c Clima passato e futuro: perché la Scienza avanza – prima parte - 24/03/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 24/03/2010]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: climalteranti]
[Autore: Carlo Cacciamani e Valentina Pavan]
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Clima passato e futuro: perché la Scienza avanza – prima parte
La Scienza è andata avanti sia nel processo di conoscenza delle cause delle variazioni accadute in passato, sia nella capacità di simulare il clima futuro. Il Prof. Enrico Bellone, richiamando una frase riportata in un recente libro del Prof. Guido Visconti, sostiene il contrario e secondo noi commette un errore. Partendo da un’attenta analisi del libro di Visconti si scopre che le cose non stanno proprio così: in particolare, soprattutto nella seconda parte si scoprono tante altre affermazioni discutibili, spesso contraddittorie e confuse. Qua e là traspare anche un certo livore personale dell’autore nei confronti degli utilizzatori dei modelli di simulazione del clima, che vengono reputati non come scienziati che svolgono il loro lavoro di ricerca con passione e coscienza, ma piuttosto come personaggi a caccia solo di fama e fondi di ricerca. Dispiace constatare che per difendere delle tesi scientifiche si usino anche argomentazioni del genere: evidentemente quando non si hanno forti contrapposizioni tecniche da addurre a difesa delle proprie tesi, anche le frasi “ad effetto” si ritiene possano aiutare.

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Nel successivo commento alla lettera che un gruppo di scienziati italiani ha inviato alla rivista “Le Scienze” (vedi qui), il Prof. Bellone, per perorare le sue tesi, fa riferimento ad una frase che il Prof. Guido Visconti riporta nel suo libro “Clima Estremo” (anno 2005, editore Boroli, pag. 165 – vedi qui) che recita testualmente: “…la Scienza non è in grado di spiegare le variazioni climatiche che sono avvenute in passato: pertanto non si capisce come la stessa Scienza potrebbe essere in grado di prevedere quello che avverrà nel prossimo futuro. Malgrado ciò organismi internazionali come l’IPCC annunciano con cadenza regolare previsioni per i prossimi 50 o 100 anni. Questa apparente capacità previsionale è la stessa che ha dato notorietà e quindi assicurato fondi, ad un’intera classe scientifica negli ultimi 20 anni”.

Questa frase stimola l’apertura di un dibattito interessante e che mi auguro possa approfondirsi anche con chi è “scettico” sulle responsabilità antropiche al riscaldamento globale; in questa prima parte si vorrebbe smontare il paradigma che nel settore delle scienze del clima e della previsione degli scenari futuri la comunità scientifica sia praticamente ancora all’anno zero o quasi, come si vuol far credere con affermazioni del genere.
La prima cosa da dire analizzando quest’affermazione, e dispiace constatarlo, è che sia presente anche una certa dose di arroganza nel giudicare così male l’IPCC ed in generale un’intera classe di scienziati che parrebbe aver solo speculato sulla (falsa) capacità previsionale dei modelli del clima (AOGCMs) al solo scopo di assicurarsi dei fondi di ricerca.
Ma, tralasciando questi aspetti che sono per altro assai rilevanti e limitandosi ai soli aspetti tecnici, c’è da chiedersi come possa avere ancora cittadinanza l’idea che l’intera comunità scientifica non abbia fatto alcun passo avanti per spiegare le cause della variabilità climatica passata del pianeta Terra.

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Crediamo sia fuori discussione che la Scienza tenda da sempre ad avere una maggiore comprensione dell’universo in generale, della natura e del clima terrestre. Il processo di conoscenza è inarrestabile e richiede l’individuazione di ipotesi organizzate in teorie, la cui validità va sempre posta al vaglio del confronto con la realtà della natura stessa.

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Ora, in realtà, molto si sa sulla variabilità del clima e quali siano le cause di questa variabilità. Per altro, senza andare troppo lontano, già nel libro stesso di Visconti, e questa è la prima contraddizione se proprio si vuole, vengono fornite al lettore molte utili spiegazioni in merito alle possibili cause di questa variabilità. Ad esempio si descrivono in dettaglio i fattori di natura astronomica che spiegano l’evidente ciclicità di lunghissimo periodo (dell’ordine di 100.000 anni) nell’andamento dell’anidride carbonica (pag. 97), le cause probabili dell’occorrenza delle glaciazioni (pag. 83). Viene descritto quello che si conosce del ciclo del carbonio (pag. 84); trattando le scale temporali più recenti si discute delle possibili cause della piccola era glaciale occorsa tra il 15mo e 19mo secolo. Ma sono solo alcuni esempi. In realtà il libro, almeno nella prima sua parte, illustra bene queste cause. Ma allora, perché si deve dire che la Scienza non è “… in grado di spiegare le variazioni climatiche che sono avvenute in passato…” ? Abbiamo interpretato male ?

