c Profughi in fuga verso Occidente. Troppe variabili per trovare asilo - 28/10/2009 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 28/10/2009]
[Categorie: Pace ]
[Fonte: Terra]
[Autore: Dina Galano]
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Profughi in fuga verso Occidente. Troppe variabili per trovare asilo
DOSSIER. Nei primi sei mesi del 2009 le richieste di protezione nei Paesi industrializzati sono cresciute mediamente del 10 per cento. Un trend alimentato da guerre e povertà. I dati dell’Agenzia Onu per i rifugiati lanciano l’ennesimo allarme.

Per un somalo che sbarca sulle coste greche è molto più complicato ottenere il riconoscimento dello status di rifugiato di quanto non sia per un ceceno che oltrepassi il confine austriaco. Se ne sono accorti anche a Bruxelles, da dove è stato inoltrato a tutti gli Stati membri un invito all’uniformità delle procedure. Occorre applicare le stesse regole per coloro che chiedono asilo affinché siano garantite «uguali opportunità di essere accettati o respinti», ha spiegato recentemente Jacques Barroso, commissario alla Giustizia, libertà e sicurezza della Ue. Il segnale è arrivato dopo le numerose pressioni da parte dei Paesi della frontiera mediterranea che lamentano di sostenere il carico di richieste maggiore.

Si sta procedendo, dunque, nella direzione di un’Agenzia Ue per l’asilo e l’immigrazione finalizzata all’armonizzazione delle regole, ma anche a ripartire omogeneamente gli ingressi. Nel confronto con gli altri Paesi industrializzati, come Stati Uniti e Canada, l’Europa, però, non sembra brillare nella politica dell’accoglienza. È quanto emerge dal rapporto diffuso lo scorso 21 ottobre dall’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, in cui sono comparate le richieste di asilo presentate in 44 Paesi durante i primi sei mesi del 2009. A fronte di una crescita media del 10 per cento delle domande, rispetto allo stesso periodo del 2008, gli Stati Uniti guidano la classifica delle convalide, con circa il 13 per cento di tutte le pratiche vistate nei 44 Paesi.

Nell’Europa dei 27, invece, sono cresciute del 17 per cento le procedure avviate negli Stati continentali; nell’Europa mediterranea, contrariamente all’opinione diffusa, si è registrata una diminuzione dei flussi, con l’unica eccezione di Malta che ha visto crescere del 9 per cento il numero di domande. Nonostante questo trend, i numeri sono consistenti e parlano di quasi 120mila pratiche registrate nei primi sei mesi, con previsione di crescita ulteriori entro la fine dell’anno. Inoltre, il rapporto prende in considerazione soltanto le richieste del primo arrivo, bypassando i casi, tra l’altro frequenti, di reiterazione della domanda in diversi Stati.

La Francia sembra essere ancora la meta preferita dai richiedenti asilo, principalmente di origine serba e kosovara. Seguono Gran Bretagna, con 17.700 nuove domande, e Germania (12mila). Il nostro Paese, che l’anno scorso è salito sul podio europeo, finora risulta il territorio di destinazione di circa 10mila migranti. Ma sono soprattutto le politiche interne, secondo l’agenzia Onu, a giocare un ruolo fondamentale sulla distribuzione delle richieste. E, come esempio, valga il caso svedese. La giurisprudenza del Paese nordico ha stabilito che la situazione in Iraq non vada annoverata tra quelle di “conflitto armato”, con conseguenze interdittive sulle pratiche dei rifugiati iracheni in fuga, che necessariamente sono costretti a rivolgersi a governi limitrofi.

La Germania, così, accoglie per la maggior parte profughi afgani e iracheni, che in valore assolu-to sono a tutt’oggi i più numerosi. Ma molti provengono da Somalia, Cina, Serbia e Federazione russa. In Italia, poi, l’affluenza più consistente è quella dei profughi nigeriani che rappresentano più di un terzo del totale delle domande presentate nel Paese. Il monitoraggio dell’Unhcr mostra come nell’arco di tre anni (2007-2009), le percentuali di richieste d’asilo pervenute sul suolo europeo hanno riguardato in maniera massiccia lo Zimbabwe ( 510%), il Senegal ( 207%), il Gambia ( 191%), il Ghana ( 168%), il Mali ( 166%) e la Nigeria ( 144%). Il continente nero, dunque, si conferma anche quello più disperato: da qui, negli ultimi anni, continua l’emigrazione della speranza.

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