c Geotermia: il calore della terra entra nelle nostre case - 21/10/2009 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 21/10/2009]
[Categorie: Ecologia ]
[Fonte: Terranauta]
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Geotermia: il calore della terra entra nelle nostre case
Il sottosuolo terrestre rappresenta una ricca e pressoché inesauribile fonte di calore che può essere sfruttata per la climatizzazione degli edifici. Si tratta della geotermia a bassa entalpia la quale è ancora poco nota e scarsamente diffusa in Italia. Essa rappresenta invece una straordinaria opportunità di risparmio economico e tutela ambientale.

Se state edificando una nuova abitazione o ristrutturandone una già esistente, potreste pensare di optare per un sistema di riscaldamento a geotermia. Impianti di questo tipo sono ancora poco diffusi in Italia, prevalentemente per carenza di informazione a riguardo e perché è facile lasciarsi spaventare dalla portata dell’intervento iniziale di installazione. Eppure si tratta di una soluzione sorprendentemente conveniente sul piano economico, oltre che ottimale a livello ecologico.

In realtà l’Italia è il Paese ove l’energia geotermica è stata per la prima volta utilizzata a fini industriali ed è tuttora uno dei principali produttori di energia geotermolettrica. Si tratta però di impianti che impiegano il calore del sottosuolo per produrre energia elettrica nelle centrali: vapore ad alta temperatura aziona delle turbine meccaniche. Diverso è il discorso della geotermia quale fonte per la regolazione della temperatura degli edifici.

Occorre, infatti, fare distinzione tra i diversi modi in cui si può sfruttare il calore terrestre (“geotermia” appunto). Esso ha origine nella crosta e nel mantello del pianeta in seguito al decadimento radioattivo di alcuni elementi che compongono tali strati; successivamente esso viene trasferito verso la superficie terrestre mediante movimenti convettivi ascensionali del magma o di acque profonde. Da qui segue la nascita di molti fenomeni come le eruzioni vulcaniche, le sorgenti termali, i geyser e le fumarole.

In virtù di tali fenomeni naturali, nella maggior parte delle aree del nostro pianeta le rocce hanno una temperatura di circa 25-30°C ad una profondità di 500m e arrivano a 35-45°C a 1000m. In alcune regioni, poi, condizioni geologiche particolari (come la presenza di una crosta più sottile, di fenomeni di vulcanesimo o fratture tettoniche) fanno crescere le temperature a tale profondità fino a 200°C e oltre.

Ovviamente si tratta di profondità notevoli e quindi inaccessibili, ma l’azione dei fluidi geotermici presenti nella crosta terrestre fa sì che al di sotto di soli 15-20m si abbia una regione, chiamata zona di omotermia, in cui la temperatura è già discretamente elevata e stabile, ossia del tutto indipendente dalle variazioni climatiche locali e stagionali.

L’Italia è il Paese ove l’energia geotermica è stata per la prima volta utilizzata a fini industriali ed è tuttora uno dei principali produttori di energia geotermolettricaIn Italia la zona di omotermia ha una temperatura compresa tra i 12 e i 17°C, a prescindere dalle differenze di struttura rocciosa, stratigrafia e assetto geologico presenti nella nostra penisola.

Il calore naturale proveniente dal sottosuolo può essere sfruttato, come già affermato, per generare energia in grandi centrali elettriche: in tal caso si parla di geotermia ad alta entalpia (di questa e dei suoi effetti pericolosi parleremo in un prossimo articolo).

Si può però impiegare questa risorsa terrestre direttamente come fonte di calore, o meglio come riferimento termico dal quale attingere calore per il riscaldamento di edifici in inverno o al quale cedere quello “in eccesso” nella stagione estiva. Il suolo terrestre può infatti assorbire facilmente tali variazioni, divenendo un vero e proprio serbatoio di caldo o freddo (a seconda della temperatura esterna con il quale lo si confronta). Questo seconda formula è definita geotermia a bassa entalpia.

