c Nei ghetti d'Italia questo non è un uomo - 11/01/2010 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 11/01/2010]
[Categorie: Equità ]
[Fonte: laRepubblica.it]
[Autore: Adriano Sofri]
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Nei ghetti d'Italia questo non è un uomo

Oggi su La Repubblica Adriano Sofri riscrive provocatoriamente la famosa poesia di Primo Levi, “Se questo è un uomo”.

In quelle poche righe Levi spiegava il senso del suo racconto e della sua esperienza di deportato; oggi, Sofri adatta quella poesia alla condizione dei migranti di Rosarno: migranti che prestano le loro braccia invisibili per riempire le nostre tavole e che ora cacciamo dai campi con rabbiosa follia. Dal Lager alla fabbrica abbandonata, il tema è lo stesso, secondo Sofri: la scomparsa silenziosa e dolorosa di ogni umanità, cancellata da miseria e isolamento.

E, fa male ammetterlo, la realtà è proprio questa. Una realtà in cui l’immigrato che lavora e raccoglie le nostre arance perde ogni dignità, divenendo semplice strumento, da affittare per 20 euro al giorno e da dimenticare a fine raccolto. Da dimenticare ogni sera, in realtà: l’immigrato c’è, ma non si deve vedere, non deve fare rumore, non deve cambiare nulla nello status quo, deve stare al suo posto e farsi colpire dai bastoni e dai fucili ad aria compressa, tanto negro è e negro resta, e chè, forse la vita di un negro vale quanto quella di un italiano?

Sono parole durissime quelle di Sofri, che fanno ribollire pensieri e parole nelle menti di noi che “viviamo nelle nostre tiepide case”: abbiamo davvero chiuso gli occhi di nuovo, dimenticando l’umanità in nome del lavoro, dei pomodori e del succo di arancia?

Un altro podgrom: quest’anno quindi tocca agli Africani. E il prossimo? In queste ore bruciano ancora le case abbandonate dove i lavoratori dormivano, vivevano, e la città di Rosarno è più che mai spettrale.

In questo paesaggio, le parole di Maroni stridono come gessi appuntiti: la rivolta prodotta da troppa tolleranza! Tolleranza è forse ciò che non esiste, qui e ora, nei confronti dei migranti. Se esistesse tolleranza non avremmo pacchetti sicurezza, reato di clandestinità, ronde e tutto il resto. Se esistesse tolleranza, l’integrazione degli immigrati non sarebbe discrezione del solo volontariato.

Non lasciamoli soli, non lasciamo che la paura vinca.




Nei ghetti d'Italia questo non è un uomo


Di nuovo, considerate di nuovo
Se questo è un uomo,
Come un rospo a gennaio,
Che si avvia quando è buio e nebbia
E torna quando è nebbia e buio,
Che stramazza a un ciglio di strada,
Odora di kiwi e arance di Natale,
Conosce tre lingue e non ne parla nessuna,
Che contende ai topi la sua cena,
Che ha due ciabatte di scorta,
Una domanda d’asilo,
Una laurea in ingegneria, una fotografia,
E le nasconde sotto i cartoni,
E dorme sui cartoni della Rognetta,
Sotto un tetto d’amianto,
O senza tetto,
Fa il fuoco con la monnezza,
Che se ne sta al posto suo,
In nessun posto,
E se ne sbuca, dopo il tiro a segno,
“Ha sbagliato!”,
Certo che ha sbagliato,
L’Uomo Nero
Della miseria nera,
Del lavoro nero, e da Milano,
Per l’elemosina di un’attenuante
Scrivono grande: NEGRO,
Scartato da un caporale,
Sputato da un povero cristo locale,
Picchiato dai suoi padroni,
Braccato dai loro cani,
Che invidia i vostri cani,
Che invidia la galera
(Un buon posto per impiccarsi)
Che piscia coi cani,
Che azzanna i cani senza padrone,
Che vive tra un No e un No,
Tra un Comune commissariato per mafia
E un Centro di Ultima Accoglienza,
E quando muore, una colletta
Dei suoi fratelli a un euro all’ora
Lo rimanda oltre il mare, oltre il deserto
Alla sua terra –“A quel paese!”
Meditate che questo è stato,
Che questo è ora,
Che Stato è questo,
Rileggete i vostri saggetti sul Problema
Voi che adottate a distanza
Di sicurezza, in Congo, in Guatemala,
E scrivete al calduccio, né di qua né di là,
Nè bontà, roba da Caritas, nè
Brutalità, roba da affari interni,
Tiepidi, come una berretta da notte,
E distogliete gli occhi da questa
Che non è una donna
Da questo che non è un uomo
Che non ha una donna
E i figli, se ha figli, sono distanti,
E pregate di nuovo che i vostri nati
Non torcano il viso da voi.

(Adriano Sofri)

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