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A guardare bene però, risulta evidente che i dubbi principali di Visconti non sono tanto connessi a quello che si sa (o meglio, che non si sa) del passato, quanto piuttosto alla possibilità di simulare il clima futuro facendo uso dei sistemi di modellistica globale (AOGCMs). E’ bene ricordare, come premessa, che questi oggetti fisico-matematici sono un esempio di strumento sofisticato che la Scienza si è data per valutare la validità di teorie dove sono introdotte le possibili cause, naturali e antropogeniche, che possono spiegare e modificare la variabilità del clima, sia a scala globale che a quella locale. Non essendo possibile riprodurre in laboratorio un “pezzo di atmosfera” e pretendere quindi che gli esperimenti siano “ripetibili”, è evidente che la modellistica risulta l’unica maniera per costruirsi un laboratorio virtuale “galileiano” sul quale sperimentare le leggi della Natura, nel caso di sistemi complessi come quello climatico.

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La perplessità che questi strumenti possano avere una loro utilità, più volte espressa nel libro di Visconti, sarebbe concentrata nel fatto che il sistema climatico è caotico e sostanzialmente non prevedibile. Visconti fa riferimento spesso al modello di Lorenz (pag. 65 e seguenti; l’articolo  di Lorenz del 1963 sul Journal of Atmospheric Science si scarica da qui) e conclude dicendo che, vista la complessità e la non linearità del sistema climatico, non c’è speranza di poter eseguire previsioni per il futuro in quanto i sistemi modellistici sono molto sensibili alle condizioni iniziali e quindi, come si dice nel libro (pag. 70): “…il sistema rapidamente perderà la memoria delle condizioni iniziali e quindi la previsione del suo stato nel tempo futuro non avrà più senso”.

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Il lettore non troppo esperto di queste materie, letto un “incipit” del genere, potrebbe a questo punto chiedersi, legittimamente, come possa essere possibile prevedere il clima tra 100 anni se si dice che il sistema climatico è caotico e non prevedibile neppure dopo 10-15 giorni, a causa appunto della sua intrinseca caoticità. Visconti in verità correttamente tenta di spiegare questa differenza tra previsione del “tempo” e simulazione “climatica”. Si legge infatti (pag. 74): “…un sottoprodotto dei modelli di previsione è rappresentato dai GCMs. Si tratta di modelli che vengono inizializzati con le osservazioni attraverso un sistema abbastanza sofisticato, i risultati dei GCMs dovrebbero essere indipendenti dalla condizione iniziale, perché dovrebbero convergere verso la rappresentazione del clima, sia esso attuale o futuro”.
Quindi sembra di capire che previsione meteorologica e previsione climatica siano cose diverse.  Con le simulazioni climatiche si tenta di simulare uno stato “medio” dell’atmosfera (attuale o futuro), con le previsioni del tempo si tenta di prevedere, deterministicamente,  il tempo in un istante preciso.

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Ma allora questo significa che la pur indubbia caoticità dell’atmosfera può in qualche maniera essere “imbrigliata”, per così dire, e non è quindi escluso affatto a priori che i GCMs possano avere una loro predicibilità anche alle scale temporali lunghe proprie del clima e quindi essere per l’appunto in grado di riprodurre con una qualche ragionevolezza il clima reale, attuale o futuro che sia. E se questo è vero, non si comprendono bene le ragioni del perché questi strumenti non possono essere usati per valutare scenari climatici futuri, al variare, ad esempio, del forzante esterno causato da diversi scenari di  emissioni di gas serra.
Se tutto ciò è vero, da dove discende allora l’affermazione: “non si capisce come la stessa Scienza potrebbe essere in grado di prevedere quello che avverrà nel prossimo futuro”, enunciata con la potenza quasi di un assioma ?

