c Dall’America latina, contro i biocombustibili - 18/01/2007 (Rassegna Stampa - Ass. Progetto Gaia)
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[Data: 18/01/2007]
[Categorie: Sostenibilità ]
[Fonte: Il Manifesto]
[Autore: Marinella Correggia]
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Dall’America latina, contro i biocombustibili

«E’ tempo di sovranità alimentare. La terra deve servire per alimentare le persone, non le automobili». Con questo slogan, diverse reti latinoamericane rivolgono una lettera appello al Parlamento europeo, alla Commissione europea, ai governi ma anche a tutti noi cittadini dell’Unione Europea (la lettera è firmata da Red por una América Latina Libre de Transgénicos, Red Latinoamericana contra los Monocultivos de Árboles, Red Oilwatch América del Sur, Movimiento Mundial por los Bosques Tropicales). Le organizzazioni scrivono: «Manifestiamo la nostra profonda preoccupazione per le politiche che si stanno adottando in Europa per favorire l’uso e l’importazione di biocombustibili come alternativa ai combustibili fossili, il cui uso smodato è uno dei principali responsabili del cambiamento globale del clima. L’aumento continuo nel numero e nell’uso delle automobili individuali provoca un parallelo aumento nel consumo di petrolio e di altri combustibili fossili, ma l’alternativa dei biocombustibili non è positiva: provocherà gravi ripercussioni soprattutto sui popoli del Sud. É in effetti improbabile che l’Europa possa diventare autosufficiente nella produzione di biocombustibili a partire dalle coltivazioni nazionali di piante energetiche; dunque, ciò avverrà a spese della sovranità alimentare dei nostri paesi. Così, per consentire agli europei di mantenere il proprio stile di vita e la cultura dell’automobile, i paesi del Sud avranno meno terre per coltivare alimenti, con grave pregiudizio della sovranità alimentare e degli ecosistemi naturali». La soia si prospetta come una delle principali fonti per il biodiesel, ma già si sa che questa monocoltura distrugge la foresta nativa in Argentina, la pluvioforesta tropicale amazzonica in Brasile e Bolivia, la Mata Atlantica in Brasile e Paraguay. Il documento attira l’attenzione anche sul pregiudizio che deriverà ai popoli indigeni dalle scelte «verdi» europee. Nel Mato Grosso, gli Enawene Nawe (ne sono rimasti solo 429) hanno dichiarato che la soia li sta «uccidendo»: sono letteralmente assediati da tale coltura da esportazione. Non solo: per favorire il commercio di materie prime da biodiesel, i governi stanno costruendo idrovie, porti e strade, con il relativo impatto forestale. Criticano anche le piantagioni di canna da zucchero per la produzione di etanolo in Brasile: «sono l’affare di un oligopolio che usa lavoro in condizioni di schiavitù»; mentre le piantagioni di palma da olio «si espandono a spese delle foreste e dei territori indigeni e di altre comunità in Colombia, Ecuador e altri paesi, sempre più orientati alla produzione di biodiesel». Sulla palma africana si vedano i numerosi terra terra dedicati al danno che essa reca alle foreste asiatiche. Il quadro appare ancora più fosco se si pensa che la soia coltivata nel Cono Sud è transgenica e le imprese private del Brasile progettano di lanciare sul mercato entro il 2010 anche varietà transgeniche di canna da zucchero. Eppure, i latinoamericani - come gli europei- rifiutano le colture Ogm, la cui espansione dunque, per la produzione e l’esportazione di incombustibili verso l’Europa esacerberà i conflitti sociali ed ecologici. Ora dunque certe colture destinate a diventare mangimi per le stalle europee (la soia in primo luogo) saranno intensificate per servire oltre ai bovini anche le automobili del Vecchio continente. Alla feed-food competition (competizione fra mangime e cibo) si sta aggiungendo alla grande la fuel-food competition (competizione fra carburante e cibo). L’appello delle reti ecologiste è pubblicato sul sito www. accionecologica.org, insieme a un dossier sull’argomento. Il lavoro è in effetti coordinato dall’organizzazione ambientalista Acción Ecológica, basata in Ecuador. L’appello così conclude: «La soluzione al problema del riscaldamento globale provocato dai paesi del Nord non può passare per la creazione di nuovi problemi nella nostra regione. Trovate delle soluzioni che non aggravino la già drammatica condizione sociale e ambientale vissuta dalle popolazioni di America Latina, Asia e Africa». Firma l’appello anche la rete di azione OilWatch, che si occupa di denunciare gli abusi umani e ambientali commessi nell’estrazione di combustibili fossili in aree tropicali delicate come l’Amazzonia, e ne chiede una moratoria. Meno petrolio e meno biodiesel (soprattutto provenienti dalle aree tropicali) si può: con il cambiamento del modello di produzione e consumo sia nel Nord che nel Sud del mondo.

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