c Facciamo il punto sul clima - 04/11/2009 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 04/11/2009]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: rassegna.it]
[Autore: Paolo Andruccioli]
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Facciamo il punto sul clima
La comunità scientifica è alla ricerca di una teoria sugli effetti dell’inquinamento. I livelli atmosferici di CO2 sono i più alti degli ultimi 650 mila anni. Il Mediterraneo è un zona hot. A rischio non sono solo i Poli. Uno studio del Cnr

In vista del vertice di Copenaghen, che viene anticipato in questi giorni dalla riunione di Barcellona, è utile tentare di sintetizzare le principali evidenze sul clima. La comunità scientifica internazionale è alla ricerca di una teoria generale sugli effetti dell’inquinamento sul clima. Molte sono le tesi a confronto e molta è la distanza tra l’elaborazione scientifica vera e propria e le scelte politiche. Ci sono però dei punti saldi da cui cominciare il ragionamento sulle scelte da fare. Noi partiamo da un documento scientifico redatto da un gruppo di ricercatori italiani del Cnr dell’Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima. Vediamo, in estrema sintesi, i punti di accordo.

Dieci anni da paura. Il documento dei ricercatori del Cnr si basa sull'analisi dei dati diretti di temperatura degli ultimi 150 anni e delle ricostruzioni negli ultimi mille anni, e indica un aumento delle temperature globali di circa 0.6-0.8 °C nell'ultimo secolo, con un tasso di crescita in aumento. Dall’analisi delle sequenze si deduce che i dieci anni più caldi degli ultimi cento anni si sarebbero tutti verificati e concentrati nel periodo 1997-2008. “Le temperature globali delle ultime decadi – spiegano gli scienziati – sono state quasi sicuramente più alte che in ogni altro periodo di durata analoga degli ultimi quattrocento anni e, probabilmente, anche degli ultimi mille anni”.

Ai Poli la temperatura cresce di più. Le dinamiche relative all’aumento della temperatura del pianeta non sono univoche. Cambiano rispetto alla varie zone della terra. Nelle regioni polari, l'aumento di temperatura è stato anche più del doppio della media globale. Il riscaldamento globale comporta effetti, già parzialmente in atto, quali aumento del livello del mare, alluvioni, incendi più estesi, siccità, desertificazione, fusione e possibile collasso di ghiacciai terrestri, riduzione del ghiaccio marino, diffusione di malattie, collasso di ecosistemi, migrazioni di massa.

Gli scienziati sono d’accordo nell’indicare la soglia di aumento di temperatura sopra la quale scatterebbe l’allarme. Si tratta, come vedremo tra poco, di un aumento che dovrebbe rimanere sotto i 2 gradi. Ma nelle regioni polari il limite di 2 gradi è già molto più vicino, se non addirittura raggiunto.

Forse siamo proprio noi i responsabili. I ricercatori del Cnr, nel loro studio, citano tutti i risultati delle ricerche condotte fino al 2005, pubblicati su riviste scientifiche con procedura di revisione rigorosa ("peer-review"), che erano stati già riassunti nel 4° rapporto del Comitato Intergovernativo per lo studio dei Cambiamenti Climatici (IPCC 2007). Questi risultati hanno portato a concludere che, con altissima probabilità, la principale causa di cambiamento climatico è l’attività antropica, con l’immissione di gas serra quali biossido di carbonio (o anidride carbonica, CO2) e metano (CH4), l'immissione di aerosol ed altre sostanze inquinanti e le estese modificazioni nell'uso del territorio. In particolare, i livelli atmosferici attuali di CO2 e CH4 sono i più alti degli ultimi 650 mila anni e sono stati raggiunti con una rapidità mai osservata prima.

Modelli matematici per predire il futuro. Il problema vero, quando si parla di proiezioni e di futuro, è la capacità della scienza di anticipare (sulla carta) i fenomeni naturali o umani. L’incertezza spesso è determinante e la difficoltà nel prevedere al millesimo i fatti si rendono evidenti perfino nelle previsioni meteorologiche. Ma nel documento Cnr sul clima e le relative dinamiche mondiali ci viene spiegato che “le proiezioni sono sempre di tipo probabilistico e, seppur affette da margini di incertezza, non soffrono delle limitazioni temporali delle previsioni meteorologiche deterministiche, permettendo una stima quantitativa della probabile evoluzione del clima globale del nostro pianeta”. Così sappiamo che l'ultima generazione di modelli del clima è stata in grado di riprodurre con buona approssimazione l'andamento temporale negli ultimi cento anni di molte grandezze, come la temperatura superficiale media terrestre, la sua distribuzione su scala continentale, la circolazione generale atmosferica e oceanica e l'estensione del ghiaccio marino, assicurando confidenza nelle capacità predittive dei modelli. Sebbene ci siano ancora significative incertezze, dovute alla insoddisfacente conoscenza di molti processi climatici potenzialmente rilevanti, tutti i modelli concordano nello stimare che il riscaldamento globale proseguirà nel corso del XXI secolo.

