c Il sistema Rosarno: gli schiavi fruttano milioni alle cosche - 10/02/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
Home Capitolo
APRE CAPITOLO RASSEGNA STAMPA
RASSEGNA STAMPA
Invia questa notizia ai tuoi conoscenti
Home Sito
APRE IL SITO DI PROGETTO GAIA
[Data: 10/02/2010]
[Categorie: Economia ]
[Fonte: Libreidee]
[Autore: ]
Social network:                e decine d'altri attraverso addthis.com Tutti gli altri con: addthis.com 

Spazio autogestito Google


Il sistema Rosarno: gli schiavi fruttano milioni alle cosche

Sei milioni di euro in due anni: questo il fatturato del “sistema Rosarno”, basato sullo sfruttamento dei nuovi schiavi. «E’ la dimostrazione del salto di qualità della ‘Ndrangheta, che vent’anni or sono sbarcava coi gommoni i curdi sans-papiers sulle spiagge di Africo, da dove aveva fatto fuggire gli operatori Valtour, perché le coste servivano alle ‘Ndrine per alimentare il traffico di esseri umani disperati; ora dispongono di colletti bianchi efficientissimi che predispongono contratti per i loro braccianti irregolari, che sbarcheranno a Malpensa e Fiumicino».

Così la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria commenta l’operazione della squadra mobile: tre milioni euro all’anno a due cosche Rosarno 1molto importanti della Jonica reggina, i Cordì di Locri e gli Iamonte di Melito Porto Salvo. «I poliziotti – racconta Gian Luca Ursini su PeaceReporter – dovevano eseguire 67 ordini di arresto, per metà in capo a calabresi e per metà su cittadini pachistani e indiani, quadri intermedi dell’associazione mafiosa che si incaricavano di reclutare in India i disperati e poi smistarli in altre otto province italiane, dopo il passaggio per Locri e Reggio Calabria, fittizio».

Paghe da fame, eppure gli schiavi riuscivano a spedire qualche soldo a casa: attraverso un sistema di credito inventato dai boss, per non passare dai tradizionali ‘money transfer’ dove i migranti sono costretti ad esibire documenti regolari. «I disperati indiani e pachistani che volevano inseguire il miraggio di un lavoro ben retribuito in Italia – continua Ursini – pagavano da un minimo di 10 a un massimo 16.000 euro a testa; per un servizio completo che andava dal falso contratto presso un fittizio piccolo imprenditore calabrese della Locride, all’assistenza all’arrivo presso mediatori culturali inseriti nel meccanismo criminale».

Nel “sistema Rosarno”, aggiunge Ursini, anche tre funzionari «compiacenti» dell’ispettorato del lavoro di Locri, che «chiudevano un occhio» sulla mancanza dei requisiti per la legge Bossi-Fini e per le recenti normative sull’immigrazione irregolare varate dalla Lega Nord: «Ai lavoratori veniva garantito un “reddito minimo” solo sulla carta, pochi giorni dopo l’arrivo in Calabria venivano forzati a presentare richiesta spontanea di licenziamento, e da quel momento si affidavano ai loro nuovi ‘caporali’ pachistani che li Rosarno 2smistavano su Mantova, Cremona, Brescia, Piacenza, ma anche nelle placide Marche di Macerata o nel Sud dove il lavoro agricolo è molto richiesto, come Potenza e Avellino».

Sfruttati per anni, sino a pagare debiti da 15.000 euro: un meccanismo ben oliato, che secondo il procuratore antimafia Giuseppe Pignatone andava avanti almeno dal 2003. La ‘Ndrangheta sa scegliere benissimo anche i migranti a cui affidarsi: gli africani che si ribellano vanno cacciati a colpi di lupara, come dimostrato il 9 e 10 gennaio a Rosarno. Le organizzazioni criminali, osserva Ursini, si insediano dove lo Stato è assente, lasciando campo libero alla “creatività” economica dei cartelli criminali.

Accusa Mimma Pacifici, segretaria regionale calabrese della Cgil agricoltura: «Abbiamo un governo che criminalizza chi viene nel nostro Paese per cercare delle opportunità di vita. Le conseguenze di queste politiche – che rendono impossibile, anche per i piccoli imprenditori agricoli, poter regolarizzare i braccianti a condizioni un minimo vantaggiose – ricadono nelle tasche dei mafiosi, che hanno a quel punto tutto l’interesse a reclutare questi lavoratori per il mercato nero».

Chi vuole fare le cose in regola, aggiunge la sindacalista, prima o poi viene penalizzato. Così, come dimostrano le indagini, «a beneficiare di questo sistema saranno soltanto gli evasori», cioè «chi fa lavorare in nero e i sistemi mafiosi». Anche se i cartelli di Rosarno fanno milioni col traffico di cocaina, «evidentemente le possibilità aperte dalle leggi leghiste sull’immigrazione erano troppo ghiotte, per i mafiosi, per non approfittarne» (info: www.peacereporter.net).

PARTECIPA ALLA CAMPAGNA "IO FACCIO LA MIA PARTE"

 

Per il nostro Emporio... clicca!CLICCA PER IL NOSTRO EMPORIO

 

Spazio autogestito Google