c L'Africa a rischio saccheggio - 20/01/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 20/01/2010]
[Categorie: Alimentazione ]
[Fonte: greenplanet]
[Autore: Antonio Felice]
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L'Africa a rischio saccheggio

Molti anni fa chi scrive rimase impressionato nell'apprendere che gli alpinisti che scalavano le cime del gruppo dell'Himalaya incontravano un numero di anno in anno crescente di rifiuti lungo i sentieri di alta quota, una parte dei quali, dai sacchetti di plastica alle bottiglie di plastica alle lattine di bibite o di birra, non biodegradabili. La stessa delusione qualche mese fa, nell'apprendere che in pieno Oceano Pacifico, a nord delle Hawai, si estende una vasta isola galleggiante di plastiche di varia dimensione e spessore, quasi un continente, in grado di minacciare uno dei più importanti ecosistemi del nostro pianeta.
C'è troppo disinteresse attorno a questi problemi. E quando c'è disinteresse, mancano anche le risorse per intervenire dal momento che nessuno mette denari in settori che non danno ritorni d'immagine. Oggi la notizia è però un'altra. E va nella stessa allarmante direzione del disimpegno ambientale: la notizia è il rischio del saccheggio del terreno fertile africano. L'IIED, International Institute for Environmental and Development, per conto della Fao e dell'Ifad ha realizzato un rapporto sul fenomeno del "land grabbing" in quattro Paesi africani: Mali, Ghana, Etiopia e Madagascar.
Il fenomeno va però oltre, è una tendenza diffusa in tutta l'Africa: centinaia di migliaia di ettari di terra, sono affittati con contratti a lungo termine o venduti per lo più a investitori stranieri e in alcuni casi ad altri Stati, pronti ad accaparrarsi derrate alimentari o combustibili vegetali. Nei soli quattro Paesi presi in considerazione dalla ricerca, negli ultimi 5 anni, sono stati affittati a investitori stranieri oltre due milioni di ettari. Il fenomeno è noto almeno dal 2006 ma ha alcuni elementi di novità. Il primo riguarda il tipo di coltivazione: fino a pochi anni fa si coltivavano biocarburanti ma a partire dall'anno scorso, con l'impennata dei prezzi alimentari, gli investitori si sono concentrati soprattutto sulla produzione di cereali.
L'altro fattore nuovo sta nell'inversione di rotta avvenuta nel procacciamento degli investitori. Secondo l'IIED, alcuni Paesi africani, con i bilanci ridotti dalla stretta agli aiuti pubblici, «si trovano a fare notevoli sforzi di marketing per attirare gli investimenti stranieri» e «censiscono le terre disponibili» per offrirle al mercato. Il governo dell'Etiopia, a giugno del 2009, ha fatto sapere che ci sono 1,6 milioni di ettari di terreno, estendibili fino a 2,7 milioni, pronti per essere coltivati .
Molto spesso, però, i governi considerano libere, terre dove sono presenti comunità, costrette ad abbandonare i territori in cui vivono, per far posto a campi di canna da zucchero, cereali o olio di palma. È accaduto in Mozambico, con il progetto ProCana della società inglese Camec (Central African mining exploration company) per la coltivazione di canna da zucchero, su 30 mila ettari che erano già stati promessi ad alcune comunità locali.
A comprare terra non sono soltanto società di produzione. Spesso ad investire sono direttamente gli Stati. In Mali, una società controllata dal governo libico sta investendo su un'area irrigabile di 100 mila ettari. Nell'ultimo vertice Fao sulla sicurezza alimentare era stato proprio il colonnello Gheddafi a mettere in guardia la comunità internazionale contro il «land grabbing», parlando di «nuovo feudalesimo» africano. Un problema evidenziato dal rapporto IIED è la mancanza di trasparenza degli accordi. Esistono casi in cui gli investitori coinvolgono i contadini locali, ma più spesso gli accordi passano sulla loro testa. La Fao, durante il vertice di Roma sulla sicurezza alimentare, ha proposto un codice di condotta per regolamentare gli affitti.
Il cammino da fare è lungo e la cooperazione euro-mediterranea potrebbe svolgere un ruolo importante nell'accendere la miccia dell'autosviluppo in Africa partendo dall'agricoltura e dalla trasformazione dei suoi prodotti di base. Ma non lo sta svolgendo. E lascia libro campo a operazioni che rischiano di trasformarsi in un vero e proprio saccheggio.

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