinvolti. In ogni caso, ad oggi, il Lazio è la regione con il maggior numero di amministrazioni comunali interessate da deroghe, ben 84 (nel 2006 erano 37) per 5 parametri, segue la Toscana con 21 comuni (ma nel 2008 erano 69 e nel 2005 addirittura 92) e tre parametri. Cosa succederà dal 2010 quando la richiesta di ulteriori deroghe per gli stessi parametri oggi “fuorilegge” andrà indirizzata direttamente alla Commissione Europea?

Buoni e cattivi esempi
In positivo, si distinguono Veneto e Liguria, dove a fronte di investimenti alti, le tariffe risultano inferiori alla media nazionale, la dispersione idrica è bassa e non vi sono deroghe. In negativo spicca invece la Puglia, che a fronte di un livello basso di investimenti realizzati e deroghe dal 2004 ad oggi, presenta le tariffe medie più alte dopo quelle registrate in Toscana, ed una percentuale di dispersione di sei punti percentuali superiore alla media nazionale. La Lombardia rappresenta invece la classica realtà dove la situazione per alcuni aspetti va molto bene ma potrebbe andare meglio: ad alti investimenti si affianca il più basso livello di dispersione, le tariffe sono molto inferiori alla media nazionale (Milano è la città dove in assoluto l’acqua costa meno e Lecco, Lodi e Varese sono tra le 10 città meno care), ma la regione è in deroga a causa della presenza di arsenico.


Scarica il rapporto completo in Pdf

PARTECIPA ALLA CAMPAGNA "IO FACCIO LA MIA PARTE"

 

Per il nostro Emporio... clicca!CLICCA PER IL NOSTRO EMPORIO

 

Spazio autogestito Google