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Ma c’è un altro problema. Afferma Visconti, richiamando una tesi del 1994 di una ricercatrice del dipartimento di Storia dell’Università della California, c’è un’altra difficoltà quasi “filosofica” : i GCMs non sono verificabili né validabili (pag. 75). E’ bene dire, ed anche con una certa forza, che affermazioni del genere, sempre più citate a sproposito da un certo pensiero scettico che anche in Italia si sta diffondendo, non corrispondono alla realtà. La validazione è invece assolutamente possibile nei GCMs ed ha il valore che ha, alla stessa stregua della validazione dei modelli di previsione del tempo. La validazione dei GCMs avviene di norma confrontando i “run di controllo” che vengono “girati” per simulare il clima attuale (ad esempio il trentennio 1961-1990) con dei data set del tutto indipendenti e che non entrano in alcun modo nella simulazione (ad esempio, osservazioni globali di temperatura superficiale, precipitazioni, etc.).

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Ora, è del tutto evidente che non possiamo verificare “adesso” se gli scenari al 2100 saranno corretti, né potremo farlo nel 2100, perché ahinoi siamo tutti essere mortali… Ci possiamo limitare a valutare ora l’errore nella riproduzione da parte dei GCMs del clima attuale, ad esempio del trentennio 1961-1990, e ipotizzare che questo errore possa mantenersi in futuro. Questa è sicuramente un’ipotesi di lavoro, ma del tutto legittima, che si porta dietro delle assunzioni di stazionarietà dell’errore la cui dimostrabilità non è per altro ovvia. Su questo punto c’è un forte dibattito, evidentemente, e per molti questa sarebbe una ragione sufficiente per dire che i GCMs sono non validabili e quindi, a differenza dei modelli che fanno le previsioni del tempo, non usabili.

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A chi avanza un’obiezione del genere viene però da chiedere: ma non è sempre vero questo assunto anche per le previsioni del tempo che emettiamo oggi e che saranno validate tra 7 giorni ?
Chi ci autorizza infatti ad ipotizzare che, se la previsione emessa una settimana fa per oggi è stata corretta, ebbene sarà corretta anche quella che emettiamo oggi e che avrà validità tra sette giorni ?
Quello che possiamo fare, e che in effetti facciamo, è valutare statisticamente, sulla base di tante previsioni a 7 giorni emesse nel passato e per un gran numero di anni, l’errore atteso del modello di previsione che si usa (valutabile con una serie qualsivoglia di indici di qualità) e ipotizzare che questa stima dell’errore possa valere anche per il futuro. Perché se questa logica vale per le previsioni del tempo, non dovrebbe valere anche per le simulazioni climatiche? Solo perché non riusciremo a verificarlo proprio noi di persona ma lo potranno fare i nostri figli o nipoti?
E questa constatazione farebbe concludere “tout court” che i GCMs sono “logicamente” non validabili?

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Tornando ad argomentazioni scientifiche un tantino più solide, un intero capitolo del report finale di Ensemble è dedicato al tema della validazione dei AOGCMs, così pure come l’intero capitolo 8 del quarto report di IPCC, 2007, AR4. Non si comprende veramente perché si continui a porre questo problema che è indubbiamente un falso problema. Viene il dubbio (perfido, e avanziamo subito le nostre scuse) che non sia noto a molti detrattori come siano veramente fatti e come si usino questi AOGCMs. Ma non è questo certo il caso del Prof. Visconti.

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Quanto all’affidabilità dei AOGCMs , è un dato di fatto invece che gli strumenti di simulazione del clima dell’ultima generazione abbiamo fatto dei progressi considerevoli e diminuito in maniera evidente i loro margini di errore. Ad esempio in IPCC AR4 (cap.8) vengono confrontate le performances dei GCMs antecedenti l’anno 2000 con quelli disponibili già solo 5 anni dopo nel riprodurre il clima attuale e si nota in maniera evidente come, ad esempio, gli errori di riproduzione dei campi medi al suolo di temperatura, pressione atmosferica al suolo e precipitazione siano notevolmente diminuiti, pur con i margini di incertezza che sono per altro dichiarati in maniera molto precisa e con il massimo della trasparenza.
Peraltro, anche la gestione di tale incertezza è stata affrontata, anche qui la Scienza non è all’anno zero. Ed anche con diversi approcci: uno di questi metodi è l’uso delle tecniche di Ensemble di cui si è parlato diffusamente anche su altri post di climalteranti (vedi qui).

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Fine prima parte

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