c Perché l’Italia va verso Kyoto - 16/02/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 16/02/2010]
[Categorie: Ecologia ]
[Fonte: Qualenergia]
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Perché l’Italia va verso Kyoto
Secondo uno scenario elaborato da Edo Ronchi, Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, l’Italia potrà raggiungere al 2012 l’obiettivo del Protocollo di Kyoto, cioè arrivare ad una riduzione del 6,5% delle emissioni rispetto al 1990. Grazie a tre fattori: crisi economica, sviluppo delle rinnovabili e dell’efficienza energetica.

Raggiungere gli obiettivi di riduzione della CO2 posti all’Italia dal Protocollo di Kyoto non è più una missione impossibile. Con molta probabilità entro il 2012, infatti, si riuscirà a ridurre le emissioni di gas serra del 6,5% rispetto al 1990, come previsto dall’accordo internazionale. A dirlo, alla vigilia del quinto anniversario dell’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto (16 febbraio) è il Presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Edo Ronchi, che nel 1997, in qualità di Ministro dell’Ambiente, firmò il trattato.

Ad avvicinarci verso questo obiettivo, all’epoca ritenuto da molti impossibile da realizzare ci sono per Ronchi almeno tre fattori: la crisi economica, lo sviluppo delle rinnovabili, l’aumento dell’efficienza energetica.
Vediamo allora come è stato in questi anni l’andamento del CO2 in Italia:
1990: 516,9 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti (di seguito Mton CO2 eq.)
2005: 573,6 Mton CO2 eq.
2008: 538,6 Mton CO2 eq.
2009: 502,3 Mton CO2 eq.

Da questi dati si può considerare che:

Dal 1990 al 2005 le emissioni in Italia sono continuamente aumentate.
Dal 2005, dopo l’entrata in vigore del Protocollo e dopo che sono state prese alcune misure, le emissioni sono sempre calate, anche prima della crisi, di ben 35 milioni di tonnellate.
Nel 2009 per effetto congiunto della crisi (prevalente), dell’aumento della quota di rinnovabili ( 9,3% nel 2009) e di miglioramento dell’efficienza energetica (si riduce il kilowattora per unità di Pil anche nel 2009) c’è stato un forte calo delle emissioni di CO2: pari a 36,3 milioni di tonnellate in un solo anno.
Alla fine del 2009 le emissioni di gas serra sono scese a -3% delle emissioni del 1990.
Poiché l’obiettivo di Kyoto per l’Italia è di 483,3 Mton (-6,5% delle emissioni del 1990), ad oggi servirebbe una riduzione di ulteriori 19 milioni di tonnellate di CO2 equivalenti per raggiungere l’obiettivo di Kyoto.

Un livello di emissioni, spiega Ronchi, che si potrebbe tagliare anche con un tasso di riduzione media annuale come quello precedente alla crisi e senza conteggiare i meccanismi flessibili. Un aspetto che il Presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile tiene a sottolineare è che non sono solo le crisi economiche a far diminuire le emissioni. Ad esempio, anche in un periodo di recessione, come tutto il 2009, si è potuto registrare un aumento della quota di elettricità fornita da fonti rinnovabili ed anche l’efficienza energetica è migliorata (ridotto il consumo di energia per unità di Pil).
“Nelle passate crisi economiche si riduceva l’impegno delle aziende e dei consumatori per l’ambiente. In questa fase congiunturale invece è accaduto esattamente il contrario”, ha detto Edo Ronchi.

Per quanto riguarda l’Unione Europea (UE-15), non essendo ancora disponibili i dati 2009, ci si deve rifare ai dati del rapporto dell’Agenzia Europea 2009, con i dati fino al 2008. Qui si riscontra una riduzione delle emissioni 1990-2008 del 3,4% e la tendenza ad una riduzione del 6,9% al 2012. Sarà la crisi economica a dare l’abbrivio per far raggiungere all’UE-15 il suo obiettivo di riduzione dell’8% al 2012.

A livello mondiale la situazione è invece ben diversa: dal 1990 al 2008 la CO2 è cresciuta del 41%. Poiché nel 2009 si stima una flessione del 3%, si può desumere che si abbia un aumento mondiale del 38% rispetto al 1990. In particolare Edo Ronchi evidenzia che:

la Cina è ormai il principale emettitore di gas di serra (22,2%) delle emissioni mondiali, metà della crescita delle emissioni mondiali dal 1990 al 2008 è stata prodotta dalla sola Cina. Conseguenza: non è più possibile quindi realizzare politiche globali per il clima senza un impegno anche della Cina;
gli Stati Uniti emettono meno della Cina (17,8% delle emissioni mondiali), ma restano al secondo posto e con un aumento significativo delle emissioni dal 1990 ( 16,6%). Anche gli Stati Uniti si devono quindi impegnare seriamente a ridurre le loro emissioni;
i Paesi in via di sviluppo come l’India, il Brasile, la Corea del Sud, l’Iran, il Messico e il Sud Africa e altri, cominciano ad avere emissioni significative, anche se minori rispetto alla Cina: occorre che anche questi paesi, che oggi non hanno alcun obiettivo di riduzione, vengano associati almeno a politiche di contenimento delle emissioni.
Tornando all’Italia, Ronchi ritiene che anche l’obiettivo per il 2020, in base alle tendenze in atto, può essere a portata di mano “a meno che non si interrompano le misure di incentivazione delle rinnovabili e quelle di sviluppo dell’efficienza energetica”.



A cura della redazione di Qualenergia.it



NOTA: Anche in base all'elaborazione del Kyoto Club gli obiettivi fissati dal Protocollo di Kyoto si avvicinano. Alla luce dei recenti dati è stato revisionato il contatore del Kyoto Club che visualizza in tempo reale il costo del debito per il ritardo sugli obiettivi di Kyoto.

L'Italia ha accumulato nel biennio 2008-9 un debito di 1,5 milioni € al giorno (17 € al secondo) per il mancato raggiungimento degli obiettivi del Protocollo di Kyoto, e quindi un totale di circa 1,14 miliardi di euro. Nel 2009, complice la crisi economico-finanziaria, le emissioni sono calate significativamente rispetto all’anno precedente. Anche il costo della CO2 sui mercati internazionali si è ridotto.

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