Quella che corre troppo è la CO2. I dati più recenti indicano infatti che la concentrazione di CO2 e di altri gas serra sta aumentando più rapidamente di quanto ipotizzato nel peggior scenario di emissione, con il rischio di una accelerazione del riscaldamento globale. Per la gestione di questi cambiamenti possono essere adottate sia procedure di mitigazione (riduzione delle emissioni e tecniche di confinamento della CO2), che misure di adattamento ai rischi del cambiamento climatico.

La Prestigiacomo non ha scoperto nulla. Il ministro italiano per l’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, si sta dando un gran da fare in vista del vertice mondiale di Copenaghen. E fa bene. Deve anche supplire alla mancanza assoluta di una vera politica ambientale da parte del centrodestra. Prestigiacomo si vende però un accordo con gli altri paesi europei che era stato nei fatti già avviato dal 2005. In quell’anno infatti, l'Unione Europea ha formalizzato la proposta di limitare la quantità totale di gas serra in atmosfera ad un livello per cui la temperatura media globale della superficie della Terra non aumenti più di 2 °C rispetto ai livelli precedenti l'era industriale. La scelta di un limite di 2 °C è indicativa: un aumento della temperatura maggiore di questo valore viene infatti considerato eccessivo, per i rischi ed i costi associati.

Se la temperatura sale più di 2 gradi. La stima della emissione totale di gas serra (in miliardi di tonnellate, Gt, di CO2 equivalente) corrispondente ad un aumento di temperatura di 2 °C è ancora in discussione. Recenti analisi dei risultati disponibili (aprile 2009) suggeriscono che emissioni totali nel
periodo 2009-2050 inferiori alle 700 Gt di CO2 equivalente comportino una probabilità del 75% di non superare la soglia dei 2 gradi entro il 2100. Tuttavia, in base a scenari che prevedono anche una contemporanea riduzione delle emissioni di polveri fini (alcune delle quali hanno un effetto netto di raffreddamento), la probabilità di riuscire a contenere il riscaldamento al di sotto della soglia dei 2 gradi diventa notevolmente più bassa.

Il Mediterraneo è un zona hot. Un’ultima evidenza che si deduce dal documento degli esperti Cnr del clima riguarda l’area del Mediterraneo. Non ci sono solo i Poli a rischio allarme. “L'analisi dei dati e le proiezioni dei modelli climatici – si legge nel documento Cnr - indicano che l'area mediterranea è una "hot-spot", ovvero un'area particolarmente sensibile al cambiamento climatico. Le serie storiche di temperatura e precipitazione nell'ultimo secolo indicano che il clima in Italia sta diventando più caldo e più secco, in particolare al centro-sud, con la contemporanea tendenza all'aumento delle precipitazioni intense ed un maggiore rischio di eventi siccitosi in molte aree mediterranee.

Fa più caldo. Allora pioverà di più. Gli squilibri del clima producono uno scombussolamento generale. L’aumento delle piogge in determinati periodi dell’anno è quindi legato all’aumento della siccità in altri. E un aumento di precipitazioni intense comporta peraltro un aumento del rischio di alluvioni, frane ed erosione dei suoli. Nell'Italia nord-occidentale e nella regione alpina, l'analisi dei dati indica che negli ultimi cinquant'anni le temperature medie sono aumentate di oltre 1 °C, la copertura nevosa si è fortemente ridotta e molti ghiacciai alpini si sono ritirati anche per più di 500 metri. In generale, è stata anche misurata un'espansione nella distribuzione di parassiti e insetti nocivi. E questo spiegherebbe anche molte delle tragedie ambientali che si sono verificate negli ultimi anni nel nostro paese.

Queste sono solo le principali evidenze su cui la comunità scientifica ha raggiunto una intesa generale. Sono “verità” dimostrate e dimostrabili con i numeri. Ora la palla dovrebbe passare alla politica. Che se non vuole continuare ad essere cieca deve partire proprio dalla ricerca scientifica di base. A meno che non si voglia dare più ascolto ad altre fonti interessate. Le multinazionali per esempio?

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