don Fabio Baroncini      Tufino


Corriere della Sera - 6 Agosto 1999
di: Giusi Fasano

LA STORIA:
Lascia in eredità villa ma il parroco fa sopprimere i cani

La donazione alla parrocchia San Martino in Niguarda.
Gli animalisti denunciano il caso.
Il veterinario che ha ucciso le bestie: "me lo ha chiesto tre volte"

Gilda l'hanno vista l'ultima volta che annusava l'aria, col musetto imbucato in uno dei rombi della cancellata. Friz, Tufino e Fido - i suoi tre fratelli adottivi - le stavano sempre appresso, come fosse la mamma. Ma lei non era che una come loro. Una bastardina. Che la buona sorte ha aiutato fino all'ultimo battito di cuore della signora Giuseppina. Ma la povera Giuseppina era sulla soglia dei novanta ed è arrivato il giorno di cui non ha visto l'alba. Lo stesso della fortuna perduta per suoi quattro adorati cagnolini. Perché nel testamento la «sciura» Brambilla (così faceva di cognome) ha lasciato ciò che aveva alla parrocchia di San Martino in Niguarda e il parroco ha fatto sopprimere quei cani. Li ha «addormentati» il veterinario del quartiere dove la vecchietta viveva: a Niguarda, appunto, in via Ornato. Lui, il veterinario, dice che ha consigliato «per ben due volte di cercare una sistemazione» ai quattro bastardini. Ma davanti alla terza richiesta ha ceduto. Il nuovo proprietario delle creature a quattro zampe gli chiedeva l'eutanasia ed eutanasia è stata. Gilda, Friz, Tufino e Fido hanno chiuso i loro occhietti sui suoi e la loro storia è finita lì, sul tavolino d'acciaio dell'ambulatorio. Era un mattino qualsiasi, qualche giorno fa, e per don Fabio Baroncini era la fine di quattro piccoli problemi. Abbaiavano, quelle matasse di peli a quattro zampe. Disturbavano il vicinato. E c'è chi dice anche di un foglio di carta sul quale la Giuseppina aveva scritto di volere che i suoi cani non le sopravvivessero. Ma nel testamento no: non c'è una sola riga che faccia riferimento a loro e lo stesso notaio - giurano gli animalisti che hanno scoperto il caso - non si spiega «come mai la signora avrebbe dovuto scrivere una volontà testamentaria fuori dal testamento».
Don Fabio è l'unico che può spiegare il perché della scelta dell'eutanasia. Ma alla San Martino non c'è. «Non ci sarà fino a sabato», giura la segretaria della parrocchia. E il giovane sacerdote che dice messa in questi giorni («ma no, non sono il viceparroco») rivela che «don Fabio è a La Thuile, in Valle d'Aosta, per partecipare alla meditazione e agli esercizi spirituali voluti da Comunione e Liberazione. Però nell'albergo che Cl gestisce d'estate a La Thuile - quello in cui soggiornano tutti gli iscritti al corso spirituale - le signorine della reception rimandano la palla al centro: prima spiegano che «sì, è qui, deve chiamare più tardi». Poi precisano che «ci siamo sbagliate. Qui non risulta nessun don Fabio Baroncini». E con questo la ricerca è chiusa. Il prete è irrintracciabile. La sua versione pure.
Raccontano di tutto di più, invece, gli animalisti di «Gaia, animali e ambiente» che hanno sollevato il polverone. A metterli in allarme, spiegano, è stata una signora che abita a due passi dalla villa con giardino che Giuseppina Brambilla ha lasciato in eredità. Si chiama Ingrid, quella signora, ed è lei stessa a ripetere una volta di più di quel giorno: quando «non ho visto più i cani». Ricorda, Ingrid, di aver chiamato Antonietta, la donna di servizio di Giuseppina: «Le ho detto "ma che fine hanno fatto i cani?". E lei: "dicono che li hanno uccisi". Mi sono attaccata al telefono e non ho smesso finché non ha ricostruito la storia. Alla fine sono andata in lacrime dal veterinario e gli ho chiesto "dove sono i cani?" e lui mi ha risposto candido "all'inceneritore"».
Che fossero malati? Lo stesso veterinario ammette che «No, apparentemente non lo erano» e dice di avere una carta firmata dal parroco: una dichiarazione che certifica il suo incarico di curatore testamentario. Poche righe, insomma, per dire che lui, don Fabio, poteva disporre di ciò che era stato di Giuseppina, compresa la vita delle quattro bestiole.

Ma un veterinario potrebbe rifiutarsi di abbattere un animale?
Il dottore pensa un attimo alla risposta e chiede:
«Cos'è? Una domanda-trabocchetto?»


Corriere della Sera - 6 Agosto 1999
di: Giusi Fasano

STORIE DI ANIMALI:
Il parroco: ricevo minacce e insulti.

Cani uccisi per volere della defunta
La vicenda dei bastardini trovati nella villa lasciata in eredità alla parrocchia di Niguarda.

