c Quando su Kyoto si danno i numeri - 10/02/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 10/02/2010]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: Climalteranti]
[Autore: Giacomo Grassi]
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Quando su Kyoto si danno i numeri

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A cinque anni dall’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto (16 febbraio 2005), non sembrano  in molti a volerlo festeggiare con affetto.  Anzi, si fa a gara a sparagli adosso. Che il Protocollo di Kyoto abbia fallito i propri obiettivi sembra ormai una realta’ che nessuno mette piu’ discussione. “Ecco perche’ Kyoto e’stato un fallimento:  bisognava tagliare le emissioni del 5%, sono cresciute del 41%” riportava a tutta pagina la Stampa del 7 Dicembre.  Neanche i giornalisti, ormai, si prendono la briga di controllare. Si tratta di una sorta di “verita’ da assuefazione”: siccome lo dicono tutti, allora sara’ vero.

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Allora, vediamo se e’ vero.

Iniziamo chiarendoci le idee su quali siano davvero gli obiettivi  del Protocollo di Kyoto. Molti si riferiscono all’obiettivo vincolante di riduzione delle emissioni di gas serra del  5%, da valutare come media del periodo 2008-2012 rispetto al 1990 (anno base). Ma chi aveva questi obiettivi? Qui la confusione regna  sovrana.  Evidentemente,  il giornalista della Stampa (e con lui molti altri) pensa che l’obiettivo di Kyoto fosse globale, cioe’che riguardasse tutti i Paesi.  Falso. L’obiettivo del 5% (precisamente del 5,2%) riguardava solo i 37 Paesi “Annex-1” (industrializzati) che hanno firmato l’accordo nel 1997. L’accordo sarebbe entrato in vigore se fosse stato poi ratificato da un numero di Paesi responsabili di almeno il 55% delle emissioni dei Paesi Annex-1.  Nonostante gli USA non lo abbiano ratificato, grazie alla ratifica di tutti gli altri Paesi (per ultimo la Russia), il Protocollo e’entrato in vigore nel 2005. Senza gli Usa, l’obiettivo di riduzione complessivo dei Paesi Annex-1 aderenti a Kyoto risulta di circa -4% rispetto al 1990 (vedasi qui per  la lista completa per paesi con obiettivi di riduzione).  Volendo raffrontate questi obiettivi  con l‘andamento reale delle emissioni, si ottiene il grafico qui sotto (dati per il peridodo 1990-2007 senza il settore LULUCF, Land Use Land Use Change and Forestry).


Figura: emissioni dei Paesi Annex-1 (industrializzati), con o senza USA, rispetto agli obiettivi previsti dal Protocollo di Kyoto. Queste emissioni escludono il settore LULUCF.

Nel 2007, le emissioni dei Paesi Annex-1 senza USA  sono risultate ben piu’ basse rispetto al loro obiettivo (-13.9% contro -4%). Ad essere precisi, quindi, l’obiettivo  di Kyoto e’ raggiunto e abbondantemente superato.  Anche se si considerano tutti i Paesi Annex-1 (USA compresi), le emissioni  al 2007 non si discostando molto dall’obiettivo originario a cui Kyoto puntava (-3.9% contro -5.2%). Senza parlare di altri fattori che renderanno il raggiungimento degli obiettivi ancora piu’facile: gli assorbimenti del settore LULUCF (esclusi dal grafico, che equivalgono a circa il 2% delle emissioni del 1990), e il crollo delle emissioni nel 2008 e 2009 dovuto alla crisi finanziaria (i dati ufficiali fino al 2008 si avranno il 15 Aprile 2010).

L’Unione Europea non sta messa male, e si prevede che raggiungera’ il proprio obiettivo (-8% per EU-15) senza troppi problemi. Da notare invece che l’Italia, con un obiettivo di -6.5% rispetto al 1990, nel 2007 stava a 7%.

Comunque, attenzione: se dire che Kyoto ha fallito sulla base dei numeri e’un’emerita sciocchezza, dire che e’stato un successo puo’essere altrettanto azzardato:  la principale causa di riduzione delle emissioni  nei Paesi Annex-1 e’ stata la de-industrializzazione conseguente al crollo dell’ex impero sovietico, un evento chiaramente indipendente da Kyoto.  Anche se gli ultimi anni molti Paesi Europei si sono iniziati a dare da fare seriamente, per valutare realmente l’effetto delle politiche di riduzione di gas serra conseguenti  all’entrata in vigore del Protocollo di Kyoto occorre probabilmente attendere piu’ tempo.
Se sui numeri e’meglio quindi sospendere il giudizio, c’e’ qualcos’altro per cui si puo’giudicare Kyoto?

Per brevita’, segnaliamo (tra tanti possibili) due aspetti positivi e due negativi:

Tra i positivi, e’indubbio che il Protocollo di Kyoto ha contribuito ad innescare una discussione che, tra alti e bassi, ha portato ad affrontare il tema dei cambiamenti climatici ai massimi livelli politici. Inoltre, attraverso i cosidetti “meccanismi flessibili”, ha creato un vero e proprio mercato del carbonio, che dovrebbe favorire la riduzione delle emissioni nel modo piu’ efficace ed economico possibile.

Tra gli apetti  negativi, non si puo’ ignorare che molti Paesi industrializzati raggiungeranno i loro obiettivi con ben pochi sforzi: questo suggerisce che gli obiettivi erano tutt’altro che ambiziosi. Inoltre, i paesi “non Annex-1” (in via di sviluppo) hanno quasi raddoppiato le emissioni dal 1990, passando da circa 12500 a oltre 24000 Mt CO2eq. Complessivamente, quindi, le emissioni globali sono aumentate di circa il 40% dal 1990, vanificando totalmente gli (assai modesti) obiettivi di Kyoto.

E’ principalmente per superare queste due debolezze  che c’e’stata la Conferenza di Copenhagen: lo scopo era (ed e’tuttora) ottenere obiettivi ben piu’ambiziosi da parte dei paesi industriallizati e coinvolgere anche i Paesi in via di Sviluppo.

In definitiva, come spesso accade, le cose sono piu’complesse di quanto uno sguardo superficiale potrebbe suggerire. Il Protocollo di Kyoto e’ lungi dall’essere perfetto, ma ha certamente iniziato un percorso di portata storica. Se e’ lecito criticarlo, almeno si spari agli obiettivi giusti.

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