Come sfruttare la geotermia per il condizionamento dell’aria negli edifici?

Per farlo occorre realizzare opportuni impianti i quali si compongono di tre elementi: le sonde geotermiche, la pompa di calore e le strutture di distribuzione.

Le sonde sono rappresentate da tubi fatti generalmente di polietilene, collocati nel sottosuolo e attraversati da un fluido vettore (acqua con eventuale aggiunta di additivi). E’ in esse che si realizza lo scambio termico: il liquido attraversa il terreno scendendo fino alla profondità desiderata dove acquisisce la temperatura ambientale locale, cioè assorbe calore oppure ne cede a seconda della temperatura di partenza (vale a dire quella superficiale). Al che esso risale lungo i tubi di ritorno e porta all’esterno la temperatura acquisita.

Le sonde possono essere verticali, ossia coppie di pali infissi nel terreno per mezzo di perforazioni di lunghezza compresa tra 50 e 300m (ma mediamente 100-150m); oppure orizzontali, in tal caso si va ad una profondità minore ma si installano grosse serpentine o pettini di tubi. Se quest’ultime sono senza dubbio meno costose, di contro richiedono la disponibilità di spazi maggiori e, soprattutto, sono meno efficienti. Infatti, più si va in profondità, più stabile è la temperatura, inoltre si “guadagna” qualche grado (superati i primi 15-20m di profondità, si ha un incremento di 1°C all’incirca ogni 30m).

Una volta che il liquido contenuto nei tubi risale in superficie, entra in gioco la pompa di calore: essa è in grado di raffreddare o riscaldare ulteriormente il fluido, fino a condurlo alla temperatura finale desiderata. Ovviamente questa operazione, che sfrutta lo stesso principio impiegato nei frigoriferi (ossia il secondo principio della termodinamica), comporta l’impiego di energia elettrica. Ma la differenza di temperatura da coprire in questo caso sarà molto minore rispetto a quella esistente in origine, vale a dire quella tra l’ambiente esterno e l’interno dell’abitazione. E dato che l’energia elettrica impiegata è proporzionale all’intervallo da percorrere, l’uso della geotermia comporta un grossissimo risparmio.

Le sonde sono rappresentate da tubi fatti generalmente di polietilene, collocati nel sottosuolo e attraversati da un fluido vettore. E' in esse che si si realizza lo scambio termicoIl terzo elemento della catena è rappresentato dalle strutture di distribuzione del calore. L’impianto geotermico è generalmente affiancato da soluzioni di distribuzione diffuse nell’edificio, ossia grandi pannelli installati sotto il pavimento, le pareti e/o il soffitto. Meno indicati sono i radiatori. Quelli classici, impiegati dalla maggior parte degli altri sistemi di riscaldamento, operano a temperature molto elevate (fino a 70°C), in quanto sono localizzati in alcune zone della casa, dalle quali il calore deve raggiungere le aree più lontane dal radiatore. Gli impianti diffusi, invece, possono essere tenuti a temperature di 20-30°C, in quanto agiscono su superfici estese. Ciò significa che mentre per questi ultimi la pompa di calore ha poco lavoro da compiere, per i primi la faccenda è ben più onerosa e comporta un dispendio di energia elettrica che rischia di vanificare i vantaggi della soluzione geotermica.

Ciò fa sì che la climatizzazione da calore del suolo sia particolarmente indicata per edifici di nuova costruzione o nei quali si stiano rifacendo gli impianti. In caso di sistemi pre-esistenti, alcune aziende propongono modelli si radiatori ad alta efficienza che, se sostituiti a quelli classici, riescono ad operare a temperature non troppo alte, così da rendere la soluzione geotermica comunque praticabile.

La realizzazione di un impianto di tal tipo deve naturalmente essere preceduta da studi di fattibilità che analizzino la struttura geologica dell’area di interesse, nonché indaghino la collocazione di altri impianti o servizi sotterranei.