Giura che non è stata una decisione presa a cuor leggero: «Era contro la mia sensibilità. Ho sempre avuto dei cani». E ripete di averlo fatto per tener fede a un impegno: «Lo voleva la signorina Giuseppina. L'ha lasciato scritto in un quaderno».
Don Fabio Baroncini mostra l'altra faccia della medaglia. Dice che non l'ha voluta lui l'eutanasia per i quattro bastardini che la sua parrocchia - la San Martino in Niguarda - ha ricevuto in eredità assieme a una bella casa con giardino. Quelle creature a quattro zampe don Fabio le ha fatte «addormentare» dal veterinario: perché Giuseppina Brambilla, l'anziana parrocchiana che gli ha lasciato l'eredità, aveva scritto che così fosse. «Me l'aveva detto anche a voce più volte: "Non voglio che i miei cani finiscano in un canile ad aspettare la morte, meglio che non mi sopravvivano". Lo so che può sembrare paradossale, ma lei lo diceva per il bene dei suoi bastardini. Io avevo anche cercato di convincerla a considerare un'altra soluzione. Sminuivo le cose dicendole che avremmo trovato qualcuno pronto a prendersene cura...». Ma alla fine sul quaderno è rimasta scritta la «sentenza di morte».
Don Fabio, 57 anni, dice che non se l'è sentita di «venir meno all'esplicita volontà della signorina Giuseppina». Dice: «Avrei perso credibilità nei confronti di tutti i miei parrocchiani» e consente: «Capisco che si possa non essere del mio parere e a dire il vero immaginavo che la mia scelta avrebbe fatto rumore, ma così tanto...».
È un po' spaventato, don Fabio: «Dei ragazzotti sono venuti davanti alla parrocchia a chiamarmi assassino e non faccio che ricevere chiamate di insulti e minacce». La storia di Tufino, Fido, Friz e Gilda - che era la sola femmina del gruppo - ha commosso cinofili e non. Per questo ieri il telefono della San Martino in Niguarda non ha smesso di squillare. E don Fabio: «Vorrei che si ristabilisse l'equilibrio. Vorrei che si sapesse che non ho deciso di punto in bianco e senza motivo di eliminare quei cani. Sono stato per vent'anni a Varese e nel mio giardino ci sono sempre stati dei cani. Qui, adesso, sono tremendamente esposto e la situazione mi sembra molto tesa».
Gli animalisti promettono: «La storia non finisce qui». E il giallista Andrea Pinketts si augura «che veramente esista questo quaderno» anche se non per questo giustifica don Fabio. E comunque, «se non esistesse nessuno scritto sui cani, vorrei che Dio mandasse il suo parroco all'inferno».


Corriere della Sera - 6 Agosto 1999
di: Gaspare Barbiellini Amidei

IL COMMENTO
Le storie dei bastardini uccisi a Niguarda
e di Guinefort, il cane che divenne santo

Come è cruda la notizia che sarebbero stati abbattuti (dolcemente) a San Martino in Niguarda quattro cani arrivati alla parrocchia insieme all'eredità di una villa. A chi ha letto questa cronaca triste vorrei raccontare, consolatoria, la breve leggenda di un santo che da qualche parte del cielo accoglierà le vittime della strana eutanasia.
Si chiama San Guinefort. Quando si arrabbia con i peccatori può anche morderli, e non solo metaforicamente.
Non è infatti un santo dei cani (e dei gatti e degli uccellini), come tanti famosi protettori degli animali. E' proprio un santo cane.
Se un giorno, viaggiando in Francia,
vi capiterà di trovarvi dalle parti di Lione, andate a cercare la sua memoria nella regione della Dombes, lungo la strada che da Chatillon-sur-Chalaronne conduce a Marlieux. Fermatevi a Sandras, là ha resistito il culto di un levriero guaritore di bambini.
Sette secoli fa questo cane fu abbattuto per un tragico errore a colpi di spada dal suo padrone, che era un cavaliere. Arrivato
al castello questo cavaliere aveva trovato il cane accanto alla culla di suo figlio di pochi mesi e aveva pensato lo stesse aggredendo per gelosia. Solo più tardi si accorse che Guinefort aveva invece appena concluso la lotta con un serpente che aveva assalito il bambino nel sonno. Per lungo tempo il luogo della sepoltura del levriero innocente fu terra di pellegrinaggio di madri dei bambini in pericolo, nonostante il divieto dell'Inquisitore. Poi il ricordo della storia del cavaliere, del serpente e del levriero si affievolì, e nella costanza della pietà cristiana il cane divenne un uomo, santo e miracoloso, San Guinefort, finché una riforma lo cancellò dal calendario. Ma non dalla devozione. Spero non sia blasfemo suggerire una giaculatoria a San Guinefort, dopo la cronaca da San Martino (in Niguarda).


Corriere della Sera - 11 Agosto 1999

I CANI IN EREDITA' UCCISI
Denunciato don Fabio

Aveva giurato che non era stata una decisione presa a cuor leggero. Quella di far sopprimere quattro cani lasciati in eredità dalla defunta Giuseppina Brambilla alla parrocchia San Martino di Niguarda insieme alla bella villa con giardino. «Ho sempre avuto cani - si era giustificato don Fabio Baroncini, 57 anni - ma lo voleva la signora Giuseppina. L'ha lasciato scritto in un quaderno». E, per quell'atto dovuto, il parroco aveva fatto eliminare Tufino, Fido, Friz e Gilda. Una eutanasia che gli ha procurato minacce, insulti e le ire degli animalisti. Non solo. E' arrivata in Procura una denuncia contro don Fabio Baroncini a firma Teresa Rizzacasa, collaboratrice del presidente della Provincia di Palermo, con delega per i diritti degli animali. Si chiede al magistrato di accertare se in questa vicenda, che ha commosso non soltanto i cinofili, sussistano le ipotesi di reato. Vengono citati l'articolo 281 della legge quadro del 1991 in materia «di animali da affezione e prevenzione del randagismo» e l'articolo 727 del Codice penale che riguarda il maltrattamento di animali. Si fa cenno alle precedenti sentenze con le quali è stata più volte riconosciuta la soggettività dei diritti degli animali. «L'uccisione senza necessità - ha spiegato Teresa Rizzacasa - è l'estrema forma di maltrattamento».


I protagonisti di questa squallida vicenda:

Il prete:
don Fabio Baroncini della parrocchia San Martino in Niguarda

Il veterinario che "non ha resistito alle richieste":
Malnati Federico - Via Terruggia 1 - Milano Tel. 02-6470636


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