c Divide et impera - 20/01/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 20/01/2010]
[Categorie: Alimentazione ]
[Fonte: greenplanet]
[Autore: Federico Bertazzo]
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Divide et impera

Nel corso dell'audizione di conferma, il neo commissario all'Agricoltura Ue, Dacian Ciolos, ha chiarito che da oggi Bruxelles lascerà ai singoli Stati membri la facoltà di prendere posizione in merito alla coltivazione di piante ogm sul proprio territorio. Il futuro dell'Italia è sempre più incerto. Un "caloroso applauso" ha salutato l'ufficializzazione della nomina del nuovo responsabile comunitario in materia di politiche agricole, che prende il posto di Mariann Fischer Boel. Lo hanno sottolineato le agenzie di stampa. L'apprezzamento unanime espresso, quindi, anche da Josè Bove, uno dei coordinatori della commissione Agricoltura, va sicuramente ai propositi articolati nell'audizione: dalla difesa della Politica agricola dai rischi di tagli, alla ricerca di equilibrio tra le sovvenzioni e le forme di finanziamento per un agricoltura più ecosostenibile, senza dimenticare la difesa del settore nei negoziati del "Doha Round". In materia di ogm, il punto di vista del nuovo commissario conferma la posizione che la Commissione europea ha già annunciato la scorsa estate. La Ue, in base al principio di sussidiarietà, lascerà campo libero ai singoli stati e ciò significa che ogni nazione europea deciderà da sé se coltivare o meno organismi modificati geneticamente. Un punto di vista formalmente corretto, dal punto di vista strettamente politico, che rispetta i ruoli e le competenze tra Ue e stati membri ma che frantuma la seppur fragile identità "no ogm" del vecchio continente e lascia senza tutele i cittadini comunitari di fronte ai rischi che un processo irreversibile, come quello legato alle colture transgeniche, porta con sé. E' sufficiente infatti che un governo nazionale o un suo ministro dell'Agricoltura consenta le coltivazioni ogm per condizionare in modo definitivo la qualità dell'agricoltura di uno Stato. Per capire meglio questo facciamo tesoro di quanto sta accadendo in Spagna, dove la liberalizzazione in materia agricola ha sicuramente permesso un iniziale sviluppo che ha consentito di strappare risultati importanti ( primo fra tutti la conquista della leadership delle coltivazioni biologiche in Europa), ma che oggi deve fare i conti con i ben noti problemi di contaminazione che stanno rendendo complicata la sopravvivenza di un'agricoltura - anche biologica - di qualità. Gli ogm piantati, come sempre, per ragioni economiche stanno sempre più prendendo piede nel territorio iberico e stanno cambiando l'identità dell'agricoltura nonostante gli strenui sforzi di migliaia di coltivatori seri che hanno puntato sul biologico. La mancanza di un sostegno economico adeguato è il miglior viatico possibile per cedere alle lusinghe degli ogm, e da Bruxelles non arrivano segnali confortanti.

Nel nostro Paese le cose potrebbero cambiare rapidamente. La nostra agricoltura può contare, oggi, su un ministro che si è sempre pronunciato in difesa dell'agricoltura di qualità e in modo deciso contro gli ogm. Nessuna ambiguità riguardo questo tema, da parte di Luca Zaia, nonostante dalla sua stessa maggioranza ( e non solo) si siano spesso levate voci a favore delle coltivazioni transgeniche. Come tutti sanno, nei prossimi mesi Zaia abbandonerà il dicastero delle politiche agricole per diventare presidente della Regione Veneto. È facile immaginare che con la partenza del ministro leghista chi prenderà il suo posto non avrà una posizione così netta in materia di ogm. Il valore di un'agricoltura distante dalla "modernità", nell'attenzione rivolta ai simboli del ministro "contadino", non poteva che giovarsi dell'esibita volontà di tenere le distanze da tutto ciò che agli occhi dei cittadini sembrasse un tradimento della "tradizione" e dell'"identità". Una posizione che per l'economia delle alleanze politiche non sarà più necessaria per il Governo che avrà, anzi, buon gioco a scegliere per il ministero una figura più allineata e, per certi versi, più conformista, capace di gestire la faccenda con maggior spirito collaborativo. E se è facile prevedere come andrà a finire sarà divertente capire come invece si muoveranno le associazioni di categoria più filo governative ( e chi le ha appoggiate) che fino ad oggi hanno brandito la bandiera della "qualità", quando il made in Italy nell'agroalimentare perderà ogni tratto distintivo per lasciar posto ad un più generico prodotto, come se ne coltiva dappertutto, per di più con il brand di qualche multinazionale.

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