L’eventuale presenza di falde acquifere non pregiudica l’installazione delle sonde geotermiche. Al contrario, se vi è disponibilità di acqua sotterranea per la prossimità di falde freatiche o di laghi o altre sorgenti, si può pensare di far uso diretto di essa quale fluido vettore di calore. Saranno ovviamente necessarie due perforazioni, una per portare l'acqua alla pompa di calore ed una per restituirla al sottosuolo. Limitazioni a tale tipo di impianti sono però poste nel caso in cui da tali sorgenti sia prelevata acqua per altri scopi (ad esempio agricoli).

Secondo le indagini condotte dall’Enel, la soluzione geotermica è praticabile in quasi tutte le zone del nostre paeseOccorre inoltre sapere se la regione è fortemente esposta a fenomeni sismici e di movimenti tettonici, perché le sonde potrebbero venire danneggiate dopo l’installazione (ovviamente questo problema sussiste prevalentemente per i tubi infissi in verticale fino a grandi profondità).

Secondo le indagini condotte dall’Enel, la soluzione geotermica è praticabile in quasi tutte le zone del nostre paese. E se in Toscana la geotermia industriale (con produzione di energia elettrica in centrali geoelettriche) è altissimamente impiegata, un obiettivo che l’azienda è interessata a perseguire è la diffusione della geotermia a bassa entalpia, per la climatizzazione degli edifici. In essa l’Italia è ancora piuttosto arretrata rispetto agli altri paesi economicamente sviluppati: spiccano in particolare gli Stati Uniti, con più di 600.000 pompe di calore installate, la Svezia (60.000 unità), la Cina, la Svizzera (che conta 16.000 nuovi impianti all'anno), l'Islanda, la Germania, il Canada, la Norvegia e la Francia.

Ma perché e quanto conviene optare per un impianto di condizionamento a geotermia?

In primo luogo si tratta di una fonte praticamente inesauribile e del tutto rinnovabile. Non comporta inquinamento del suolo (però durante l’installazione, nei procedimenti di perforazione, devono essere utilizzati fanghi e fluidi ecocompatibili) e il paesaggio non viene perturbato in alcun modo, visto che le strutture sono sotterranee.

La geotermia determina una totale indipendenza da qualunque carburanteNon si ha emissione di CO2 se non da parte della pompa di calore, la quale però, come spiegato, compie un lavoro molto inferiore rispetto a quello che necessario nei sistemi di riscaldamento tradizionale (a gasolio ma anche a metano e GPL). In più la geotermia determina una totale indipendenza da qualunque carburante, dall’importazione di questo nonché dalle variazioni di prezzo. L’energia termica del suolo è sempre a disposizione, in loco, e non ha un prezzo di acquisto.

L’impianto non necessita manutenzione, è in grado di sopravvivere in ottime condizioni per 100 anni in media e permette di avere sia raffreddamento sia riscaldamento (ossia due funzioni di climatizzazione con una sola struttura).

Infine i risparmi sulla bolletta sono altissimi, si va dal 65% all’75% (a seconda dell’efficienza dell’impianto, del tipo di edificio e talvolta anche dalla natura del suolo). Ovviamente il costo di partenza è molto più elevato di quello di un impianto a fonti fossili, ma nel giro di pochi anni si ammortizza sulla bolletta la spesa iniziale.

Per una villetta unifamiliare di 150mq, in condizioni geologiche nella media (in Italia), un impianto geotermico può costare intorno ai 20000 euro, contro i 10-12000 di un sistema classico. Il rientro in bolletta dell’eccesso di spesa iniziale avviene in un arco di anni che dipende ovviamente dal tipo di impianto con cui lo si va a confrontare, comunque nella peggiore delle ipotesi non si va oltre gli 8. Dopo di che è tutto risparmio economico.

In termini ecologici, invece, il vantaggio è immediato, fin dal primo giorno di attività.

Vale dunque davvero la pena di affidarsi al caldo cuore della “nostra madre Terra”.

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